La lunga maratona legislativa, cominciata un mese fa e terminata il 16 aprile, per varare i provvedimenti finalizzati alla lotta della pandemia di COVID-19 e al rilascio di circa 90,000 detenuti nelle carceri, aveva forse dato sentore ai più attenti delle reali intenzioni della maggioranza di governo. Il Parlamento Turco, la Grande Assemblea Nazionale, è in procinto di sospendere le sedute almeno fino al 2 giugno, dopo la festività di Eid al-Fitr, fine del Ramadan islamico.
La disposizione è stata decisa senza dubbio a causa della pandemia che ha investito in modo significativo anche la Repubblica Turca, con circa 80,000 contagi e 1,800 decessi. Neppure l’importante anniversario della prima seduta del Parlamento repubblicano, avvenuta cento anni fa e per cui erano previste grandi celebrazioni, ha fatto retrocedere l’AKP, il partito del Presidente Erdogan, dalla decisione. Il prossimo 23 aprile, data del centenario, i parlamentari occuperanno – con le opportune precauzioni di distanziamento – gli scranni dell’assemblea per l’ultima volta prima della sospensione.
Il provvedimento non ha fatto mancare voci di forte dissenso da parte del maggior partito di opposizione, il CHP, Partito Popolare Repubblicano. “Perchè il parlamento, che ha lavorato anche durante la guerra d’indipendenza, deve essere sospeso adesso? Non è giusto.”, ha dichiarato il leader del CHP Kemal Kılıçdaroğlu, che considera il provvedimento di chiusura come un’ulteriore prova di come la Turchia sia ormai “il regime di un uomo solo”.
Lo scontro tra il partito di Erdogan e la forza laica di opposizione era già avvenuto, durante il lungo iter legislativo durato oltre un mese, sulla decisione di non rilasciare, nella legge che prevede lo sfollamento delle carceri e la liberazione – come accennavamo poc’anzi – di circa 90,000 detenuti, i prigionieri per terrorismo. In pratica, tutti coloro che si sono macchiati di reati di dissenso contro il governo come giornalisti e dissidenti. “Coloro che hanno tenuto in mano pugnali e armi saranno liberati, mentre i giornalisti che impugnavano solo penne saranno tenuti in carcere”, ha incalzato Kılıçdaroğlu.
Il governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan ha ritenuto opportuno evitare la liberazione dei “detenuti politici”, la maggior parte dei quali incarcerati dopo il fallito golpe del 2016. Amnesty International denuncia da tempo la loro illegale detenzione e una venuta meno, de facto, dello stato di diritto all’interno della Repubblica.
Si inizia a intravedere come l’epidemia di Coronavirus possa diventare per la Turchia – già pressata dal flusso di migranti, dall’opposizione interna e dallo scontro con la Siria – un ulteriore elemento di instabilità politica, oltre a un danno (come per tutto il globo) significativo per l’economia del paese.