Il 25 giugno 2015, la Commissione Europea, assieme alla BCE e al Fondo Monetario Internazionale, proposero un nuovo piano per risolvere la crisi economica in Grecia.
Considerate assieme, le tre istituzioni rappresentano la Troika, l’insieme dei creditori ufficiali durante le negoziazioni con i paesi.
Il 27 giugno Alexis Tsipras, Primo ministro greco, ha annunciato l’indizione di un referendum in data 5 Luglio, chiedendo al popolo del suo paese se accettare o meno il piano d’aiuti. Mossa criticata dall’allora Presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, dichiarando che la Grecia ha distrutto lo slancio per trovare un accordo con la decisione di indire una consultazione. Il piano, infatti, non prevedeva solamente misure di austerità per far ridurre il debito, ma anche investimenti per far aumentare l’occupazione e la crescita economica.
Al referendum consultivo, diversamente dalle previsioni dei sondaggi, vinse il NO alle condizioni dell’accordo con i creditori. Il diniego ottenne il 61,3% delle preferenze, mentre il Sì ha conquistò solamente il 31,7%.
I cittadini greci, nonostante un nuovo programma di sostegno finanziario, respinsero il piano.
Lo stesso Tsipras invitava i cittadini a votare per il no, nella speranza di poter trovare un nuovo accordo in meno di 48 ore dallo svolgimento della tornata referendaria.
La Grecia, però, stava affrontando una crisi di liquidità finanziaria. Le banche furono chiuse, limitando il prelievo agli sportelli. Il 12 luglio 2015 l’esecutivo di Tsipras, per scongiurare l’uscita dall’Eurozona, accettò l’accordo con le istituzioni. Il leader greco riuscì a ottenere successivamente l’approvazione in Parlamento solamente grazie alle opposizioni pro-eurozona.