Il commento di una tornata amministrava, come questo primo turno del 15 e 16 maggio, poco si presta ad analisi sommarie capaci di coinvolgere elettoralmente lo scenario nel suo complesso (anche se le conseguenze politiche di questo test potranno ben sentirsi a livello nazionale).
Può allora essere utile suddividere il tutto in varie parti:
[ad]• Milano: nella città meneghina appariva alquanto probabile la necessità di un secondo turno e quasi sicuro un candidato sindaco senza il 50% più 1 dei voti. Eppure la sorpresa di queste elezioni amministrative sta proprio nel voto milanese. Sia per il sorpasso di Pisapia nei confronti della Moratti sia per il divario di voti quanto mai inatteso tra i due. I primi intention poll giunti nella giornata di lunedì verso le 15 (speriamo che sia la morte definitiva di questo perverso sistema di rilevazione) dava la Moratti al 47,5% e Pisapia al 43. Un dato non troppo dissimile dalle rilevazioni demoscopiche delle ultime settimane. E un risultato che avrebbe portato il centrosinistra ha festeggiare considerando che, nella culla del berlusconismo, si sarebbe andati dopo ben 14 anni al secondo turno. Col passare del tempo però, e l’arrivo dei voti reali e delle proiezioni, ci si è resi conto che in realtà si trattava di un testa a testa tra i due. Con ovvi cori di giubilo al comitato Pisapia. Quando si è effettivamente manifestata la posizione di vantaggio di Pisapia sulla Moratti, e di quasi 7 punti percentuali, si è arrivata alla conclusione: un débacle pazzesca per Berlusconi, che ha fortemente politicizzato il voto (riscuotendo “solo” 28.000 preferenze rispetto alle 53.000 del 2006, ma ottenute in un partito politico, Forza Italia, decisamente più piccolo rispetto al Pdl) e anche per la Moratti che, oltre alla sua linea amministrativa portata avanti in questi cinque anni, paga la sua condotta elettorale eccessivamente “estremista” e così lontana dalla sua consueta reputazione moderata (ciò si è manifestato in molti altri ambiti: basti pensare al flop elettorale del ben poco moderato Lassini). Pisapia invece può ben gioire: il suo nome rischia di rappresentare un evento campale della seconda Repubblica, capace di far tornare al governo di Milano il centrosinistra. La stessa città che molto spesso ha anticipato scenari politici nazionali e che da culla del riformismo di sinistra (indimenticabili le giunte socialiste e comuniste rette da Aldo Aniasi) e divenuta, passando per la “Milano da bere”, la diga del berlusconismo e una città strutturalmente di centrodestra.
• Torino: il voto di Torino è in realtà quello che rischia maggiori generalizzazioni, assieme a quello bolognese. Occorrerà dunque fare chiarezza su alcuni punti. La netta vittoria al primo turno di Piero Fassino è stata vista come una sorta di arretramento rispetto alle posizioni precedenti. Insomma: niente a che vedere col record del 66% di Chiamparino alle comunali del 2006. Su questo tema, utilizzato ovviamente dai berluscones, occorre fare chiarezza e mettere dei puntini sulle i: in primo luogo infatti bisogna considerare che in un’elezione amministrativa il valore, a livello di candidatura, del sindaco uscente ha qualcosa in più rispetto a qualsiasi altro candidato. È vero, non è quello che è avvenuto con la Moratti a Milano, ma senz’altro Chiamparino nel 2006 era favorito da cinque anni di riconosciuta buona amministrazione. Un bonus non a disposizione di Fassino che ovviamente correva per la prima volta nonostante fosse sostenuto, sia alle primarie sia alle elezioni, dal “SuperChiampa”. Insomma: Fassino non è Chiamparino. E non perché non sia bravo. Ma perché semplicemente non ha fatti (ottimamente) il sindaco negli ultimi dieci anni. In secondo luogo bisogna notare la forte dispersione del voto conseguente alla presentazione di ben 37 liste in sostegno ai vari candidati all’incarico di sindaco. Ciò ha portato ad un ridimensionamento elettorale dei voti per i candidati principali tanto che lo stesso Michele Coppola ha ottenuto addirittura meno voti rispetto al candidato del centrodestra del 2006 Rocco Buttiglione pur essendo oggettivamente più presentabile e più spendibile politicamente. Da segnalare infine a Torino il sorpasso dei grillini, guidati da Bertola, sul Terzo Polo di Muzy. Anteprima di ciò che è avvenuto in proporzioni ben più drammatiche a Bologna.
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[ad]• Bologna: anche a Bologna, secondo alcune analisi di berluscones come Osvaldo Napoli, c’è poco da festeggiare per il centrosinistra: una roccaforte come il capoluogo emiliano è stato vinto solo con il 50,5% e il candidato del centrodestra Manes Bernardini è andato bene. In merito a queste argomentazioni c’è da dire: 1) se il candidato Bernardini è andato discretamente bene è perché per una volta la destra ha capito come in alcune realtà, come l’Emilia-Romagna, ha molto più senso candidare candidati leghisti, potenzialmente capaci di pescare a sinistra, anziché a anonimi consiglieri comunali del Pdl o peones parlamentari come Mazzucca o la Bernini; 2) nel 2009 il candidato Flavio Delbono si svegliò lunedì mattina (si votava anche per le europee: dunque i seggi chiudevano domenica sera alle 22) col ballottaggio dopo essersi addormentato con la certezza, seppur risicata, di una vittoria al primo turno. Considerando lo stesso affaire Delbono e il lungo commissariamento in una città famosa da sempre per la sua stabilità amministrativa possiamo ben dire che politicamente la vittoria di Merola al primo turno col 50,5% è un ottimo risultato. Da segnalare che qui il candidato dei grillini Bugani ha quasi doppiato il terzo polista Aldrovandi, considerato tra l’altro tra i più forti candidati della coalizione terzista nei principali capoluoghi.
• Napoli: a Napoli il secondo turno era scontato. C’era solo attesa per capire chi avrebbe sfidato il candidato del Pdl Gianni Lettieri. La sorpresa non sta tanto nella vittoria di De Magistris, dato da parecchi sondaggi davanti a Morcone, ma dall’alta affermazione della sua candidatura (più 6% rispetto alle sue quattro liste di sostegno, oltre 35.000 voti dati solo al candidato sindaco) e alla bassa percentuale di Morcone. Da segnalare che a Napoli il Terzo Polo fa il suo miglior risultato con Raimondo Pasquino e i grillini di Fico appaiono ininfluenti (peggio di Mastella) o comunque in calo rispetto alle regionali del 2010. Teoricamente ora il Terzo Polo può essere fondamentale per il ballottaggio. Ma c’è da segnalare che probabilmente nelle prossime due settimane assisteremo a Napoli ad un vero e proprio “scontro di civiltà” tra Lettieri e De Magistris. Uno scontro che rischia di aver, per certi aspetti, poco di politico e che di conseguenza può generare risultati a sorpresa.
• i Partiti: il Pd può ben dirsi uno dei principali vincitori di questa partita: per la prima volta a Milano riesce a competere col Pdl per la maggioranza relativa in città, a Torino aumenta in maniera considerevole rispetto allo scorso anno e anche a Bologna tiene. A Napoli subisce un calo (16,2%) se non previsto almeno meritato. Il Pdl e la Lega escono fortemente ammaccati. Il partito di Berlusconi perde posizioni e la Lega, soprattutto a Milano città, guadagna ma solo in confronto alle comunali del 2006, mentre ci perde se confrontiamo il suo dato con quello del 2010. Sinistra Ecologia Libertà ottiene buone percentuali e può può vantarsi di essere, seppur non formalmente, il “partito del candidato a sindaco di Milano”. Il Terzo Polo, se escludiamo Napoli, esce ammaccato e a tratti poco determinante. Anche se secondo Bocchino l’obbiettivo era solo quello di dare un segnale al sistema politico italiano per scardinare questo bipolarismo confuso per bipartitismo. Contenti loro.
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[ad]Ma questa è anche una vittoria delle primarie: i buoni risultati di Pisapia, Fassino e Merola sono conseguenti ad una selezione del candidato nel centrosinistra proprio attraverso le primarie, mentre a Napoli la candidatura Morcone era proprio conseguenza di un sostanziale nulla di fatto di quelle primarie che per forza di cosa sono state bypassate.
Altri dati, curiosità e aspetti di rilievo secondo l’ottica “ricciardelliana”: sarebbe sbagliato limitarsi ad analizzare, e dunque citare, solo i quattro principali test amministravi. In questi due giorni infatti si è votato anche in altre città di assoluto rilievo: a Trieste si andrà al ballottaggio col centrosinistra in testa, una Lega ridotta a quarto polo dall’estrema destra e con un sempiterno Roberto Antonione che dovrà cercare di ricucire una coalizione frastagliata anche nell’ex terza città dell’Impero Asburgico e non solo nei piccoli o medi comuni del varesotto o dell’hinterland milanese. A Cagliari, dove il centrosinistra non ha mai avuto un sindaco pur disponendo di un discreto insediamento sociale nella provincia, il giovane vendoliano Massimo Zedda se la giocherà al ballottaggio contro Massimo Fantola, leader dei mitici Riformatori Sardi di Cossa, che ha ottenuto solo 0,2% in più rispetto al proprio avversario. A Olbia vittoria al primo turno per il centrosinistra che sosteneva Giovannelli assieme a tutte le altre liste alternative al centrodestra. Vincenzo De Luca, il Kim Il-Sung della costiera o il George Wallace salernitano, viene riconfermato sindaco di Salerno con il 74,3% dei voti superando quota 72%, percentuale ottenuta nella sua città alle scorse regionali dove era candidato presidente di Regione. Clamoroso ballottaggio a Varese, seppur di poco, e sfida al secondo turno tra Pd e Lega per il comune di Rho. A Gallarate, quello che doveva essere secondo Bobo Maroni un “laboratorio politico”, il membro del Cda Rai Giovanna Bianchi Clerici ottiene il 30% lasciando il secondo turno alla mercè di Pdl e Pd. A Latina, nonostante qualche dissennato ottimismo di facciata, il centrodestra passa con Di Giorgi al primo turno e la lista “fascio comunista” di Pennacchi ottiene circa l’1% in un realtà dove tra l’altro di fatto non esisteva il Terzo Polo (l’Udc appoggiava il centrodestra). Orbetello, comune del grossetano guidato dal ministro Altero Matteoli, passa al centrodestra e a Olevano Romano, in provincia di Roma, il politico di punta locale, l’europarlamentare Guido Milana, perde per tre voti la sfida per il comune. Non porta da nessuna parte invece la vocazione maggioritaria in salsa terracinese del Pd che al comune di Terracina (Latina) ottiene il 12% e assisterà ad un ballottaggio tra centrodestra e un civico di centrodestra sostenuto tra l’altro dalla lista “Forza Terracina” di Luciano Moggi.
Conclusioni: nelle prossime due settimane, preparatevi ad un assedio berlusconiano nelle televisioni pubbliche e private: perdere nel capoluogo lombardo per Berlusconi può assumere un significato letteralmente drammatico e probabilmente la stessa Lega potrebbe staccare la spina a questo esecutivo che, alla luce di questi dati, probabilmente danneggia più che rafforzare il Carroccio. Perché sul fronte politico la situazione è abbastanza chiara: per il centrodestra è un dramma e incredibilmente per il centrosinistra la situazione è incredibilmente rosea. Ora può incominciare ad elaborare con maggiore incisività il perimetro della sua futura alleanza elettorale a livello nazionale. Ma, come ha detto giustamente Guido Podestà, il “secondo turno non è come il secondo tempo. È come una partita di ritorno”. E il centrosinistra ha fatti parecchi gol in trasferta. Ma occorre massima prudenza. Perché il calcio, come la politica, è bello proprio perché imprevedibile.