Il 16 dicembre si sono tenute le elezioni anticipate in Giappone. Bene. Cosa c’entra con l’Italia? Cosa c’entra con la Terza Repubblica?
[ad]C’entra eccome.
Nell’Impero del Sole, dopo tre anni di governi a guida democratica, nuovi soggetti politici sembravano aver segnato definitivamente lo storico bipolarismo nipponico che vede contrapporsi da una parte il Partito Liberaldemocratico di centrodestra dall’altro il Partito Democratico di centrosinistra.
Negli ultimi tempi i sondaggi elettorali davano i democratici al governo, che in tre anni hanno cambiato tre premier, in caduta libera ma i liberaldemocratici incapaci di formare un esecutivo da soli (e nemmeno con il loro storico junior partner Nuovo Komeito, partito d’ispirazione buddista).
Due nuovi partiti sembravano sorgere all’orizzonte: il Partito per la Restaurazione del Giappone e Giappone Futuro.
Il primo è una formazione politica nazionalista che si colloca a destra dei liberaldemocratici. Fondato dal sindaco di Osaka e dall’anziano governatore della prefettura di Tokyo il partito si pone come ultranazionalista ed è quanto mai facilitato nel suo emergere, otre che dall’instabilità dei democratici, anche dalle frizioni con la Repubblica Popolare Cinese.
Progetto Giappone invece è una formazione politica, anch’essa molta recente, che trae spunto dalla tragedia di Fukushima per proporre agli elettori un’alternativa di sinistra ed ambientalista rispetto ai troppo compromessi democratici.
Nonostante l’emergere mediatico e politico di queste due formazioni alle estremità dello scacchiere politico, l’affermazione dei liberaldemocratici è stata netta e il primo ministro Shinzo Abe potrà rieditare assieme al Nuovo Komeito quella maggioranza di governo che già resse il suo governo dal 2006 al 2007, dopo il lungo (per una volta) interregno di Koizumi.
Negli ultimi tempi in molte democrazie occidentali abbiamo assistito ad un mutamento del quadro politico. Un mutamento che si concretizzava nella “sostituzione” di uno dei due poli con una formazione emergente o da sempre quanto mai minoritaria.
Storicamente il caso più famoso è il caso britannico in cui tra gli anni ’10 e ’20 del XX° secolo i laburisti occuparono quello spazio a sinistra tradizionalmente appannaggio dei liberali anche a causa delle diatribe tra le due prime donne Asquith e Lloyd George.
Il caso recente più famoso è rappresentato dal Canada e dalle sue ultime elezioni generali nel 2011. Lo storico bipolarismo tra Partito Conservatore e Partito Liberale è stato scalfito dall’emergere di un formazione politica che, pur esistendo da circa un ventennio, mai era riuscita a occupare a sinistra lo spazio della storica formazione liberale. Si tratta del Nuovo Partito Democratico che è da considerarsi più di “sinistra” rispetto al polo liberale e come un soggetto politico figlio di quella “third way”che tanto seguito ebbe nel mondo anglofono.
Un esempio analogo, per quanto drammatico, di matrice europea è quello greco dove l’unione di una serie di soggetti di sinistra, Syriza, ormai ha tutti i numeri per contendersi il governo del paese in ipotetiche elezioni anticipate contro quello che loro stessi ribattezzano come il “fronte dell’austerity”. Un fronte però a trazione conservatrice considerando che il soggetto principale sarebbe il conservatore Nuova Democrazia del premier Samaras. Mentre lo storico rivale rappresentato dai socialisti del Pasok rischia o di essere risucchiato dall’azione impopolare di Samaras o schiacciato tra due distinti poli tra il centrodestra e la sinistra-sinistra di Tsipras.
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E via con altri casi come i Paesi Bassi dove anche lì, seppur nella triste ottica della grande coalizione in funzione anti-populista, sembra essere tramontata la stella dei cristiano-democratici a scapito di un ipotetico futuro bipolarismo tra laburisti e liberali.
[ad]Nel corso dell’ultimo vertice del Partito Popolare Europeo a Bruxelles è stato de facto scaricato Silvio Berlusconi a scapito del primo ministro Mario Monti.
Nel caso Monti voglia buttarsi nell’agone avrebbe una legittimazione ulteriore anche sul fronte europeo.
Ma può un’indicazione di questo tipo mutare il bipolarismo che a grandi linee si delinea in Italia in questa fase? Nel caso Monti voglia porsi come leader dei “terzopolisti” e come sezione italiana del popolarismo europeo, siamo sicuri che un’ipotetica asse euroscettica PdL-Lega Nord e La Destra non possa contendersi, seppur in netto svantaggio, la leadership del paese contro Bersani? Detto in altre parole, possiamo pensare di essere all’alba della Terza Repubblica?
I partiti politici europei non sono ancora strutture molto considerate a livello dei singoli stati nazionali, e molto spesso anche al Parlamento Europeo la matrice nazionale a più seguito di quella “ideologica”.
Non sarà certo un’informale uscita di Berlusconi dall’alveo del popolarismo europeo e non renderlo più un competitor temibile o in grado di giocare la sua partita.
E il mutamento tanto atteso del sistema politico italiano, verso la terza Repubblica, avrebbe paradossalmente molte meno chance di successo nel caso “l’homo novus” Monti si schierasse apertamente come capo di un non meglio precisato rassemblement d’impronta terzista.