Niet, no, nine, nie, nao. Grillo lo ha detto praticamente in tutte le lingue del mondo. Non ha intenzione di fare alleanze con nessuno né tantomeno dare la fiducia a governissimi, governi di scopo, minoranza, tecnici e quanto altro. La strategia è chiara. Andare subito alle elezioni e capitalizzare l’onda di successo che avvolge e permea il Movimento Cinque Stelle. Oppure, meglio ancora, spingere ad un accordo Pd Pdl per continuare a rimarcare la differenza tra loro e noi. Una chiara linea politica, sì politica perché è di questo che stiamo parlando nonostante adesso questa parola abbia assunto una valenza negativa ai più. Un disegno elementare con obiettivi ben precisi. Eppure, in tutto questo tourbillon di blandizie, nequizie, insulti vari ci si dimentica che prima di ogni altra cosa è necessario e obbligatorio fare i conti con l’oste. Che non c’entra niente con le elezioni di capigruppo, partiti e/o movimenti, leader carismatici, capi di Stato.
[ad] Bensì con qualcosa di immateriale ma ben presente, se mai qualcuno se ne fosse dimenticato, nelle nostre vite: la crisi economica che ormai da anni imperversa in Italia e nel mondo. Ebbene, nel piano cinico ma efficace di Grillo sembra esserci una falla. Andare subito al voto, distruggere tutto dicendo sempre e solo no alla fine può risultare contro producente. Primo perché gli speculatori finanziari sono sempre in agguato, secondo perché spread e Btp si alzerebbero, terzo perché gestire un Paese non è come gestire un blog. Se c’è un default (finanziario) non basta riavviare il server. E Grillo questo lo deve tenere da conto. Ha avuto per meriti personali e demeriti altrui la forza, la possibilità e la volontà di costruire qualcosa di diverso e nuovo, il Movimento 5 Stelle. Ora finalmente è riuscito ad arrivare in Parlamento, cabina di regia dove poter cominciare a ricostruire l’Italia liberandola da anni di nefandezze compiute da quella negligente classe politica a cui buona parte degli italiani ha voltato le spalle. Per questo il leader e non più comico Grillo farebbe bene ad accantonare il no e aprire invece le porte al dialogo costruttivo. Se lo facesse l’Italia ne guadagnerebbe e gli sarebbe grata, in caso contrario rischierebbe di offuscare quanto di buono fatto finora per ottenere solo un pugno di voti in più.