Marxisti tabacciani, comunisti reazionari e apparati: i significati di una nuova forma di satira

Pubblicato il 14 Dicembre 2012 alle 18:42 Autore: Giacomo Bottos

[ad]La satira dei Marxisti per Tabacci ha attirato una discreta attenzione nelle ultime settimane per l’oggettiva comicità dell’accostamento proposto, per il successo del tutto inaspettato che ha suscitato, per l’eco sui media e per l’apprezzamento che lo stesso Tabacci ha dimostrato per questa iniziativa.

Di recente Livio Ricciardelli, proprio sulle pagine del Termometro Politico (nell’articolo I marxisti per Tabacci. La mitizzazione tardiva dell’universo sovietico) ha svolto alcune riflessioni e lanciato degli spunti interessanti riguardo a questo fenomeno. Vorrei discuterne e svilupparne in particolare uno, arrivando però a conclusioni parzialmente diverse da quelle suggerite nell’articolo che ho citato.

L’idea suggerita da Ricciardelli è che il fatto che si faccia satira sull’universo simbolico sovietico e più in generale sulla storia del comunismo sia significativo di un probabile mutamento antropologico in corso nel “popolo della sinistra”. In passato non si sarebbe cioè probabilmente scherzato su questi temi, ci sarebbe stato un imbarazzo o una difficoltà a mettere in evidenza, sia pure ironicamente, figure, personaggi e stilemi propri della tradizione comunista e sovietica. Il fatto che ora invece venga fatto e susciti così tanto entusiasmo dev’essere indice di un qualche cambiamento nel modo di sentire.

Questa tesi è interessante e probabilmente veritiera anche per il fatto che la pagina “Marxisti per Tabacci” non è un caso isolato. C’è tutto un sottobosco di pagine Facebook che presentano, in una serie infinita di variazioni sul tema, in forme più o meno riuscite, tematiche affini. Esempi di satira sono il Partito Comunista Reazionario, un immaginario partito che coniuga nel suo Pantheon personaggi della tradizione comunista, ecclesiastici, reazionari contro il nemico comune del “nuovo”, L’Apparato, che rovescia ironicamente l’esecrazione che viene fatta nel discorso pubblico delle pesanti macchine burocratiche dei partiti e dello stato o altre pagine dai nomi eloquenti come Le avventure di baffone, Botteghe oscure e molte altre.

Oggetto del revival satirico non sono solo la storia del comunismo e dell’Unione Sovietica in particolare, ma anche miti e riti della prima Repubblica. Tutto questo ha probabilmente un significato preciso. Venendo a conclusione in questo periodo quella che è stata chiamata seconda Repubblica cadono tutti i principali tabù sui quali questa era stata costruita. Occhetto costruì la “svolta” che portò il PCI a diventare PDS su un’idea di alterità assoluta rispetto al passato, sull’idea che si potesse andare verso un mondo assolutamente “nuovo”. Questa idea fece sì che il passato venne semplicemente rimosso e non elaborato criticamente. Tutto l’insieme delle culture politiche della prima Repubblica (non solo i comunisti quindi, ma anche democristiani e socialisti) era oggetto di un’esecrazione generica: si trattava delle “ideologie del Novecento”, della “vecchia politica”. Tutti diventavano “liberali” dove la genericità del termine gli faceva perdere qualunque significato e riferimento ad una tradizione che aveva anch’essa avuto complessità, sviluppo, interecci e dialoghi con le altre grandi culture politiche.
Il risultato principale di ciò fu che la nuova generazione che nella seconda Repubblica crebbe e studiò aveva in genere solo un’idea molto approssimativa e deformata di quel passato. Del resto molti speravano che quella generazione avrebbe potuto andare oltre le vecchie contrapposizioni proprio per non averle conosciute, per essere nata e cresciuta in questo clima di oblio collettivo. I cosidetti “nativi del PD”.

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L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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