Chi ha reso possibile il ritorno di Berlusconi
[ad]Le primarie del Partito Democratico hanno fatto il resto. Ma in una maniera molto diversa da quanto si possa credere dalle parti dei supporter di Matteo Renzi. La sconfitta del rottamatore è stata a ben vedere un amplificatore, utile ad accelerare i tempi dell’uscita di Berlusconi dal governo tecnico e la conseguente ridiscesa in campo. Pensare che senza la designazione di Pierluigi Bersani il mondo moderato avrebbe spinto al disimpegno il fondatore del Pdl significa immaginare che con Matteo Renzi candidato per il Partito Democratico alla premiership, il centrodestra si sarebbe ritirato dalle scene. Troppo facile da pensare. E, aggiungiamo, troppo comodo per il centrodestra assolversi in questo modo e non guardare criticamente ai leader estemporanei sbucati in questo anno di sede vacante.
Prendersela soltanto con Alfano, quindi, sarebbe rivalersi su un agnello sacrificale. Che non passerà di certo alla storia per il suo cuor di leone, ma che nella sfida al candidato più inadeguato per palazzo Chigi si è trovato in ottima compagnia. Le rilevazioni demoscopiche ci sono nuovamente d’aiuto. Al di fuori del Pdl, dissanguato nel corso dell’anno di governo tecnico, il resto della compagnia del centrodestra anche quello che aveva velleità di essere di nuovo conio ha fatto acqua dappertutto: l’Udc ha dimezzato il numero di voti (5,2% secondo Ipsos, per altri è addirittura sceso al di sotto della soglia di sbarramento), Fli è ancorato da mesi al 2%, la lista Monti – anelata per mesi da Casini, Fini e Montezemolo – raggiunge a stento il 4%. Il fil rouge è ovviamente il trend del governo tecnico, che dopo aver centrato l’obiettivo iniziale di ridurre alla metà i punti dello spread sui titoli di stato si trova svuotato della sua mission e in picchiata nei sondaggi. Lo avversa più di un italiano su due.
Si peccherebbe di un’altra di furbizia nel trovare in Monti il vero colpevole. La sua impopolarità farebbe da scudo alla strategia ambigua di Casini – un giorno aperto a Bersani, l’altro disponibile ad una ricomposizione col centrodestra in nome del popolarismo, un altro ancora a favore di un Monti bis tout court –, la consunzione irrimediabile di Fini, l’attendismo snervante di Montezemolo, per non parlare dell’abbigliamento da gelataio più che da candidato premier di Oscar Giannino. Messi insieme non sono riusciti ad eguagliare neppure il numero dei voti attribuibili al Pdl con Berlusconi politicamente morente, che in queste settimane parlando coi suoi e pure dando una sbirciata a tutti i sondaggi ha scoperto che tanto ito non è.