Il PD è in un “cul de sac”

Pubblicato il 5 Marzo 2013 alle 16:12 Autore: Gianluca Borrelli

[ad]Il terzo motivo è il più grave e serio. Il PD non può permettersi nuove elezioni, non può permettersi una legge sulla corruzione, non può permettersi tagli di spesa come quello che Monti voleva per le province, ma in generale non si può permettere nessun taglio alla spesa. Questo ovviamente non vale solo per il PD ma anche per il PDL, ed è una delle ragioni per le quali fa presa nell’immaginario collettivo il “PDL e PD-L” di Grillo. Da questo punto di vista i due partiti sono assolutamente uguali.

Perché? Ma come perché, per via dell’apparato partitico che ha. Il PD distribuisce potere. Il PD come una grande mamma, come una grande tribù non permette che nessuno dei suoi non eletti non abbia qualcosa da fare. A quelli che sono stati qualcuno garantisce anche un potere, seppure piccolo, del quale godere.

“To get your fair share of abuse”. La natura umana prevede che chi ha un potere tenda ad abusarne, è quasi un difetto di fabbrica dell’umanità in senso lato. Chi ha avuto un potere non riesce più a vivere senza averne almeno un pò, è come fare crescere i piedi prendendo dosi eccessive di ormone della crescita per anni per poi costringere quella persona a indossare le stesse scarpe che indossava prima. Non ce la potrebbe mai fare e soffrirebbe troppo.

Per questo i grossi partiti di massa hanno creato negli anni enti inutili, hanno foraggiato spese pubbliche inutili e dannose, solo per poter dare ai propri rappresentanti un potere di cui abusare. Attenzione qui non si parla dell’ambizione sana, che è una naturale fonte di motivazione personale, qui si parla del fatto che ci sono persone senza attitudine e capacità alcuna che occupano posizioni di potere senza dare alcun contributo e che non vogliono assolutamente farsi da parte. Quindi non si condanna assolutamente l’ambizione di chi partecipa alla vita pubblica, si condanna il fatto che queste persone non portano alcun valore aggiunto alla collettività ma anzi sono spesso un danno.

Con questo potere si è dato un “posto” clientelare a tanta gente, che è vero che sta lì a fare nulla, ma ora che potrebbe mai fare?  Eliminarli? Costringere loro a fare qualcosa di utile? Non c’è nessuno al mondo più disposto a tutto di chi ha in mano qualcosa che non meritava di avere. Anche chi ha avuto una pensione baby o una pensione retributiva anziché contributiva definisce allo stesso modo come “diritto acquisito” un privilegio, un prendere soldi che non si è guadagnato o meritato per tutta la vita, vita che si allunga sempre di più pesando coi suoi conti sulle generazioni successive, mangiando i propri figli esattamente come il Crono della mitologia greca. Questo genere di persone, chi gode di privilegi senza meritarli e sa che senza di essi si spalancherebbe un baratro personale, sarà disposto a tutto, a uccidere bruciare distruggere. Questo “ventre molle della vacca” creato da decenni di clientelismo si ribellerebbe e sarebbe infinitamente più feroce e violento di qualsiasi altra protesta. Sono come cellule di cancro, e si sa che il cancro, a meno di pesanti tagli dall’esterno, vince quasi sempre sulle cellule sane.

Di questo cancro della società gli apparati di partito ne sono garanti, basti leggere questa notizia. Il Partito non abbandona mai i suoi, il Partito non deve fare gli interessi della nazione, il Partito fa gli interessi dei suoi affiliati, li protegge, gli dà da mangiare, gli dà un potere, anche piccolo, da esercitare e di cui abusare almeno un po’ per essere felici, come da difetto di fabbrica dell’umanità (ricordate il detto “il potere logora chi non ce l’ha”? Quell’uomo lì avrà avuto tutti i difetti di questo mondo ma ci vedeva lungo).

Le scorse primarie sono la dimostrazione di questo potere dell’Apparato.

E’ abbastanza irritante che anche alcuni importanti commentatori come Ezio Mauro continuino a dire che da parte di Bersani ci sia stata una apertura generosa nel permettere a Renzi di candidarsi. Quella apertura era obbligata altrimenti avrebbe costretto Renzi ad uscire dal partito e candidarsi come Vendola e Tabacci, con la sola differenza che con sé si sarebbe portato una fetta importante del PD e non avrebbe portato più voti alla coalizione come gli altri due citati. Né era pensabile chiudere la competizione a un duello tra Bersani e Vendola perché chi ha fatto la strategia di Bersani sapeva chiaramente che in questo modo sarebbero stati troppo sfacciati e ci sarebbero state scissioni.

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L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
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