Erostrato, Twitter e la ricerca della popolarità
Il Tempio di Artemide di Efeso non era solo un luogo sacro: era una delle sette meraviglie del mondo antico. Un giorno, questo gioiello architettonico, fu però consumato dalle fiamme e distrutto per sempre. ll Tempio di Artemide era un tempio ionico dedicato alla dea Artemide (dea della caccia), situato nella città di Efeso, nell’attuale Turchia, a circa 50 km dalla città di Smirne. Si ritene che la struttura risalisse al 560 a.C.. Al giorno d’oggi nulla rimane, se non qualche minimo resto: venne distrutto da un incendio doloso nel 356 a.C. ad opera di Erostrato.
Quando le autorità di Efeso si misero alla ricerca delle cause dell’incendio, arrestarono un uomo che confessò di aver appiccato il fuoco al tempio. Il suo nome era Erostrato. Quando gli fu domandato perché avesse commesso quel crimine, Erostrato rispose che lo aveva fatto per diventare famoso.
Le autorità decisero di non concedergli neanche un momento di notorietà e cancellarono il suo nome da qualsiasi documento o registro ufficiale. Tuttavia, la storia è giunta fino a noi ed il nome di Erostrato è passato alla storia, tanto che, duemila anni dopo, siamo qui a scrivere di lui. In suo “onore”, gli psicologi battezzarono “complesso di Erostrato” il disperato desiderio di apparire ed essere al centro dell’attenzione. Una patologia o comunque un particolare comportamento che, a quanto pare, è tipico di tante persone nella nostra epoca.
[ad]I social networks, offrendo la possibilità di farsi conoscere in maniera potenzialmente illimitata dalla nostro comodo divano di casa, sono stati un potente amplificatore per gli Erostrati del ventunesimo secolo. Si possono utilizzare le più diverse maniere per avere più attenzione, dalla più sublime alla più perversa, per dirla con il gruppo di musicisti-commedianti argentini “Les Luthiers”. Si tratti di scrivere testi di qualità, partecipare attivamente a dibattiti, inventarsi battute, appellarsi al sarcasmo fino ad arrivare alle cose più scioccanti e crude, molti si sforzano di raggiungere questo status di celebrità tanto anelato, al punto che è diventato ormai d’uso comune il termine “twittstar” (dal momento che Twitter è, di tutte le reti sociali, quella che offre i migliori mezzi per la fama).
Per raggiungere l’obiettivo di attrarre più sguardi possibile, ci si preoccupa sempre meno di esporre la propria vita privata. Anzi, rendere pubblici giorno dopo giorno aspetti considerati intimi è una pratica abituale dei Twitterostrati che puntano a creare un clima di vicinanza e fiducia con “il pubblico”, in modo da essere considerati più “umani”. Così, divulgano foto di famiglia, creano hashtags (parole inserite in un tweet che servono a seguire/creare una discussione su un determinato argomento) affinché le persone parlino dei loro compleanni o della fine della scuola e raccontano al mondo di cosa hanno appena chiacchierato con il portiere o la segretaria.
Twitter fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri
Ok, ma tutta questa esposizione virtuale, a cosa serve? In molti casi, l’assenza di intermediari tra il Twitterostrato e un pubblico potenzialmente vastissimo, caratteristica principale dei social networks, è di per sé un incentivo molto forte per dar sfogo alla sete di notorietà che altrimenti sarebbe assai difficile da soddisfare. Inoltre, Twitter è un mezzo in cui l’immediatezza è letteralmente all’ordine del giorno e le informazioni disponibili quasi in tempo reale, così come l’ascesa alla fama è breve, indolore e poco costosa.
Ma la questione non si limita a coloro che vogliono fruire dei 15 minuti a cui Andy Warhol ci ha dato diritto. Ci sono altri che non vogliono solo attirare l’attenzione, ma anche rimanere nella memoria della gente. Per come la vedo io, non sono meno vanitosi dei primi, ma sono certamente più strategici, dato che il loro proposito è costruirsi una carriera con questi mezzi. Pertanto, si adoperano perché le loro colonne d’opinione siano le più lette, più apprezzati i loro dipinti, le loro consulenze legali più preziose, ecc..
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