Dal Blog: Un PD umile
Vorrei un PD così umile da chiedere alle persone di cosa hanno bisogno e da stare a sentirle davvero.
Vorrei un PD abbastanza umile da dire che ha fallito, perché quando prendi quasi gli stessi voti di un movimento capeggiato da un comico e formato da persone che si bevono bufale come il chip sotto pelle, l’unica cosa che puoi fare è dire di aver fallito. E miseramente.
Vorrei un PD abbastanza umile da chiedere prima di ogni decisione o dichiarazione ufficiale il parere di una persona per bene che non è professionista della politica e abbastanza umile da fermarsi a guardare negli occhi una persona non abituata alle regole della politica prima di ogni votazione per ascoltare la sua reazione di fronte a ogni proposta. Per capire che effetto avranno le decisioni sulle persone normali per bene. Perché è di loro che ci deve importare.
Vorrei un PD così umile da smettere (come suggerisce nel suo blog lo Scorfano) di riempirsi la bocca con la parola meritocrazia, “perché ormai è divenuta un tale feticcio, buono per ogni uso, che è ormai necessario non credere più a nessuno di quelli che la pronunciano, per definizione pregiudiziale. Chi pronuncia e chi ascolta la parola meritocrazia lo fa perché, sotto sotto (ma forse nemmeno così sotto), pensa di avere straordinari meriti che non gli vengono riconosciuti; mentre i tali meriti vengono, secondo lui ingiustamente, riconosciuti ad altri. E pensa che non gli vengano riconosciuti perché appunto manca la meritocrazia, il potere dei meriti. Con la quale, invece (se ci fosse), lui comanderebbe e sarebbe ricco e famoso e forse dei meriti altrui tenderebbe a serenamente fregarsene. Ma non è vero. Non è vero che tutti abbiamo meriti che non ci sono stati riconosciuti. Anzi, è molto probabile che più o meno tutti abbiamo ottenuto quello che ci meritavamo, con buona approssimazione. E non è vero che tutti abbiamo dei meriti, in generale: succede, per come è fatto il mondo, che ci sia una persona con molti meriti e che ce ne siano altre mille, invece, senza meriti particolari; oppure, diciamo così, con meriti del tutto irrilevanti. E dunque succede che l’uno prevalga sui mille, che, più deboli, hanno pochi e irrilevanti meriti. Ma anche questo, vi dico la verità, non è vero. Perché il concetto stesso di merito, obiettivamente, è un concetto che va pesato e meditato. Il merito non è un valore in sé: dipende totalmente dal contesto. Dipende cioè da quello che il contesto, in cui tu e l’uno e i mille operate, è disposto a riconoscervi come merito. Non basta che lo fai tu da solo; che ti dici da solo: «Io ho grandi meriti». Devono (mi dispiace: è una regola) dirtelo gli altri: è questa che si chiama meritocrazia; se te lo dici da solo è una cosa magari simpatica, ma non si chiama meritocrazia.”
Vorrei un PD così umile da seguire il consiglio di Roberto Balzani di non fare più splendidi tavoli sulla crisi imbanditi con dotti documenti e prese di posizioni assolutamente inutili. “Ci sono cose che potremmo fare subito? Certo, ma dovremmo rovesciare i tavoli, anziché farli di continuo, e dovremmo scegliere, cioè dire quel che non va e quello che va. La scacchiera avrebbe meno pedoni, meno cavalli, meno alfieri, forse neppure il re e la regina, ma il motore imballato della pubblica amministrazione avrebbe qualche probabilità di girare meglio. Vorrei un PD così umile da preoccuparsi più di fare le cose che di farsi vedere mentre ne parla.”