Curiosamente finora nessun commentatore ha evidenziatole analogie tra il più antico dei partiti italiani, il Partito Radicale, e il più nuovo, il Movimento 5 Stelle.
Eppure credo che questo raffronto potrebbe darci qualche utile chiave di lettura per il presente.
La prima analogia credo la si possa trovare nel modo di far politica per punti e per tematiche, più che su proposte globali alla società. Se ad esempio per i radicali furono fondanti le battaglie politiche su aborto e divorzio poi sulla giustizia con il caso Tortora e ora sull’amnistia, i grillini mettono al centro della loro azione politica il reddito di cittadinanza, i costi della politica e le nuove tecnologie. Ed e’ anche nelle tematiche stesse che risulta evidente la sovrapposizione, a partire dalla polemica di Grillo contro la casta che riecheggia parecchio le battaglie pannelliane contro la partitocrazia, cosi’ come non si può non vedere una somiglianza nell’esaltazione della democrazia diretta attraverso l’uso dello strumento referendario, continuamente vagheggiato dai grillini, sapientemente usato dai radicali per tutti gli anni 90 dove peraltro colsero uno dei maggiori succesi su una tematica principe per il movimento di Beppe Grillo: i finanziamenti pubblici ai partiti.
Insomma temi chiari e assolutamente trasversali che fanno presa su un elettorato fondamentalmente de-ideologizzato come quello italiano
Un’altra interessante analogia lo si puo’ trovare nell’uso spinto delle nuove tecnologie da parte di ambo i movimenti fino a quasi identificare il mezzo col partito.
Infatti ciò che e’ la rete per Grillo, la radio e’ per Pannella, una radio peraltro usata in maniera assolutamente simile a un blog – lunghe interviste al leader quasi senza contraddittorio e microfoni aperti al pubblico senza alcuna moderazione già negli anni 80 – e significativamente rimasta l’unica entità della galassia radicale ad appellarsi di quel titolo – Radio Radicale appunto – mentre liste elettorali e associazioni hanno perso l’aggettivo Radicale ormai da tempo.
Anche la struttura gerarchica dei due partiti presenta interessanti analogie: in entrambi i casi il leader non e’ un segretario formale del movimento, ma si limita a indirizzarlo da posizioni terze, esercitando una leadership sostanziale anche se non formale.
Certo mentre l’elettorato radicale può essere considerato una nicchia iper-politicizzata, quello grillino al momento appare sostanzialmente informe quanto trasversale, tuttavia entrambi hanno massimizzato il loro risultato elettorale catalizzando il voto degli scontenti del centrosinistra. Lo fecero i radicali nel 1999 alle Europee dove presero l’8% apparendo come ottimo bersaglio per lanciare un segnale al governo D’Alema, lo fa adesso Grillo capitalizzando le insoddisfazioni degli elettori per le troppo timide proposte di rinnovamento del PD.
Date queste premesse c’è da chiedersi quale possa essere il destino del Movimento 5 Stelle.
A conti fatti, a fronte di un consenso minimo ma costante, il Partito Radicale ha fornito continuamente esponenti alla classe dirigente politica italiana, dai Rutelli agli Elio Vito, dai Taradash ai Capezzone, dagli Stracquadanio ai Della Vedova, in onore di una trasversalità che magari manca tra gli elettori ma sicuramente affligge gli eletti.
Certo il Movimento appena nato ha raggiunto dimensioni che solo pochi partiti italiani hanno raggiunto nella storia, ma il fatto di mancare assolutamente di quadri intermedi e di strutture organizzative unitamente alla gestione leaderistica del movimento puo’ forse nel breve-medio termine portare a simili diaspore, di cui si sono visti gia’ alcuni esempi. Ovviamente qualora il partito si consolidasse e strutturasse arrivando a una dialettica interna queste difficoltà potrebbero essere ovviate.
Ma a quel punto il Movimento 5 Stelle, per come l’abbiamo conosciuto finora, sarebbe scomparso