Ucraina, classe media a velocità di marshrutka
Ucraina, classe media a velocità di marshrutka
Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas? Così, Edward Norton Lorenz, matematico pioniere della teoria del caos, titolò una sua conferenza nel 1972. Riprendendo le teorizzazioni proposte dal saggio di Alan Turing “Macchine Calcolatrici ed Intelligenza” (1950), e garantendo certezza empirica alle fantasticherie del racconto “A Sound of Thunder” di Ray Bradbury (1952), lo studioso statunitense investì il suo sapere scientifico nella dimostrazione degli effetti imprevedibilmente generabili dal semplice prendere vita di una singola azione. L’acrobata equilibrio su cui si fonda oggi il divenire della presunta classe media ucraina scoperchia la dimensione sociale del paradigma.
La propensione alla spesa di una crescente parte della popolazione ucraina, edificante la propria identità attraverso nuovi guardaroba di status, fonda il proprio lifting sociale su un circense trapezio di (in)stabilità. Premessa l’esistenza di una minoritaria componente sociale, spicciamente individuata come oligarchica, capace di garantire stabilità ai propri consumi attraverso il saldo e corrotto legame politica-economia, e assodata la permanenza di una larga maggioranza ancora relegata a livelli di indigenza sovietica, il fiore all’occhiello del rilancio è sicuramente costituito dalla emergente classe media ucraina.
[ad]Il suo habitat, o meglio l’humus capace di garantirne l’odierno successo di status, risiede principalmente nelle regioni occidentali del Paese. Qui si (s)radica il maggior numero di cittadini, o meglio cittadine, che, incamminandosi lungo le principali rotte migratorie europee, ha generato la più grande emorragia demografica ucraina. Un’emorragia capace però a sua volta di produrre una salda coagulazione economica. I sacrifici e le fatiche delle madri prodighe, di figliol oltre a non vedersene l’ombra si sentono solo le alitate alcoliche e l’odore di cipria, hanno infatti alimentato le impennate dei consumi e le felicità di status dei nuovi inaspettati baby-tesorieri.
Al fine di comprendere la velocità di un cambiamento imbevuto di apparenza e digiuno di essenza è necessario ricorrere al pantheon della classe media: il centro commerciale. Qui, a Lviv, in ossequio alle nuove ebbrezze di status bramosamente ardite dagli, sino a ieri, spiantati contadini, è stata recentemente ultimata l’edificazione di un suo primo vero esemplare. Il nome, King Cross, il fascino dei forestierismi risulta sempre azzeccato companatico dell’ignoranza, accogliendo le ansie da prestazione degli improvvisati consumatori, offre loro un respiro occidentale lungamente agognato. L’illusione di essere a Londra, Parigi, Milano, o meglio nelle desolanti periferie in cui i templi del consumo sorgono, accende infatti le fantasie del presunto ceto medio e incentiva acquisti degni del miglior arrampicatore sociale europeo.
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