Il PD è in un “cul de sac” e ci è finito da solo. La colpa non è solo della classe dirigente ma anche del suo popolo, il famoso popolo delle primarie.
[ad]Per anni si è pensato (ed ho pensato anche io a dire il vero) che la classe dirigente della sinistra fosse peggiore della base elettorale militante che la sottendeva. In questi mesi è venuto fuori a chiare lettere che non è cosi. Sono uguali, stessi pregi e stessi difetti. Badate bene questo vale per tutti i partiti, non c’è un tentativo di criticare qualcuno e di salvare qualcun altro e meno che meno si ha l’intenzione, tipica dei partiti arruffapopolo, di dare la colpa a “qualcun altro” assolvendo il corpo elettorale da qualunque responsabilità derivante dalle proprie scelte.
Quando Gasparri ripeteva fino alla nausea il mantra “Berlusconi è stato votato, gli italiani sapevano delle accuse rivoltegli dalla magistratura inquirente, sapevano del suo conflitto di interesse, quindi se lo hanno votato vuol dire che agli italiani non importa e la sovranità appartiene solo al popolo” diceva qualcosa di sbagliato non perché la sovranità non appartenga al popolo, ma perché le sentenze giudiziarie non le può emettere il popolo attraverso un voto.
L’idea poi che il sovrano (eletto dal popolo o no) sia “legibus solutus” (ovvero al di sopra della legge, quindi “più uguale degli altri” come lo stesso Berlusconi si auto-definì all’epoca) è una concezione medievale della politica e del potere. Il problema è che questa concezione medievale della politica ce l’hanno molti italiani, che trovano la cosa assolutamente normale e che anzi secondo un sondaggio di qualche anno fa se potessero voterebbero Berlusconi re d’Italia, probabilmente anche oggi. Molti altri invece non farebbero una piega, anzi forse ne sarebbero felici, se ci fosse una ipotetica (e irrealistica) dittatura Grillo-Casaleggio che facesse votare in rete per il colore della bandiera ma che poi comandasse su quello che conta. Così come a sinistra ci sono moltissimi che appoggerebbero la classe dirigente del PD qualunque cosa facesse, dimostrando una totale assenza di spirito critico (quelli che Guareschi chiamava “trinariciuti”).
Questo per dire che alla fine piace al “popolo” dare la colpa ad altri se le cose vanno male, senza capire che con la democrazia, e più ancora con un sistema di informazione che non è mai stato più plurale e più diffuso, esso è responsabile di ciò che accade. Il problema di questi tempi è l’eccesso di informazione, non l’occultamento della stessa. Basti andare su un qualsiasi social network per vedere girare tutte le notizie possibili in tutto lo spettro di verità, dalle panzane più assurde alle verità più scomode, solo che il “popolo” evidentemente non riesce a distinguerle e vota per partito preso o per pregiudizio, ripetendo sempre gli stessi errori.
Fatta questa lunga premessa si torna al tema del giorno: la crisi politica italiana.
Grazie a questo risultato elettorale e ad una legge elettorale pessima, che dà il premio di maggioranza di 340 deputati alla Camera a una coalizione che ha vinto con solo il 29,7% dei voti e al Senato crea un risultato “balcanizzato” dal premio di maggioranza su base regionale, il PD ha in mano il pallino del gioco avendo la maggioranza in almeno una delle due camere, ma non ha i numeri per governare da solo.
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[ad]Le opzioni sono poche, quella paventata alla vigilia di alleanza con Monti non basta, non ci sono numeri sufficienti. L’alleanza tra tutti i partiti (o quasi) come nel novembre 2011, quando Monti ha avuto la fiducia, è da escludere. Restano come opzioni un governo di scopo PD-M5S (magari con appoggio esterno e voto positivo solo su alcune tematiche), e il “governissimo” PD-PDL.
Monti sembra che in questo primo scenario sia completamente ignorato e fuori gioco, lo stesso D’Alema (vero dominus del PD) ha detto chiaramente che secondo lui il PD non deve rivolgersi a Monti, vedremo poi perché.
Il primo di questi due casi è molto improbabile perché al M5S non conviene nella maniera più assoluta. Se il PDL e il PDmenoL (come li chiama lui non avendo tutti i torti) facessero questo governo la base elettorale del PD si rivolterebbe per un po’ ma poi tanto tornerebbe a votare il proprio partito per questioni di identitarismo e appartenenza (i famosi “trinariciuti” di cui sopra). A dimostrare l’assunto basti pensare che D’Alema aveva detto che bisognava fare l’alleanza PD-PDL , poi vista l’iniziale indignazione del “popolo della sinistra” ha ritrattato qui. Ma vedrete che poi la faranno lo stesso e quegli elettori che ora riempiono la bacheca di insulti verso D’Alema torneranno a giustificare l’impossibile, come sempre…
La minaccia di Bersani di tornare subito al voto se il M5S non farà la sua parte è una minaccia di cartone, per almeno tre buoni motivi.
Il primo è che Napolitano non può sciogliere le camere appena elette essendo nel suo “semestre bianco”, quindi le camere dovrebbero essere sciolte dopo l’elezione di un altro Presidente della Repubblica, il che porterebbe a perdere dei mesi in cui l’Italia sarebbe completamente senza governo. Qualcuno dirà che “non possiamo permettercelo in questo periodo di crisi” e a chi si oppone verrà forzata, inevitabilmente, la mano.
Il secondo è che chi è stato eletto non vorrà andarsene a casa: “hic manebimus optime”. Quindi spingeranno tutti verso la creazione di un governo, qualunque esso sia, e per quasi tutti se fosse PD-PDL sarebbe meglio.
Come dite? Non si potrebbe più fare la legge sul conflitto di interesse? Certo che non si potrebbe, il PDL minaccerebbe la caduta del governo ed il ritorno alle urne immediato con lo spauracchio del M5S al 50%. Così come non si potrebbe fare alcuna legge sulla corruzione, che il PDL non vuole a qualunque costo, così come non si potrebbe fare nessuna di tutte le leggi che Bersani ha proposto al M5S perché il PDL è ferocemente contrario ad ognuna di esse. E se quelli del PD fanno il governo PD-PDL non possono permettersi di contrariare il loro alleato.
Non sarebbe grave per il PD in fondo, quella stessa classe dirigente che gestisce e governa il centrosinistra italiano ha già promesso queste cose per ben 5 campagne elettorali, senza mai fare assolutamente nulla. Fatto 30 si fa 31 e non manterranno la promessa ancora una volta senza che il grosso degli elettori “trinariciuti” batta ciglio. Lo “zoccolo duro” li ha votati finora e continuerà a farlo, come spiegato prima. Questi sono gli elettori italiani, anche Ricolfi su La Stampa ne parla, gli elettori del centrosinistra perdonano qualsiasi cosa o quasi, ecco perché non imparano mai dai propri errori.
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[ad]Il terzo motivo è il più grave e serio. Il PD non può permettersi nuove elezioni, non può permettersi una legge sulla corruzione, non può permettersi tagli di spesa come quello che Monti voleva per le province, ma in generale non si può permettere nessun taglio alla spesa. Questo ovviamente non vale solo per il PD ma anche per il PDL, ed è una delle ragioni per le quali fa presa nell’immaginario collettivo il “PDL e PD-L” di Grillo. Da questo punto di vista i due partiti sono assolutamente uguali.
Perché? Ma come perché, per via dell’apparato partitico che ha. Il PD distribuisce potere. Il PD come una grande mamma, come una grande tribù non permette che nessuno dei suoi non eletti non abbia qualcosa da fare. A quelli che sono stati qualcuno garantisce anche un potere, seppure piccolo, del quale godere.
“To get your fair share of abuse”. La natura umana prevede che chi ha un potere tenda ad abusarne, è quasi un difetto di fabbrica dell’umanità in senso lato. Chi ha avuto un potere non riesce più a vivere senza averne almeno un pò, è come fare crescere i piedi prendendo dosi eccessive di ormone della crescita per anni per poi costringere quella persona a indossare le stesse scarpe che indossava prima. Non ce la potrebbe mai fare e soffrirebbe troppo.
Per questo i grossi partiti di massa hanno creato negli anni enti inutili, hanno foraggiato spese pubbliche inutili e dannose, solo per poter dare ai propri rappresentanti un potere di cui abusare. Attenzione qui non si parla dell’ambizione sana, che è una naturale fonte di motivazione personale, qui si parla del fatto che ci sono persone senza attitudine e capacità alcuna che occupano posizioni di potere senza dare alcun contributo e che non vogliono assolutamente farsi da parte. Quindi non si condanna assolutamente l’ambizione di chi partecipa alla vita pubblica, si condanna il fatto che queste persone non portano alcun valore aggiunto alla collettività ma anzi sono spesso un danno.
Con questo potere si è dato un “posto” clientelare a tanta gente, che è vero che sta lì a fare nulla, ma ora che potrebbe mai fare? Eliminarli? Costringere loro a fare qualcosa di utile? Non c’è nessuno al mondo più disposto a tutto di chi ha in mano qualcosa che non meritava di avere. Anche chi ha avuto una pensione baby o una pensione retributiva anziché contributiva definisce allo stesso modo come “diritto acquisito” un privilegio, un prendere soldi che non si è guadagnato o meritato per tutta la vita, vita che si allunga sempre di più pesando coi suoi conti sulle generazioni successive, mangiando i propri figli esattamente come il Crono della mitologia greca. Questo genere di persone, chi gode di privilegi senza meritarli e sa che senza di essi si spalancherebbe un baratro personale, sarà disposto a tutto, a uccidere bruciare distruggere. Questo “ventre molle della vacca” creato da decenni di clientelismo si ribellerebbe e sarebbe infinitamente più feroce e violento di qualsiasi altra protesta. Sono come cellule di cancro, e si sa che il cancro, a meno di pesanti tagli dall’esterno, vince quasi sempre sulle cellule sane.
Di questo cancro della società gli apparati di partito ne sono garanti, basti leggere questa notizia. Il Partito non abbandona mai i suoi, il Partito non deve fare gli interessi della nazione, il Partito fa gli interessi dei suoi affiliati, li protegge, gli dà da mangiare, gli dà un potere, anche piccolo, da esercitare e di cui abusare almeno un po’ per essere felici, come da difetto di fabbrica dell’umanità (ricordate il detto “il potere logora chi non ce l’ha”? Quell’uomo lì avrà avuto tutti i difetti di questo mondo ma ci vedeva lungo).
Le scorse primarie sono la dimostrazione di questo potere dell’Apparato.
E’ abbastanza irritante che anche alcuni importanti commentatori come Ezio Mauro continuino a dire che da parte di Bersani ci sia stata una apertura generosa nel permettere a Renzi di candidarsi. Quella apertura era obbligata altrimenti avrebbe costretto Renzi ad uscire dal partito e candidarsi come Vendola e Tabacci, con la sola differenza che con sé si sarebbe portato una fetta importante del PD e non avrebbe portato più voti alla coalizione come gli altri due citati. Né era pensabile chiudere la competizione a un duello tra Bersani e Vendola perché chi ha fatto la strategia di Bersani sapeva chiaramente che in questo modo sarebbero stati troppo sfacciati e ci sarebbero state scissioni.
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[ad]Bisognava quindi permettere a Renzi di candidarsi col PD, lasciando che anche altri partiti ovviamente partecipassero alle primarie di coalizione, magari un centrista (Tabacci) e possibilmente una donna, che fa tanto politically correct, come la Puppato, che, come la nostra Teresa Cardona notò, apparve come una candidatura che non sembrava essere quella delle donne del PD, bensì la candidatura di una donna che si era trovata lì ed aveva colto una opportunità di inserirsi nella contesa portando un tocco “rosa” ma senza portare altro nella sostanza che la sua identità di genere.
Tutto questo diversificare l’offerta serviva appunto a rendere la competizione inclusiva per farla essere un successo, ma ben presto gli strategist di Bersani gli fecero notare che se l’affluenza alle urne delle primarie fosse stata troppo alta (tipo oltre i 4 milioni come con Prodi nel 2005) ci sarebbe stato il rischio che al primo turno vincesse Renzi.
Per blindare il risultato servivano quindi 2 cose:
1) Il doppio turno, in modo da convogliare nel secondo turno i voti di Vendola verso Bersani.
2) Una serie di regole che impedissero la partecipazione a chiunque non fosse militante o non si riconoscesse identitariamente nel PD.
Per realizzare il punto 2) servivano regole bizantine, una distribuzione “intelligente” dei seggi – in modo da creare code lunghe in determinate zone. Solo quelli che davvero si sentivano di sinistra ed erano motivatissimi dovevano andare a votare.
Come spiegare altrimenti il fatto che l’albo di chi andava a votare per le primarie dovesse essere reso pubblico? Una violazione della privacy talmente grossa e incostituzionale, oltre ad essere autolesionista, da avere un solo scopo: cercare di fare andare a votare solo chi si identificava da sempre con la coalizione di centrosinistra al punto da fare lunghe file e permettere che il suo nome, come sottoscrittore della mozione Italia Bene Comune e come elettore del centrosinistra, potesse essere pubblico senza violazione di alcuna privacy. Se uno è già militante da una vita che problemi ha a fare pubblicare il suo nome? (un po’ darebbe fastidio comunque a molti, ma quello che si cercava di ottenere era scoraggiare fortemente il voto di chi non era un elettore di sinistra ma che magari questa volta guardava con interesse queste primarie.
Il fatto poi che si dovessero mettere un sacco di firme e che le operazioni di voto fossero così farraginose ha fatto vergognare più di un militante, ma la scelta da forzare era quella identitaria, ovvero di Bersani contro Renzi. Bisognava fare vincere a qualsiasi costo chi portava il “profumo di sinistra”.
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[ad]Questo profumo è notoriamente molto sgradito alla maggioranza degli italiani, ma il vecchio apparato ha visto la concorrenza a terra, divisa e debole ed ha pensato che poteva essere la grande occasione per prendersi una rivincita personale contro il nemico di sempre. Non ha pensato all’Italia, infatti il messaggio politico è tuttora estremamente confuso. L’unica cosa che ricordo è che Bersani ha proposto di dare la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati nati in Italia. Tema molto identitario e di sinistra. Chi gli ha detto che così facendo vinceva le elezioni ha fatto male i calcoli. Per il resto ricordo l’ennesimo “faremo la legge sul conflitto di interessi” e altre cose che hanno avuto occasione di fare in passato ma che non hanno mai davvero voluto fare.
Il sigillo finale alla forzatura delle primarie venne dal comitato dei garanti. Un comitato nominato da 3 partiti, 2 dei quali coi rispettivi capi candidati ed un terzo che non vedeva nessun candidato in lista ma appoggiava uno dei 2. Quindi pur essendo la contesa tra candidati i garanti garantivano i partiti, per cui garantivano il segretario di partito appoggiato al secondo turno da tutti i partiti di IBC. Scandalosa la delibera 26 del 29 novembre fatta all’unanimità per impedire che altra gente si presentasse a votare al secondo turno per Renzi. Tutta quella gente che doveva portare una giustificazione per poi essere anche respinta senza motivo per una regola creata ad hoc “manu militari” da questo sedicente comitato dei garanti (ma nei fatti garanti solo della candidatura dell’apparato) ha risvegliato il sospetto di metodi sovietici di una sinistra che ha perso il pelo ma non il vizio. Ridicolo Luigi Berlinguer nelle sue giravolte, prima disse che potevano votare tutti poi si mangiò la parola. Anche Carlo Verdone fu respinto e accennò all’apparato.
La presa in giro delle primarie (che – va detto – avrebbero probabilmente visto vincente Bersani in ogni caso) è stata descritta bene anche da Cristiana Alicata qui. Tutto questo affannarsi a manipolare in maniera chirurgica il risultato è stato non solo inutile ma anche dannoso. Inutile perché mi è capitato di vedere come i “tifosi” di sinistra sui social network dessero la caccia ai renziani insultandoli e prendendoli in giro: “traditori”, “infiltrati”, “untori”, “berluschini” ecc… infuriati per i 20 punti di Renzi al punto da scatenare una vera e propria caccia all’uomo da parte dei più fanatici ai quali io ho risposto per giorni “bravi continuate così, ci vediamo alle elezioni…”
Non solo i 20 punti che fanno la differenza tra “noi” e “loro” ma anche una diversità generazionale, come ha candidamente ammesso pure Michele Serra su Repubblica.
Delle primarie per scegliere i parlamentari nemmeno ne parlo, visto che furono tenute incredibilmente sotto capodanno (non ce ne era bisogno si potevano fare anche 2 settimane dopo permettendo anche un po’ di campagna elettorale vera ai candidati), in 2 giorni, in una confusione incredibile nella quale non si capiva se i candidati che votavi sarebbero stati messi in lista eventualmente alla Camera o al Senato, e senza sapere dove e quanti sarebbero stati quelli “catapultati”, nei primi posti dei listini, dalla segreteria.
Il conflitto generazionale è l’elemento che probabilmente diventerà il più interessante di qui a breve: il PD è un partito nato vecchio e per vecchi che difende insieme al sindacato gli interessi e i privilegi dei vecchi a discapito inevitabilmente delle nuove generazioni.
Le parole sui giovani sono tutte parole di circostanza. Quando si vogliono mantenere le tutele anacronistiche dei tutelati e dei privilegiati, quando si vuole continuare a fare andare in pensione la gente a 57 anni sapendo che oramai in media si campa fino quasi a 90, senza toccare i privilegi di chi prende soldi che non ha mai messo da parte, soldi grazie al lavoro dei giovani di adesso, che questi ultimi non vedranno mai, è inevitabile che il conflitto generazionale inizi a farsi strada.
Il PD in questo momento è il partito della conservazione, della stagnazione, della staticità, in un momento in cui ci vorrebbe coraggio e dinamicità (e anche tanta fortuna). Per questi motivi è difficile credere che alla fine il PD non faccia l’alleanza col PDL sperando di sopravvivere altri 5 anni sfruttando fino all’ultima goccia di potere, mangiando fino all’ultima mollica di pane, e poi chi vivrà vedrà…
Le soluzioni in teoria ci sarebbero anche, e il PD potrebbe smentirmi (cosa che spero per il bene del paese) eleggendo subito un nuovo Presidente della Repubblica e facendo sciogliere le camere in modo da votare a giugno 2013. Non ci resta che aspettare e vedere quello che succederà.