[ad]D’accordo con le dimissioni di Mario Monti, che a loro parere ha fatto bene a non restare sotto tiro del Pdl, ma solo un italiano su tre approva l’operato economico del governo tecnico e chiede la sua discesa in campo per le elezioni del 2013.
Nei sondaggi politico-elettorali più attesi della settimana, di Ipsos e di Ispo, il 49% degli elettori ritiene giusto che Monti abbia posto fine allo stillicidio di dichiarazioni sul ritiro della fiducia da parte del Pdl, consacrato da una dichiarazione del segretario Angelino Alfano alla Camera dei Deputati di demolizione dell’operato di questi 12 mesi, dichiarando la sua intenzione di rimettere il mandato subito dopo l’approvazione della legge di stabilità.
Questo dato, però, deve essere ben interpretato. Perché, a differenza di quanto si potrebbe pensare inizialmente, il consenso degli italiani su questa scelta di drammatizzazione della crisi politica della strana maggioranza non si traduce automaticamente in un assenso alla candidatura alla presidenza del consiglio per i prossimi 5 anni del professore. Anzi, per una larga maggioranza (il 61% per Ipsos) sarebbe sbagliato per Monti mettersi in gioco in campagna elettorale: perderebbe il suo profilo bipartisan e istituzionale, è il rilievo. Il 32%, invece, ritiene opportuna la sua corsa.
Una percentuale non molto dissimile da quella che pensa che sia migliorata la situazione economica durante il suo anno di manovre di risanamento e di riforme. Nella classifica di gradimento dei candidati alla premiership agguanta il 26% delle preferenze – sempre secondo il campione Ipsos di 800 persone –, scavalcando di 10 punti il suo predecessore Silvio Berlusconi: più avanti c’è Bersani che guida col 32%, comprensibilmente tonificato dalla vittoria interna del 2 dicembre.
La porzione di italiani resta sostanzialmente immutata anche quando si tratta di passare al setaccio i risultati della politica-economica. Poco più di un italiano su tre, il 34% per Ipsos, pensa che con le manovre Salva-Italia le condizioni del sistema paese siano migliorate. A fronte di un 17%, secondo cui sarebbero rimaste identiche e di un 45% che osserva un peggioramento. Specularmente il tasso di job approval misurato da Ispo di Renato Mannheimer attribuisce al governo tecnico il consenso del 36% degli italiani, mentre lo boccia il 60%.
Sintomatica di questa prevalenza di voci critiche è stata la rottura del Pdl e il ritorno delle redini del gioco politico – almeno nel centrodestra – all’ex premier Silvio Berlusconi, che si è tenuto in disparte quando il clima era favorevole al governo tecnico per poi riemergere nell’ultima settimana nel nome dell’anti-montismo.
Il quesito che circola con più insistenza, a questo punto, sul destino politico di Monti è: quanto potrebbe valere una sua lista? Il consenso di una lista civica di appoggio al professore varrebbe fra il 3,5% (Ipsos) e il 4% (Ispo). Un consenso, ben intesi, che andrebbe a sommarsi alle altre formazioni del Terzo Polo: Italia Futura di Montezemolo e l’Udc di Pierferdinando Casini.
Ispo ha anche misurato il potenziale bacino di una candidatura Monti con un risultato abbastanza lusinghiero: il 15-19% dell’elettorato lo prende in considerazione come opzione di voto in vista delle elezioni politiche di febbraio.