La sinistra e la sfida della felicità
[ad]Il rinnovamento come sfida verso il progresso e il miglioramento, dunque. Ma anche il rinnovamento come atto d’amore, teso a preservare un bene di cui ben si sa l’inestimabile valore. Oggi come oggi un’analisi di questo tipo secondo me è mai attuale soprattutto per quanto riguarda alcune amministrazioni strutturalmente di centrosinistra e governate nel corso degli anni da giunte del Pci e dei suoi successivi eredi.
E non solo perché il quadro politico e in ebollizione e forze politiche a tratti anti-sistema (basti pensare alla Lega Nord nella stessa Emilia) in certi casi pescano voti e consensi proprio dal centrosinistra in certi casi anche tra ex elettori e iscritti al Partito Comunista Italiano. Ma senz’altro qualche dato elettorale e politico può aiutarci a comprendere la portata dell’evento.
Alle elezioni regionali del 2010 il governatore dell’Emilia Romagna Vasco Errani è stato confermato governatore della regione da sempre più a sinistra d’Italia. Parlo di questa regione per l’ennesima volta solo a titolo d’esempio in quanto il discorso è legato al cosiddetto “arco appenninico” dove più si è manifestato in maniera omogenea il consenso per la sinistra italiana. Nonostante non corresse alcun rischio (la candidata del centrodestra che sfidava Errani ha ottenuto 15 punti percentuali in meno) Errani ha vinto nettamente ma con un significativo 52,1% dei consensi. Quasi come se non ci fosse più un potente consenso dietro lo schieramento di sinistra o come se si puntasse a tratti solo a vincere anche grazie le debolezze strutturali dell’avversario. A questo risultato può aver influito la “deroga” nei confronti del governatore emiliano che ha corso per un terzo mandato in Regione, e del resto non si tratta di un trend nazionale: infatti nell’altra regione storicamente “rossa” come la Toscana il candidato governatore Rossi non solo si è affermato (cosa che, come per Errani, appariva scontata) ma si è “affermato bene” riuscendo ad ottenere un risultato (59,3% dei voti) capace di contraddistinguere anche politicamente e quindi elettoralmente una tradizione politica e amministrativa regionale.
Il mitizzare dunque e il contraddistinguere eccessivamente per modelli politici alcune scuole amministrative molto spesso può apparire ed essere controproducente, come ben faceva notare Bersani. Ma al tempo stesso la sfida dell’amministrazione e della politica del centrosinistra passa per questo tema e si scontra, come era anche inevitabile, con una contingenza politica più ampia e di livello superiore capace di premiare elettoralmente a livello europeo forze politiche che fanno della xenofobia e del populismo il loro mantra.
Queste forze giocano con la paura. La paura delle conseguenza dell’inevitabile globalizzazione. La paura per “l’esterno”, per lo straniero e per tutto ciò che ne consegue. Con una spirale isolazionista quanto mai pericolosa e controproducente in uno scenario globale sempre più multipolare e interdipendente.
La sinistra invece deve interpretare dei modelli alternativi basati su alcuni valori e principi, a partire da quelli della solidarietà e dell’accoglienza, che molto spesso si scontrano con la paura generale che premia queste forze antisistema.
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