Termometro Finanziario: gli Stati Uniti evitano il fiscal cliff, almeno per ora
Con una (ridimensionatissima) soluzione all’ultimo secondo, come in una finale del Superbowl, il Congresso americano ha approvato l’accordo che evita agli USA di cadere nel baratro fiscale (fiscal cliff), provocando un’ondata di euforia sui mercati finanziari.
[ad]L’accordo prevede un aumento delle tasse per i redditi superiori ai 400/450mila dollari (se single o coppie), il primo inasprimento della pressione fiscale da quasi vent’anni a questa parte, e il primo ad essere votato dai Repubblicani, in contrasto con il loro vetusto spirito reaganiano e a dimostrazione dello sbando più completo in cui il GOP, preda del suo estremismo interno, attualmente versa. Mezza vittoria, comunque, per i Democratici e per Obama, che devono rinunciare all’aumento delle tasse per i redditi superiori ai 200mila euro, ma possono portare a casa la realizzazione della promessa di non aumentare le tasse alla classe media.
Il fiscal cliff è dunque evitato, ma il baratro resta nelle vicinanze: l’accordo, infatti, prevede tagli alle spese per 600 miliardi di dollari (contro i 4000 richiesti dai Repubblicani, la cui frangia estremista incassa l’ennesima sconfitta), mentre rinvia a fine febbraio la definizione di un altro pacchetto di tagli per 110 miliardi di dollari. A fine febbraio dovrà anche essere approvato l’innalzamento del tetto al debito pubblico, sicché ci aspettano altri due mesi di trattative al cardiopalmo.
La lotta al taglio del deficit resta dunque ancora molto lunga, e non pochi analisti nutrono scetticismo circa la capacità degli USA (nella fattispecie, lo spaccatissimo Congresso) di risolvere una questione che, nonostante i tamponamenti della Federal Reserve, continua a destare crescenti preoccupazioni.
Ad accompagnarci in questi due mesi ci saranno anche gli altri due temi che hanno segnato il finale del 2012, ovvero la questione giapponese, con l’attesa per le politiche di espansione fiscale e monetaria che il nuovo premier Shinzo Abe dovrebbe mettere in atto, e soprattutto le elezioni politiche italiane del 24 e 25 febbraio prossimi.
L’agenda macroeconomica post-festività natalizie prevede per martedì il tasso di disoccupazione italiano atteso ancora in lieve crescita all’11,2% contro il precedente 11,1%. Variazione simile per il tasso della zona Euro, che dovrebbe fermarsi a quota 11,8%. Attese anche le vendite al dettaglio nella UE (che dovrebbero tornare lievemente positive) e gli ordini all’industria tedesca, attesi invece in contrazione su base mensile.
Mercoledì l’Unione Europea rilascerà il dato sul PIL, che gli analisti ritengono si confermerà a -0,1% su base mensile; poco più tardi conosceremo il dato sulla produzione industriale tedesca, attesa in territorio positivo su base mensile, a +1% dopo il precedente calo del 2,6%.
Giovedì andranno in asta i BOT italiani a 12 e 3 mesi, mentre la BCE e la Bank of England annunceranno le proprie politiche monetarie. Non sono attese grosse novità sul fronte dei tassi. Gli USA rilasceranno i consueti jobless claims: i nuovi sussidi di disoccupazione dovrebbero risultare in calo a 365mila unità.
Venerdì conosceremo se la produzione industriale spagnola continuerà la propria caduta, mentre l’Italia metterà all’asta BTP a 3 anni.