Berlusconi, l’underdog che potrebbe chiudere Equitalia
Con quello stupore con cui si può accogliere la rinascita dalle sue ceneri di un’araba fenice, Silvio Berlusconi in meno di due settimane è tornato al centro del palcoscenico televisivo, che fin dalla sua discesa in campo nel 1994 fa un tutt’uno con la sorte di successo o di fallimento della politica italiana. Rinvigorito senza doversi riproporre nella veste del piazzista urlante modello 2006, il modello della comunicazione e pure della psicologia – perché di un leader capace di spostare nell’ambito ristretto della campagna elettorale milioni di voti qualche domanda sui comportamenti della mente umana dovremo pure farcela – ricorda poco l’ostilità della rivolta della razza padrona di Vicenza al convegno di Confindustria e in televisione il sorriso e la mansuetudine hanno sostituito il “mi alzo e me ne vado” dei tempi dell’Annunziata. O se vogliamo anche del più contemporaneo monologo all’Arena di Giletti.
[ad]Un cambio di registro emotivo più che di pura strategia politica, che si sta trasformando in punti percentuali guadagnati, addirittura 5 nell’arco di una settimana secondo il sondaggio Emg con un distacco a livello nazionale che ricorda molto da vicino quello ai blocchi di partenza fra lui e Romano Prodi nel 2006. Perché l’analogia numerica ci sta. Il distacco è ampio, ma non più abissale. Il recupero innestato e la propaganda – non ufficialmente, ma nei fatti già avviata dal giorno dello scioglimento delle Camere – sta causando un riequilibrio fra le coalizioni ritenuto irragionevole in queste proporzioni in così pochi giorni.
La contro-argomentazione più facile è che Berlusconi come nelle altre campagne elettorali sfrutti il periodo immediatamente precedente all’entrata in azione del regolamento per l’attuazione della par condicio. Da quel momento e per i 30 giorni veri di competizione il suo spazio sarà pari a quello di Monti, Ingroia, Grillo e soprattutto Bersani. Per la fortuna specialmente di quest’ultimo che da dominatore annunciato della campagna elettorale è finito nella parte bassa dei siti d’informazione e in fondo alla classifica dello share. Un sintomo da non ridimensionare, difficilmente curabile con l’aspirina dell’equa ripartizione degli spazi tv fra i leader e i candidati premier.
Il ritorno mediatico del Cavaliere, in effetti, somiglia ad un piano inclinato per il Pd, che partendo dall’abolizione dell’Imu sulla prima casa potrebbe arrivare fino alla promessa della chiusura di Equitalia nell’ultima settimana prima del voto col suggello di un nuovo contratto con gli italiani. E come si è visto nelle altre 5 campagne con Berlusconi leader non sarà sufficiente smentire le astuzie e le bugie: il fact checking non fermerebbe lui né tanto meno potrebbe bloccare la tentazione della sua vecchia base elettorale di sceglierlo nuovamente a febbraio. Un richiamo, che – giusto per restare in tema col 2006 – potrebbe pure essere sottovalutato dai sondaggi d’opinione svolti con metodologia CATI, le classiche interviste telefoniche.
Non è comunque neanche il fattore della completa impermeabilità alla realtà dei risultati disastrosi del suo governo a permettergli di rifare canestro nel suo tradizionale blocco sociale. A livello di contenuti e di messaggi si capisce che all’impresentabilità degli anni da premier fanno da contraltare l’aver indovinato le issues della campagna prima degli altri: economia e fisco. Ma se vogliamo spiegare pienamente l’eterno ritorno del Cavaliere bisogna addentrarci, probabilmente, nell’interpretazione del suo carattere che ne spieghi appieno vittorie e sconfitte.
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