[ad]Da ieri il dibattito politico si occupa dell’indicazione del PPE (Partito Popolare Europeo) di appoggiare la candidatura di Mario Monti per i moderati, scavalcando di fatto Silvio Berlusconi e facendo gridare allo scandalo e all’ingerenza sia i giornali di centro-destra che alcuni esponenti politici anche non particolarmente vicini al Cavaliere come l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti ieri a Servizio Pubblico.
Ma davvero si tratta di ingerenza? Analizziamo la situazione.
I partiti politici europei sono tra i grandi incompiuti del processo di integrazione europea: organizzazioni più simili a vertici di coordinamento, organizzativamente scollegati dai gruppi parlamentari del Parlamento Europeo (anche se questi ultimi vi fanno riferimento), in questi ultimi anni stanno cominciando ad avere un ruolo sempre più importante nei processi decisionali non solo a livello dell’Unione ma anche in decisioni interne.
In ottica europea i primi a rompere gli indugi furono i deputati del PPE che, forti di una maggioranza politica nel 2004, pretesero di indicare come Presidente della Commissione un personaggio che venisse dalle fila del partito che si era aggiudicato la maggioranza dei voti, come infatti fu Josè Maria Barroso.
Un ulteriore passo in un’ottica “federalista” lo fece poco più di un anno fa, il 24 e 25 Novembre, il PSE (Partito Socialista Europeo) che decise di indicare alle prossime elezioni europee un candidato Presidente della Commissione comune, decisione che ha portato anche altri partiti europei a riflettere se fare altrettanto.
E a livello nazionale? Questo processo di “federalizzazione” non poteva non avere riflessi anche di tipo “top-down”.
A rompere gli indugi fu Angela Merkel quando, in nome della comune “militanza” nel PPE, dichiarò a fine gennaio di appoggiare la candidatura alle presidenziali di Nicolas Sarkozy ritenendolo “l’uomo giusto per la Francia”; in seguito a questa dichiarazione, Hermann Groehe, segretario della CDU (il partito della Cancelliera tedesca) dichiarò che era un appoggio naturale spiegando che la politica europea è sempre più interconnessa. Dello stesso tenore il sostegno di Hollande e del SPD alla candidatura di Bersani in Italia.
Veniamo ai giorni nostri: dopo le dichiarazioni esplicitamente anti-europeiste che Silvio Berlusconi esterna continuamente, dopo un accordo pluriennale di ferro con una forza apertamente anti-europeista come la Lega Nord, poteva il PPE rimanere in silenzio? Il presidente del gruppo del PPE On. Joseph Daul ha dichiarato “la mia visione, libera da ogni influenza esterna, dell’attuale situazione politica in Italia riflette la posizione del Gruppo PPE ed è basata sui valori dei padri fondatori dell’Europa. Il Gruppo PPE è sempre stato in prima fila nella promozione di una maggiore integrazione europea, della solidarietà e dell’unità” e ancora “non supportiamo coloro che non dicono la verità ai propri cittadini cercando di guadagnare voti con promesse vuote e populiste”: dopo questa dichiarazione non ci si può meravigliare della reazione ostile nei confronti di Berlusconi e il successivo endorsement a Monti è quasi naturale e logico.
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[ad]Le politiche europee si intrecciano sempre di più con quelle nazionali e la crisi economica ha portato prepotentemente sulla scena la questione della delega dei poteri da una sfera nazionale ad una sfera europea e questo non vuol dire solamente avere un maggiore coordinamento politico a livello dell’Unione ma anche, di conseguenza, una maggiore influenza del livello superiore su quello inferiore.
Sandro Gozi, parlamentare PD esperto in questioni europee, ha dichiarato ieri “La questione PPE-PDL mostra come la politica europea sia sempre più politica nazionale. Non deve stupire se leader europei si preoccupano di quanto avviene in Italia e dichiarano le loro preferenze o preoccupazioni sulla deriva antieuropea della destra italiana. Viviamo in uno spazio politico sempre più integrato. Le affermazioni di […] politici proprio del PPE sono legittime: quello che accade in Italia avrà riflessi anche su tutti i paesi d’Europa”
Che il processo di federalizzazione possa avere una forte accellerazione dalla tanto vituperata politica?
di Riccardo Marchio