Reinhard Marx è l’esempio lampante di come il detto “Nomen Omen”, ovvero il nome, sia un presagio nel senso etimologico del termine, cioè presentimento.
[ad]Quando parliamo di Economia e Vaticano pensiamo allo IOR l’Istituto Opere di Religione istituto privato creato nel 1942 da Pio XII erroneamente considerata la Banca Centrale Vaticana che invece svolge l’amministrazione del Patrimonio del Vaticano (cit. Wikipedia). In realtà IOR nel pensiero comune ormai è memore di connessioni con soldi e scandali, interessi particolari e tutto quello che è uscito dalle cronache recenti. In fin dei conti in Vaticano si sviluppa la vita e le decisioni dell’uomo più influente del mondo dal punto di vista religioso e spirituale, amato o odiato, viene comunque considerato. Sarebbe grave se in tale ambito non si parlasse di economia, visto che influenza la vita, le scelte e il futuro di 7 miliardi di persone.
Il Cardinale Marx ha questa strana omonimia che sembra quasi una predestinazione: classe 1953 in Renania Settentrionale-Vestfalia quel pezzo di Germania che confina con Belgio e Paesi Bassi, a 26 anni diventa presbitero, a 35 consegue un dottorato in teologia, vescovo a 46, arcivescovo a 54 e nel 2010 diventa Cardinale. Oggi ha 60 anni, tra i più giovani Cardinali che entreranno in Conclave, dopo l’abdicazione (e non dimissioni, perché il Vaticano è un monarchia assoluta elettiva e non una Repubblica) di Benedetto XVI.
Sembra che tale porporato abbia la passione dell’economia, la studi e la interpreti in una declinazione diversa da tutte quelle che sono state concettualizzate dalla storia: una terza via tra liberismo e socialismo.
Il suo omonimo Karl Marx è conosciuto ai molti come sinonimo di Comunismo e immediatamente associato ai disastri e alla disperazione che quell’ideologia ha creato nel mondo. Ci si dimentica che era anche un economista le cui parole furono usate più come scusa per costruire un’ideologia tra una popolazione con livelli culturali da scuole elementari di oggi (con tutto rispetto per i bambini). Karl viene riletto dagli economisti più liberisti, di certo da finanzieri e personaggi famosi alla platea mediatica dell’economia. Tutto questo perché, nel bel mezzo della crisi finanziaria qualcuno ha capito che Marx aveva previsto questo collasso e aveva chiaramente parlato di autoreferenzialità del Capitale, per dirla in parole povere: i soldi si riferiscono a sé stessi, ovvero il denaro diventa oggetto del fare denaro, nel mondo finanziario è un modo per definire i prodotti derivati. Riletto con gli occhi più colti e vissuti del XXI secolo, tutto questo sa di presagio, nel senso negativo del termine però.
Si eviti l’idea di riabilitare il Socialismo, l’economia non si deve preoccupare dei sistemi politici, ma di aspetti per certi versi più legati alla società in generale, la politica poi, se vuole, interpreta, ma attualmente sembra ancora preoccupata di dimostrare a se stessa che i sistemi sono ancora due e non riconosce la crisi antropologica sottostante questa Grande Crisi che sta facendo virare l’attenzione sulla componente Umana del Mercato Finanziario: banchieri corrotti, mercati drogati da operatività che ragiona sui millesimi di secondo, interessi in conflitto e falchi senza scrupoli; addirittura si vocifera che alcune banche americane assumano ai piani alti del settore decisionale sui mercati qualcuno con seri problemi relazionali, casi patologici, pronti a prendere decisioni senza scrupoli per non farsi influenzare dalle emozioni, delle macchine insomma.
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Reinhard sembra considerare la previsione di Karl, ma applica una correzione al suo pensiero: gli concede l’onore di aver previsto l’inevitabilità della crisi del capitalismo, ma la mancanza di una ispirazione spirituale tendeva a risolvere tutto con la rivoluzione: una virata che per certi versi prende per le corna la paura di molti economisti moderni: la replica della fine della Grande Depressione quando Franklin Delano Roosvelt, impotente di fronte alla soluzione del problema ebbe la “fortuna” di ritenere importante l’entrata nella Seconda Guerra Mondiale degli USA e da lì ottenne un Paese con una grande crescita economica spinta dall’industria militare, dando lavoro alle mogli dei soldati e a un’intera Nazione. Molti pensano che da questa Crisi possano nascere nazionalismi, difficoltà di mediazione e di sintesi nel comparto politico mondiale.
[ad]Il pensiero di Reinhard dà una sferzata spirituale a quello Marxista e per certi versi lo avvicina alla sua nemesi: il liberismo, generalmente sviluppato sull’uomo che si fa da solo, che la concessione delle massime libertà fa tendere all’equilibrio economico perché ogni componente del mercato si sistema in funzione della evoluzione. Paradossalmente la posizione del Cardinale Cattolico è una via di mezzo: una velata denuncia al peggio del Capitalismo, ma contemporaneamente una tirata d’orecchie alle soluzioni del tipo “spacco tutto” più viscerale che razionale. Il tutto in un libro intitolato “Il Capitale” in riferimento al proprio omonimo.
Il senso di questo pensiero va a incontrare una branchia dell’economia più emozionale, figlia di psicologi, economisti e filosofi che cominciando a scoprire che siamo fatti di emozioni (che sorpresa!) hanno approfondito lo studio di una economia emotiva, una finanza emotiva, branchia della famosa Intelligenza Emotiva di Goleman.
Per certi versi sembra una idea di mezzo: uomo presente a sé stesso, ma consapevole delle proprie emozioni e dei limiti che esse comportano inserendo la razionalità come correttore.
Non è detto si tratti di un papabile, anche perché “chi entra Papa in Conclave ne esce Cardinale”, ma sintomatico di una possibile evoluzione dell’economia mondiale se al Soglio Pontificio dovesse salire un Papa che sa attorniarsi di persone competenti in campo economico condito da ecumenismo e capacità diplomatica.
di Ivan Peotta