Sondaggi elettorali: se l’effetto coalizione non c’è. L’analisi Cise

Pubblicato il 2 Gennaio 2013 alle 19:09 Autore: Giuseppe Martelli

Nelle ultime settimane nell’analisi dei sondaggi elettorali abbiamo affrontato il tema delle alleanze con un occhio  alle percentuali di ogni singola lista. Il sondaggio Cise per il Sole 24 Ore ci dice molto su tutti questi elementi e ci offre una prospettiva bi-deminsionale delle prossime elezioni politiche.

[ad]Osservando i valori dei singoli partiti non notiamo particolari differenze rispetto agli altri istituti di sondaggi elettorali: il Pd si conferma primo partito con oltre il 34% dei voti mentre il Pdl continua la sua lenta risalita e si attesta non lontano dal 20% che, sopratutto al Senato, è la soglia minima per mettere in difficoltà il centro-sinistra.

Continua a perdere punti il Movimento guidato da Beppe Grillo che non va oltre il 15% e si avvia così ad un ruolo di fortissima testimonianza a l’interno del prossimo Parlamento, ma con scarsa capacità di incidere realmente sulla formazione del governo e sulle dinamiche politiche dei prossimi mesi.

sondaggio cise gen

Tuttavia è la prima parte della tabella che desta molta curiosità alla luce di due elementi molto chiari che caratterizzano l’asse Pd-Sel e l’area di ” Centro“: nel primo caso notiamo come la somma di democratici e vendoliani è inferiore alla somma delle due liste singole di 3 punti percentuali. Dall’altra parte, l’area di Centro formata da Montezemolo-Udc-Fli raggiunge un valore complessivo vicino ai 12 punti percentuali, mentre la stessa composizione, con a capo Monti raggiunge il 23% ossia 11 punti in più della mera somma delle liste di centro.

Il dato di questo sondaggio è rilevantissimo e dirompente per almeno due ragioni:

-In primo luogo, il rendimento coalizionale del Centro a guida Monti risulta maggiore rispetto al centro-sinistra di Bersani. Tuttavia sono pochi gli elementi per capire cosa rende l’asse Pd-Sel meno attrattivo rispetto alla somma delle delle singole formazioni; potrebbe essere una questione strettamente legata alla composizione partitica piuttosto che al leader. In ogni caso possiamo dire che se Bersani non rappresenta un elemento negativo non genera un surplus sulla coalizione di centro-sinistra nel ruolo di leader.

-Il secondo elemento è il potenziale elettorale che Monti riesce ad esprimere come capo di una coalizione piuttosto che come capo di una lista. E’ infatti impossibile non rilevare che nelle ultime settimane i sondaggi elettorali attribuivano percentuali bassissime ad una lista Monti, mentre una coalizione guidata dal Professore sembra in grado di svolgere il ruolo di secondo Polo a svantaggio del Pdl. In questo caso, inoltre, è evidente l’effetto Monti considerato che né Fini, né Casini, né Montezemolo presentano una grande capacità elettorale.

Lo scenario rimane comunque molto fluido sopratutto alla luce del fatto che i differenti rendimenti coalizionali non dicono nulla sul “perché” di certe ragioni: un elettore del Pd potrebbe non votare Pd-Sel a causa delle presenza di Vendola mentre, a parti invertite, un elettore di Sel potrebbe non votare l’asse tra i due partiti considerando “troppo” moderati i democratici ecc. ecc.

Non rimane che osservare lo sviluppo degli eventi, ma l’immagine che traspare è quella di un sistema che, per ragioni diverse, vede Monti come unico protagonista della competizione elettorale e della formazione del governo.