Oltre la seconda Repubblica? D’Alema presenta “Controcorrente”
Ieri pomeriggio è stato presentato ai Musei Capitolini a Roma il nuovo libro-intervista di Massimo D’Alema con le domande di Peppino Caldarola, ex collaboratore dell’attuale presidente del COPASIR e della Foundation of European Progressive Studies (FEPS).
[ad]Il libro, uscito il 10 gennaio per Laterza, si intitola “Controcorrente” e ripercorre alcune delle principali vicende della politica italiana a partire dalla caduta del Muro di Berlino. All’interno di questa vicenda storica e del corrispondente quadro internazionale, D’Alema riesamina le scelte della sinistra che ha contribuito a determinare o che ha preso in prima persona.
Ne emerge una sostanziale difesa della sostanza di queste decisioni con alcuni spunti di autocritica, ad esempio sul non essersi dedicato al compito della ricostruzione del partito durante il governo Prodi I. Del resto la difesa del ruolo dei partiti è un vero leit-motiv del libro. L’idea è che l’esistenza di partiti strutturati, che svolgano una funzione di mediazione tra lo Stato e la società è necessaria per una democrazia funzionante. Il mito della società civile onesta e integra contrapposta ai partiti corrotti si fonda invece su una lettura semplicistica e illusoria della società italiana, ma nonostante questo ha profondamente condizionato la politica della Seconda Repubblica.
Nonostante il suo respiro storico, sottolineato alla presentazione dallo storico Miguel Gotor, il libro è anzitutto un libro politico. “Questo libro è stato scritto da uno che intende continuare a fare politica” ha detto D’Alema, aggiungendo ironicamente che “ci sono gli appunti per le mie memorie ma solo una traccia, magari per quando sarà il momento”.
E infatti l’ultima parte del libro è dedicata alla crisi finanziaria europea e all’esperienza del governo Monti. Bisogna dire che il libro è stato terminato prima che Monti decidesse di “salire in politica” e per questo è uscito sull’Unità un “capitolo aggiuntivo” che fa i conti con il quadro politico modificato che questa scelta ha comportato.
Difatti il governo Monti nel libro era valutato positivamente in quanto governo di transizione, necessario a far riacquisire all’Italia credibilità internazionale e a superare l’emergenza. D’altra parte si faceva valere l’insufficienza della prospettiva “tecnica” per effettuare le riforme atte a promuovere quella ristrutturazione dell’economia italiana di lungo periodo necessaria per superare la crisi in maniera duratura. Questo anche perchè soltanto un cambiamento degli equilibri politici a livello continentale, che spostasse l’egemonia da conservatrice a progressista (portando con sé anche un parziale superamento dell’austerità, non a livello nazionale ma a livello europeo, con l’introduzione della golden rule per lo scorporo degli investimenti dal fiscal compact, di nuovi investimenti finanziati attraverso bond europei, del superamento dell’idea che gli aggiustamenti debbano pesare solo sui paesi debitori attraverso deflazione salariale) permetterebbe una nuova e duratura fase di crescita.
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