Analisi delle primarie parlamentari PD (Parte I)
Si sono concluse da pochi giorni le primarie parlamentari tenute dal Partito Democratico per la scelta dei parlamentari che comporranno le liste elettorali del partito alle prossime elezioni politiche, consultazioni nate dall’esigenza di superare una legge elettorale che toglie ai cittadini la posssibilità di esprimere preferenze diretta sulla scelta dei candidati relegando la formazione delle liste nelle mani delle segreterie dei partiti e tenutesi il 29 e il 30 dicembre, date molto infelici, a causa della crisi dell’esecutivo Monti generata dal rifiuto del PdL di proseguire l’esperienza di governo fino alla scadenza naturale della legislatura.
[ad]Il PD si proponeva di scegliere attraverso le primarie parlamentari il 90% dei propri candidati, lasciando nelle mani del segretario Bersani il restante 10%. Nella quota riservata, tuttavia, sono compresi tutti i capilista nelle singole circoscrizioni, quindi posti ad elezione sicura.
Come già nel caso delle primarie per l’elezione del candidato premier, le regole delle primarie parlamentari hanno causato e stanno tuttora causando alcuni attriti tra i candidati, in particolare per quanto riguarda l’alternanza di genere. Secondo quanto previsto dal regolamento, infatti, era consentito per ciascun elettore una o due preferenze, con l’obbligo, nel secondo caso, di indicare un candidato di sesso maschile ed uno di sesso femminile. Per di più si è deciso di comporre il reale ordinamento delle liste alternando maschi e femmine a partire dall’esponente più votato, con il risultato che in determinati casi la necessità di inserire un candidato di un determinato sesso prevaleva rispetto al numero di voti effettivamente conseguiti, scatenando polemiche come capitato nella querelle felsinea tra Sandra Zampa e Paolo Bolognesi.
A complicare ulteriormente la questione c’è poi il fatto che le candidature del PD erano espresse su base provinciale – o addirittura territoriale, come in Emilia Romagna – laddove le circoscrizioni elettorale hanno confini più vasti, comprendendo più province quando non addirittura un’intera regione, e che le candidature non prevedevano alcuna distinzione tra Camera e Senato.
Senza considerare la effettiva composizione delle liste, che verrà discussa oggi in Direzione Nazionale, si può capire per ciascuna regione chi occupa i “posti sicuri”, quelli che danno garanzia di un posto a Roma, e cercare tramite questi di fotografare il partito uscito da queste primarie parlamentari, forse sottotono rispetto ai grandi appuntamenti dei mesi precedenti ma dagli effetti nettamente più dirompenti grazie alla loro capacità di pesare le varie anime – o per meglio dire correnti – del PD nel futuro Parlamento.
In una serie di articoli verranno quindi esaminati i dati a livello regionale, prendendo l’ipotesi di una vittoria di IBC a livello nazionale e regionale.
Abruzzo
L’Abruzzo elegge 14 deputati e 7 senatori. Di questi, nell’ipotesi che non vi siano extra-seggi, 7 deputati e 4 senatori spettano alla coalizione vincente.
Considerando i due capilista scelti da Bersani, e l’ipotesi cautelativa di un deputato ed un senatore da dividere con SEL (come nel 2008 avvenne con l’IdV), resterebbero quindi, in caso di vittoria del centrosinistra in questa regione, 5 deputati e 2 senatori, quindi sette posti.
Risultati delle parlamentarie PD in Abruzzo |
La ripartizione dei sette seggi, se si tenesse conto della popolazione residente al censimento, dovrebbe essere:
- Chieti –> Legnini Giovanni
- Pescara –> Castricone Antonio
- Teramo –> Ginoble Tommaso
- L’Aquila –> Pezzopane Stefania
- Chieti –> Amato Maria
- Pescara –> D’Incecco Vittoria
- Teramo –> Di Sabatino Domenico
I primi esclusi, da ripescare in caso di extra-seggi o pessimi risultati di SEL, sarebbero Giovanni Lolli e Angelo Pollutri.
Tra gli altri sconfitti illustri, spicca il nome di Marco Verticelli, terzo maschio e sesto totale a Teramo, il cui potentato locale non è indubbiamente bastato a dissipare le ombre della sua gestione amministrativa ai tempi di Del Turco.
I sette vincenti delle primarie parlamentari sono quattro uomini e tre donne, da dividere in due liste; tra queste persone vi sono tre parlamentari uscenti, altri tre esponenti di istituzioni locali e uno con incarichi di partito. L’età media è 52 anni, che spazia tra i 38 di Castricone e i 60 del fioroniano di ferro Ginoble.
Tra i giovani, Castricone è il solo che abbia il posto sicuro in Parlamento, mentre per gli altri non vi sono praticamente speranze: Gianna Di Crescenzo è arrivata seconda tra le donne a Chieti, ma questo la pone quarta (anche se quinta in termini di voti) nella lista provinciale, quindi lontana da speranze di elezione. Quinta e sesto a L’Aquila Eleonora Mesiano e Michele Fina; a Teramo Ilaria De Sanctis è la terza donna in classifica (quinta totale) mentre Alberto Melarangelo naviga nelle parti basse della classifica. A Pescara, infine, dove il numero di giovani era particolarmente alto, Francesca Ciafardini si trova in una posizione analoga a quella di Gianna Di Crescenzo di Chieti, mentre ancora più lontani si sono piazzati Alexandra Coppola, Valeria Scotucci, Stefano Casciano e Emanuale Graziano Pavone.
Soprattutto dalla provincia di Pescara è emersa comunque una certa ventata di rinnovamento, con molti – forse anche troppi per evitare una certa dispersione del voto – giovani in corsa che indubbiamente potranno ancora dire la loro alle politiche successive e nel frattempo maturare esperienze amministrative in ambito locale.
Maggiore immobilismo invece dalle altre province, dove i candidati più giovani appaiono solo in posizioni di rincalzo.
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