Dopo lo Tsunami Beppe Grillo è tempo di tirare le somme. Le elezioni della scorsa settimana hanno infatti visto un solo, inaspettato, grande vincitore: il Movimento 5 Stelle.
[ad]Tutti gli altri, sconfitti: soprattutto il Partito Democratico, già pronto a spartirsi i posti di potere e i ministeri. “Siamo arrivati primi” – dice Bersani – “ma non abbiamo vinto”. Che equivale a dire che una squadra di calcio fa più punti di tutti in campionato ma alla fine non vince lo scudetto. Paradossalmente, i Democratici conseguirono un risultato più lusinghiero perfino nel 2008, anno del terzo trionfo berlusconiano, quando alla Camera il partito allora guidato da Veltroni ottenne il 33, 4 %, quasi otto punti in più rispetto ad oggi.
Ciò indica che solamente il 60% di chi votò Pd nel 2008 ha confermato la propria tendenza nel 2013. Le cause sono molteplici e dovrebbero spingere, al più presto, la dirigenza ad interrogarsi sui motivi di questa débacle.
Con umiltà qualche possibile motivazione ci permettiamo di suggerirla da qui:
– campagna elettorale completamente sbagliata, senza mordente, senza un’idea forte, portante, (ad es. l’Imu per Berlusconi) su cui poggiare l’intero programma, a meno che l’idea cardine non fosse “lo smacchiamento del giaguaro”;
– nessun accenno alla riduzione dei costi della politica, tema sensibilissimo agli occhi dell’opinione pubblica;
– leadership bersaniana, seppur largamente legittimata dalla vittoria alle primarie, del tutto inadeguata perché priva di carisma e della capacità di indicare un orizzonte.
Si sa, col senno del poi sono tutti bravi, ma è bene ripeterlo lo stesso: con Renzi in campo sarebbe stata tutta un’altra musica. Ma se Atene piange Sparta non ride. In questi giorni si è molto parlato della rimonta effettuata dal centrodestra e quindi da Berlusconi in persona. È così vero? la coalizione Pdl-Lega Nord e “cespugli”, alla Camera, non ha affatto preso molti voti in più di quanti gliene erano assegnati dai sondaggi delle ultime settimane.
Nello specifico, è arrivata al 30% dei voti, a fronte del 47% raggiunto nel 2008. Ossia ha perso diciassette punti percentuali in cinque anni. Precisamente, il Pdl ha perso quasi 6 milioni di voti, mentre la Lega ha addirittura dimezzato il suo bacino elettorale. Come questo risultato possa essere considerato – come ha detto Alfano – uno “straordinario risultato del Presidente Berlusconi, che ringraziamo con tutto il cuore” è difficile da comprendere.
Da quanto scritto sopra, si evince la capacità del M5S di essere trasversale, di intercettare e accentrare su di sé consensi anche molto diversi ed eterogenei tra loro. “Non siamo né destra, né sinistra, siamo oltre” è una delle celebri frasi di Grillo.
Sono infatti ben 16 milioni i voti che hanno subìto uno spostamento in queste elezioni, secondo la ricerca condotta da Renato Mannheimer sul Corriere della Sera, in larga parte per confluire sul movimento di Beppe Grillo, il quale ha pescato massicciamente anche nell’astensione e nel voto “della prima volta”.
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[ad]Si può dunque notare come il Movimento 5 Stelle abbia fatto breccia nel cuore dei delusi e dei rassegnati, che hanno trovato un valvola di sfogo contro la casta, così come dei più giovani, attratti dalle idee dirette e semplici (forse semplicistiche) e dalla diffusione via internet. Sotto questo aspetto si può dunque comprendere come moltissimi elettori abbiano trovato in Beppe Grillo l’unica alternativa a quello che hanno rifiutato da tempo o che hanno cominciato a rifiutare di recente, ovvero la politica dei soliti noti e delle solite promesse, dette nel solito politichese.
Bisognerà ora vedere come gli eletti del Movimento giranno in Parlamento, se decideranno di appoggiare un eventuale Governo Bersani, che porti avanti poche leggi fondamentali a loro care (cosa difficile), oppure se punteranno a fare il pieno di voti alle prossime elezioni, rischiando però di giocare allo sfascio.
Ma questa è un’altra storia, e, per ora, nessuno può sapere se avrà un lieto fine.
Alessandro Genovesi