UCRAINA – La seconda metà del Novecento, raccogliendo i sofferti frutti seminati sin dal secolo precedente, ha osservato un rivoluzionario processo capace di riequilibrare i rapporti socio-economici all’interno delle democrazie occidentali: la mobilità sociale. La propulsive spinte di democratizzazione e l’incrementale aumento del benessere hanno così rotto lo statico carattere classista, conducendo a progressivi miglioramenti nelle condizioni di vita degli individui. Il prodotto di tal progresso, sospinto dalla responsabile domanda di maggiore equità sociale, è stato il graduale affermarsi di una classe media capace di diventare, nell’arco di qualche decennio, il perno delle contemporanee democrazie liberali.
[ad]Il processo descritto, lungamente fermentato nelle occidentali botti di rovere, ha conosciuto sorti diverse e più immediate in differenti parti del globo. I percorsi di de-colonizzazione, la venuta meno del mondo bipolare e la ruspante crescita delle economie emergenti hanno infatti condotto una moltitudine di nuovi Paesi a radicali sconvolgimenti negli equilibri sociali. Lo scenario post-sovietico, con le sue eterogenee tinte, costituisce uno degli esempi più interessanti a riguardo.
Implosa l’Unione Sovietica, e conseguentemente tramontato il sogno egualitario comunista, pervaso dalla consolatoria formula di scontentare tutti al fine di non accontentare nessuno, le ex-repubbliche sovietiche, tra cui l’Ucraina, si sono immediatamente fiondate in una nuova era. Essa, dominata da una contraffatta e corrotta copia dell’economia di mercato, alimentando bugiardamente la sete di rivincita sociale, ha prodotto una democrazia familista alternativamente retta da opposti clan. In questo contesto, una duplice dinamica ha favorito l’alternata mobilità sociale dei pochi eletti nella ristretta cerchia delle nazionali oligarchie post-sovietiche. Da una parte, il motore della scalata sociale è stato acceso dalle affinità con le nuove e vecchie classi politiche, alternativamente, egemoni negli ultimi vent’anni. Dall’altra, esso è stato alternativamente spento dalla sgualdrineria di una giustizia che, scordandosi della sua intrinseca imparzialità, ha costantemente sorriso alle avance dei governanti (di turno) e condannato l’assenza di colpe degli oppositori (di turno). Rischi: sbagliare clan. Conseguenze: istantanee demolizioni delle fatiche costruite a suon di unzioni economiche. Risultato: univoco focus sulla gestione (pubblica) dei propri interessi privati.
Una storia può aiutare a chiarificare l’inconcludenza e le miserie prodotte da un simile modus operandi.
C’era una volta una bambina bella e bionda. Era nata il 27 novembre 1960 a Dnipropetrovsk, regione occidentale dell’allora Unione Sovietica, regione orientale dell’odierna Ucraina. Nonostante le ristrettezze economiche, e la precoce scomparsa del padre, ella si era impegnata intensamente ed era riuscita, nel 1984, a laurearsi con lode in Ingegneria Gestionale presso l’università cittadina.
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[ad]Durante i primi anni della sua carriera, sfruttando le opportunità offerte dalla fedeltà al Komsomol, e benedicendo le nuove prospettive aperte dalla perestroika gorbacioviana, era riuscita, insieme al suo novello sposo, ad organizzare la propria attività di videonoleggiatrice. Un’attività che, nonostante si vociferasse fosse sospinta dagli alti incarichi regionali del suocero e dalle nascenti simpatie di un alto funzionario politico di stanza a Kiev (Ucraina), regalava iniziali soddisfazioni alla nascente affinità di coppia. Qualche anno più tardi, nel 1991, i due coniugi, convinti del proprio saper fare imprenditoriale e stanchi di affittare noiose video-apologie di un regime oramai crollato, decidevano di dirottare le proprie competenze verso il fruttifero mercato dell’energia. Aprivano l’offshore cipriota “The Ukrainian Petrol Corporation” e incominciavano a rifornire l’esoso settore agricolo della regione di Dnipropetrovsk. Nel 1995 intraprendevano inoltre una riorganizzazione aziendale che, oltre a condurli ad un cambio di denominazione (United Energy Systems of Ukraine), sanciva il primato della loro compagnia nell’importazione di gas naturale russo in Ucraina (1997). Erano anni felici per l’oramai cresciuta bambina bella e bionda. I conti in banca crescevano, i ricordi delle propagandistiche videocassette sbiadivano e un innumerevole serie di nuovi amici la compiacevano. Arrivava così anche il momento dello sbarco a Kiev, destinazione Parlamento. L’alto funzionario politico di stanza a Kiev candidava infatti la bambina, diventata oramai seducente signora, in una delle circoscrizioni elettorali della regione di Kirovohrad. Ella, arrivando a percentuali bulgare di consenso (92,3%), non lo deludeva. Qualcuno paventava la non completa trasparenza del risultato ma, dopotutto, ciò non importava. Gli equilibri dirigenziali del Paese erano in subbuglio, la basi democratiche inesistenti, una manciata di voti in uno sperduto distretto di campagna irrilevante.
La nuova vita a Kiev, ricca di nuovi sfarzi, presentava però anche crescenti difficoltà. Alcuni nuovi amici diventano infatti già nemici, l’alto funzionario politico di stanza a Kiev, dopo aver conquistato la carica di Primo Ministro, era stato costretto a fuggire negli Usa, la seducente signora, iniziando a conoscere la sporca arte del compromesso, incrociava i primi fiati di un’arbitraria giustizia. Si giungeva così al 2004, anno di elezioni presidenziali in Ucraina. Il presidente uscente, ieri sodale d’affari oggi avversario politico della seducente signora, preparava l’uscita di scena del proprio clan di potere. Gli equilibri nazionali erano ad un nuovo punto di svolta. Riuscirli a governare significava immunità, perderne il controllo significava condanna. Così, le due opposte familiste fazioni, abituate all’univocità degli scontri intestini e ricordantesi dei sottoposti solo durante le tornate elettorali, scoprivano l’esistenza del popolo. Issando a novità la costante dei brogli elettorali, e ammiccando agli accesi umori degli improvvisati rivoluzionari, la seducente signora, e la sua familista cerchia di interesse, arrivava a sedere al potere. O meglio, dopo una serie di estenuanti trattative, “sbadatamente” dimentiche delle rivendicazioni avanzate dagli esseri numerici accampati ai -20° di Kiev, riusciva a conquistarsi la carica di Primo Ministro. Così si apriva una stagione politica contraddistinta da plurime crisi istituzionali, una doppia elezione parlamentare (2006 e 2007) e una serie di dispute perpetranti le lotte intestine della classe politica e dimentiche delle promesse rivoluzionarie. Si arrivava dunque alle presidenziali del 2010. Nuovo scontro epocale. Dentro uguale immunità. Fuori uguale condanna. Rouge ou noir, les jeu est fait, rien ne va plus.
Questa volta la ruota girava male. Il clan avversario saliva al potere. La giustizia ruotava a sua arbitraria disposizione. Alla seducente signora, così come ad alcuni suoi collaboratori, venivano indirizzate fantasiose imputazioni e così si aprivano le porte del carcere. Le elites occidentali denunciavano a novità la costante della persecuzione giudiziaria a fini politici ed issavano i condannati a paladini dei diritti umani e delle libertà democratiche. La seducente signora, diventata oramai debilitata, assumeva fama transnazionale. In cuor suo, con il briciolo di onestà intellettuale che un Paese moralmente corrotto come l’Ucraina a stento ti concede, si trovava però nascostamente costretta ad ammettere la sconfitta. Batteva i pugni contro il muro della sua cella e si accasciava stremata. Conosceva infatti, molto meglio degli occidentali, il suo Paese e le acrobate regole che ne governano ascese e picchiate. Conosceva inoltre il rischio che ogni giocatore (politico o economico) affronta in un sistema in cui successi e insuccessi vengono garantiti dall’assenza dello Stato di diritto. Riconosceva, infine, di aver costruito il proprio successo di ieri sull‘assenza di democrazia e di non essere quindi oggi nella condizione di poterne reclamare i benefici.
I personaggi, in ordine di comparsa, prendono il nome di:
Bambina bella e bionda, seducente signora: Yulia Tymoshenko
Alto funzionario politico di stanza a Kiev: Pavlo Lazarenko
Nuovi amici (poi nemici): Viktor Pinchuk, Ihor Kolomoyskyi, Sergei Tigipko
Presidente uscente (sodale d’affari e poi avversario): Leonid Kuchma