Dunque, mancano qualcosa come 40 giorni alla nascita della trentaduesima legislatura costituente degli ultimi trent’anni. Fino a due settimane fa avevamo un premier in pectore, Pierluigi Bersani, la cui coalizione comprendente PD, SEL e altri, staccava di una ventina di punti quella capitanata in pectore dal fallito di Arcore grazie al successo delle primarie.
Sono cambiate un po’ di cose, ma nulla di così sorprendente.
Il centrosinistra di questo Paese soffre di una malattia che colpisce un po’ tutti i partiti di sinistra: un grandissimo talento nel perdere le elezioni, specie quelle già vinte, grazie al fatto di essere geneticamente capace di spaccarsi in un miliardo di pezzi proprio nel momento più decisivo.
Questo avviene solitamente in due modi: la sinistra (il centrosinistra) si presenta alle elezioni compatta come un sacchetto di biscotti caduto dal terzo piano. Stanno tutti uniti in un bel sacchetto, ma quando lo apri, trovi le briciole, e, se sei particolarmente fortunato, pure qualche bullone caduto nel corso dell’imballaggio. È quello che è avvenuto all’Unione, un ammasso di partiti guidati non di rado da pazzi, da irresponsabili o da tutti e due, ma anche il governo Prodi del 1996-98 aveva caratteristiche molto simili.
Altre volte la separazione avviene prima delle elezioni, poiché la sinistra pare naturalmente propensa alla frantumazione. Roba vecchia: solo considerando il PSI, possiamo notare come in un secolo si sia scisso in PSRI, PCI, PSU, PSDI e PSIUP, solo per fermarci al 1992 e solo per considerare i partiti significativi e dimenticando la galassia di stelle minori. Solo che, a differenza di queste scissioni, che ogni tanto avevano anche qualche contenuto politico, tipiche anche all’estero, oggi avvengono solitamente perché Tizio e Caio non vogliono rinunciare a dire “io sono il capo del partito X”, e spera di avere qualche dividendo elettorale (fossero anche quattrini: sapevate che basta l’1% per ricevere soldi pubblici per cinque anni? Beh, sapevatelo) che giustifica la sua esistenza. Stamattina sentivo alla Radio Uno la tribuna elettorale di non so quale micropartito, che parlando un quarto d’ora è riuscito nell’impresa di non dire niente di sensato.
[ad]La maggiore lista, in questo senso, è Rivoluzione Civile – Ingroia, che mette sul suo carrozzone Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani (ebbene sì, due partiti comunisti nella stessa lista), Italia dei Valori, gli Arancioni (ebbene sì, due partiti dipietristi nella stessa lista), i Verdi e altri partiti. La lista è una sola, ovviamente, così si potrà sperare di superare lo sbarramento e tutti i vari capicorrente potranno sedere a Montecitorio e Palazzo Madama. Immaginatevi che bel pollaio che verrà fuori.
Voi magari direte che ce l’ho con Ingroia e kompagni, perché rubano voti al PD. Invece no: le campagne elettorali sono fatte apposta per rubare voti agli altri partiti, ed è giusto che si presenti alle elezioni chiunque lo desideri e ne abbia i requisiti, comprese le liste pollaio.
Io ce l’ho col PD. Parlando con alcuni sicuri elettori del partito, ho notato che o sono adagiati sulla mollica di pane oppure insistono per fare una campagna elettorale su temi più alti (e comunque non sulle tasse, ché pare brutto parlare come il capo dello schieramento a noi avverso).
Grande Giove!
Io non so dove sia Bersani in tutto questo: so che sta facendo interviste in giro per il pianeta come se fosse già premier, ma qui ci sarebbe una campagna elettorale da condurre, gli avversari sono particolarmente aggressivi (per non parlare di quelli completamente fuori di cervello) e stanno in tv ogni volta che si può. I risultati si vedono: praticamente gli unici partiti che scendono nei sondaggi sono PD e il Movimento beppegrillopuntoit.
Mi auguro che Bersani non sia andato a dormire, presagendo le grandi fatiche che lo attendono quando sarà premier, dicendo “svegliatemi quando è ora di andare al Quirinale”. Mi auguro sia ben conscio del fatto che si ritroverà in coalizione un tizio (Nichi Vendola) incapace di distinguere fra reddito e ricchezza/patrimonio e che, dovendo rispondere a una domanda “sì/no”, parla tre quarti d’ora in rima baciata, salvo poi dire «Non ho capito la domanda». Mi auguro sia conscio del fatto che la sua coalizione probabilmente sarà non autosufficiente al Senato. Mi auguro sia conscio del fatto che guadagnare pochi punti percentuali può fare la differenza. Mi auguro sia conscio del fatto che Monti ruba più voti a sinistra che a destra. Mi auguro sia conscio del fatto che c’è un 30% di persone che non ha avuto abbastanza mazzate dal malgoverno Berlusconi-Tremonti-Lega Nord, e vuole fortissimamente vuole il default, e perciò li rivoterà ancora.
Siam mica qui a svegliare gli orsi dal letargo con le vuvuzelas.
Oppure sì?