[ad]Le dimissioni del Presidente del Consiglio Mario Monti, annunciate nella giornata di sabato al Capo dello Stato, sono da considerarsi una mossa prettamente politica.
Una mossa che nella sua accezione politica può radicalmente mutare lo scacchiere in vista delle elezioni politiche del 2013.
-Le astensioni del PdL: nella mattinata di giovedì le annunciate astensioni del Popolo della Libertà, rispettivamente sul decreto sviluppo al Senato e sul decreto per la riduzione dei costi della politica alla Camera, sono apparse a molti come un vero e proprio fulmine a ciel sereno. A giustificare un minino l’accaduto, le dichiarazioni del ministro Passera sull’inopportunità dell’ennesima ricandidatura di Silvio Berlusconi. In realtà la mossa berlusconiana, come annunciato da Alfano nel dibattito a Montecitorio nella giornata di venerdì, non intendeva intaccare un’ordinata conclusione della legislatura. E il partito di maggioranza relativa del parlamento intendeva comunque garantire i suoi voti per la legge di stabilità pur di evitare l’incubo dell’esercizio provvisorio.
La mossa berlusconiana dunque, non a caso conseguente la sua discesa in campo di mercoledì, non era tanto finalizzata ad ottenere dei determinati fini istituzionali (la caduta del governo, un anticipo del voto nazionale ecc…) ma a contraddistinguere la campagna elettorale del PdL. Come una campagna all’insegna dell’euroscetticismo, del populismo e della rivolta fiscale. In questo modo il PdL, pur mantenendo in vita l’esecutivo, sarebbe apparso come l’unica forza politica anti-Monti “all’interno del palazzo”, scaricando a Pd e all’Udc la responsabilità della scelta draconiane varate dal governo. Così Berlusconi avrebbe avuto 4 mesi per tentare di recuperare il suo svantaggio su Bersani e per apparire come l’unica alternativa a questo governo in calo di popolarità.
Al tempo stesso la mossa del PdL consentiva a Berlusconi di affossare alcuni provvedimenti quanto mai malvisti dai suoi come il provvedimento sul riordino delle provincie e le norme sull’incadidabilità.
-La decisione di Monti: ricevuto al Quirinale sabato sera Monti, che in giornata da Cannes aveva dato tutt’altri segnali, annuncia la sua volontà di dimettersi a seguito dell’approvazione della legge di stabilità. Il suo ragionamento si basa sul fatto che il suo esecutivo è retto da tre assi (PdL, Pd e Terzo Polo) e il solo venire meno di uno questi tre assi non potrebbe che causare la fine del governo. Tra l’altro Monti non ha nascosto a Napolitano la sua preoccupazione di restare vittima di un vero e proprio Vietnam parlamentare scatenato dai seguaci di Berlusconi.
La dignità è un diritto (come direbbe Emilio Fede) ma questa mossa di Monti avrà come effetti pratici, oltre al fatto che verranno affossare alcune sue iniziative governative, al massimo un anticipo di un mese del voto parlamentare. Perché allora questa mossa?
Perché Monti ha voluto compiere un atto politico. Evidentemente per danneggiare la figura politica di Silvio Berlusconi. Infatti con le sue dimissioni Monti riduce lo spazio temporale per la campagna elettorale di Berlusconi e non gli consentirà di sparare contro il governo e contro Pd e Udc dagli scranni parlamentari. In quanto il governo che ci sarà subito dopo l’approvazione della finanziaria sarà solo un esecutivo facente funzione. Una tribuna in meno e un mese in meno per recuperar.
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[ad]O un atto di cattiveria gratuita da parte del Professore (ma a che pro?) o una mossa politica in chiave anti-Berlusconi.
Quest’ultima ipotesi può cambiare le carte in tavola.
-I nuovi attori in campo: Il tema a questo punto è: Monti si candiderà?
Un dilemma che blocca molti attori politici. Nonostante tutto al verità è stata pronunciata qualche settimana fa dal Capo dello Stato che, ricordando la nomina di Monti a senatore a vita nel novembre 2011, ha ricordato come sia sostanzialmente incadidabile. E’ quanto mai probabile che Monti si attenga alla linea tracciata dalla prassi e dal Presidente della Repubblica con cui l’intesa cordiale è ancora salda.
Quali sono allora le conseguenze politiche allora? E’ probabile che Monti, esplicitamente o implicitamente, sostenga un determinato raggruppamento politico in queste elezioni. In funzione anti-PdL (che tra l’altro fa di tutto per rieditare un asse con la Lega Nord, la candidatura di Maroni e la spina staccata al governo dovrebbe riavvicinare le posizioni, e la Destra ovvero due formazioni storicamente ostili a Monti).
In questo modo Mario Monti svolgerebbe un ruolo politico analogo a quello di Charles de Gaulle nella prima fase della Quarta Repubblica Francese: ispiratore di un movimento politico a cui però aveva vietato, anche con un solo aggettivo, di rifarsi a lui nella denominazione e nel simbolo.
Da qui il desiderio di Montezemolo di candidarsi per poter, con la benedizione di Monti, porsi come attore politico in grado di proseguire la sua agenda. Al tempo stesso la polarizzazione (il cosidetto “Muro) che oggi Monti rappresenta per il sistema politico italiano potrebbe polarizzare la situazione e favorire quegli esponenti terzo polisti (Bonanni e il leader delle Acli Olivero) che vedono di buon occhio un accordo pre-elettorale con la coalizione Italia. Bene Comune.
In questo modo i centristi non verrebbero schiacciati da bipolarismo Bersani-Berlusconi, scongiurerebbero la nascita di una formazione centrista filo-Pd guidata da Tabacci e Giacomo Portas e di fatto formerebbero assieme al Pd una coalizione “filo-Montiana” solo per il fatto che si tratterebbe di uno schieramento politico alternativo a Berlusconi.
Che della morte anticipata del governo del Professore ha fatto la sua prima bandiera in questa campagna elettorale