La falsa alternativa tra tecnocrazia e populismo
[ad]Ci troviamo allora tra Scilla e Cariddi. Ma tanto la tecnocrazia quanto il populismo hanno una parte di ragione e una parte di torto. Il tecnocrate ha ragione nel far valere la complessità della realtà e l’impossibilità di compiere le scelte decisive della politica senza un sapere adeguato. Il populista ha ragione in quanto dà voce alle ragioni della popolazione inascoltata. Servirebbe allora un raccordo tra le due figure. Questo raccordo si chiama Politica e si chiama partito.
Naturalmente un partito profondamente rinnovato rispetto ai partiti che conosciamo oggi. Un partito che serva a gettare un ponte tra il Palazzo e le Masse. E se esistesse questo ponte il Palazzo smetterebbe di essere il Palazzo e le Masse smetterebbero di essere le Masse. Da un lato perchè il partito, aderendo a tutte le pieghe della società, permetterebbe alla politica nazionale di conoscere molto meglio la società.
E il sapere astratto della tecnocrazia diventerebbe un sapere concreto, aderente alla vita e alla sua molteplicità. Dall’altro il partito permetterebbe ai cittadini che avvertono il bisogno della politica, che hanno esigenze, bisogni, volontà di impegnarsi, di imparare a declinare queste esigenze, questi bisogni, questa volontà, in una maniera compatibile con la complessità e con le condizioni della realtà.
D’altra parte però, di questa complessità e di queste condizioni non vi sarebbe più un’interpretazione unica, ma interpretazioni diverse, ugualmente articolate ma ispirate a differenti idee di società. E’ un processo difficile, ma è l’unico che, a lungo andare, permette alla democrazia di essere qualcosa di più di una parola vuota.