Al Gore contro Bush
Storia di come la Florida e la Corte Suprema decisero le elezioni più mozzafiato del nuovo millennio.
La storia è questione di congiunture: concatenamenti che determinano quale binario prenderà un determinato evento e quali ripercussioni verranno generate. Le elezioni statunitensi del 2000 rappresentano perfettamente questo spirito, e il 13 dicembre del 2000, con un margine di poco più di 300 voti, George Walker Bush diventa Presidente degli Stati Uniti d’America.
Ma perché il mondo ricorda questa tornata elettorale come unica nel suo genere?
Perché la sfida è entrata nella storia
Gli Stati Uniti adottano un sistema di voto basato sui delegati, e per vincere bisogna ottenere la maggioranza dei delegati ripartiti in tutti e 50 gli Stati confederati, più il distretto di Columbia.
I delegati sono membri di partito o personalità distinte che una volta eletti dovranno a loro volta eleggere il Presidente (l’elezione americana è, infatti, di secondo livello; paragonabile all’elezione del Presidente della Repubblica italiano).
Questo meccanismo di voto fa sì che a vincere non sia necessariamente il candidato che ottiene più voti dai cittadini, anzi: nel corso della storia, in quattro occasioni vinse il candidato col minor voto popolare (era successo nel 1876 e nel 1888, e successe nuovamente nel 2016).
Le regole del gioco americane, insomma, hanno sempre sviluppato meccanismi in grado di assicurare colpi di scena e risultati a sorpresa.
Chi c’era in gioco?
Nel 1999 l’allora ex-vicepresidente democratico Al Gore annunciò la sua intenzione a candidarsi alle Primarie del Partito per ottenere la nomination e assicurare altri quattro anni di continuità con l’era clintoniana, avviata al termine. La coppia Clinton–Gore era stata fortemente sostenuta durante i due mandati presidenziali, al netto di alcune critiche che si rivelarono errate, come per esempio la forte caratterizzazione dei profili (entrambi uomini del Sud, stessa linea politica).
Inoltre, Al Gore rappresentava, per un Partito Democratico che governava ormai da otto anni, un cambiamento, seppur non marcato. Ma l’economia andava bene, il Paese non aveva ancora affrontato momenti di crisi come l’11 settembre, e si pensava che mantenere il controllo della Casa Bianca sarebbe stato relativamente facile.
George Walker Bush aveva da poco maturato la sua esperienza politica. Fallita la sua campagna congressuale del 1978, aveva lavorato nel privato qualche anno, prima di strappare il ruolo di Governatore del suo Stato, il Texas. Fu, peraltro, l’unico repubblicano a riuscire nella rielezione a Governatore.
In quel periodo la fama nazionale di Bush salì di molto, complici alcuni eventi come l’autorizzazione a procedere alla pena di morte per alcuni condannati texani. Nel 1999, diventò chiaro che la sfida per la Casa Bianca, per i Repubblicani, doveva polarizzarsi. Bush sarebbe stato il candidato perfetto.
Sia Bush che Gore non ebbero difficoltà nell’accaparrarsi la nomination all’interno dei loro rispettivi Partiti: Gore partiva da una posizione di potere dettata dal suo precedente impiego, mentre Bush riuscì a stimolare gli elettori repubblicani grazie ad una campagna molto aggressiva. Se per Gore la corsa alla nomination fu veramente facile, grazie al sostegno di Clinton, Bush dovette invece affrontare una prova di coraggio, sfidando il Senatore dell’Ariziona John McCain, che dventerà candidato alla presidenza nel 2008.
Cominciata la campagna vera e propria, da subito risultò chiaro che a contendersi la Casa Bianca erano due piattaforme completamente differenti: ambientalismo, redistribuzione della ricchezza ed estensione del Servizio Sanitario facevano capo a Gore, mentre certezza della pena, riduzione delle tasse e sicurezza nazionale erano le armi a favore di Bush.
I due candidati non si risparmiarono colpi e diedero vita ad una campagna estremamente polarizzata. Le certezze di Bush si scontrarono con il futuro di Gore a tal punto che, durante l’election night, nessuno dei due poteva dirsi in vantaggio.
La notte elettorale
Con i seggi oramai chiusi, le emittenti televisive si apprestavano ad elaborare i primi exit poll che però pronosticavano un risultato molto incerto e prefiguravano una lunga notte elettorale. Bush decise di seguire lo spoglio a casa sua con sua moglie e il suo Vice–Presidente, Dick Cheney.
Nel corso della serata arrivarono i primi risultati – il Texas ai repubblicani come da copione, lo Stato di New York ai democratici per tradizione – ma nessuno aveva ancora idea di cosa sarebbe successo di lì a poco. Mentre Oregon e New Mexico si apprestavano a ingaggiare una spietata battaglia all’ultimo voto, il candidato democratico Gore, ormai quasi certo della sconfitta in Florida (che eleggeva ben 25 delegati) chiamò Bush al telefono per condere la vittoria. Un pronostico che però si rivelò sbagliato: nelle prime ore della mattina, lo staff di Gore si rese conto che il margine di vittoria in Florida si era assottigliato così tanto che la vittoria di Bush era tornata in discussione, e mentre Dick Cheney cominciava a pensare a come gestire la transizione dello staff nella Casa Bianca, Al Gore chiamò nuovamente Bush per ritirare la concessione. Questo fu l’ultimo atto prima della grande battaglia legale che avrebbe preso piede di lì a poco.
La mattina dell’8 Novembre 2000, Al Gore aveva ottenuto 266 delegati, mentre Bush ne contava 246. I 25 delegati messi in palio dalla Florida avrebbero assegnato la vittoria.
La storia
Il margine di vittoria di Bush nello Stato della Florida si era ridotto a poco più di 300 voti, e gli staff di entrambi i candidati erano già pronti a schierare in campo diversi avvocati per ordinare un riconteggio. Il margine tra i due candidati era dello 0,5%. La mattina del 10 Novembre, il riconteggio puntualizzò il distacco fra i due candidati di soli 327 voti su più di 6 milioni, ma la vittoria non fu assegnata.
Gli avvocati di Gore infatti contestarono, fra le altre cose, il riconteggio manuale delle schede, e numerosi casi di “overvoting“, ovvero casi di elettori registrati diverse volte e quindi con diverse possibilità di voto. Molte schede, inoltre, vennero trovate bucate parzialmente o non affatto bucate.
Nella contea di Palm Beach, ci fu un risultato alquanto sorprendente per Pat Buchanan, outsider delle sfida, che risultò avere 3,400 voti (il 20% dei voti in tutto lo Stato). Gli avvocati di Gore spinsero sul fatto che in realtà quei voti fossero del candidato democratico, poiché le schede elettorali non erano state bucate correttamente.
Dopo quasi un mese di scontri in tribunale, il 9 dicembre, la corte suprema deliberò, con una votazione finita 5-4, che il riconteggio manuale in Florida doveva fermarsi, e che entrambe le parti sarebbero state ascoltate per deliberare una decisione. Il verdetto della Corte Suprema arrivava dopo un mese di accuse reciproche da parte di entrambi i candidati, e sostanzialmente si trattava di una difesa della legittimità del voto. Le argomentazione della Corte, infatti, si poggiavano sulla potenziale illegittimità dell’intera elezione.
Dopo aver ascoltato entrambe le posizioni, il 10 dicembre 2000 la Corte Suprema deliberò, con una votazione di 5-4, che non ci sarebbe stato il tempo per un ulteriore riconteggio delle schede entro i limiti di tempo imposti dalla legge federale. George Walker Bush era diventato, finalmente, Presidente degli Stati Uniti d’America con un margine di distacco dallo sconfitto Al Gore di 327 voti nello Stato della Florida.
Il futuro
Di lì a poco tempo, il binario intrapreso dalla storia americana si sarebbe scontrato con gli attentati dell’11 settembre, con i protocolli di Kyoto e con la caccia al terrorismo internazionale.
La storia ha deciso che sarebbe stato Bush il Presidente a dover fronteggiare queste sfide, e il fascino di questo racconto aumenta se si scorrono le diverse posizioni che i due candidati hanno mostrato durante la campagna elettorale.
Dopo due interi mandati sotto la guida di George Bush, l’America decise di cambiare completamente rotta, eleggendo il primo Presidente di colore della Nazione, Barack Obama. Le congiunture storiche che hanno portato alla storia recente degli Stati Uniti d’America partono proprio dalla sfida fra Al Gore e George W. Bush.
L’America avrebbe vissuto un futuro molto diverso da quello che si è effettivamente realizzato?