Torino, analisi del voto

fassino

Torino non cambia bandiera, e resta in mano al centrosinistra. Malgrado un candidato sindaco da molti considerato poco appetibile, esponente della vecchia guardia postcomunista del Partito Democratico, il capoluogo piemontese riesce a confermarsi la vera roccaforte progressista del nord del Paese, a maggior ragione se si guarda alle dimensioni completamente inaspettate del risultato.

In molti, nei giorni immediatamente precedenti alle elezioni, avrebbero scommesso sul ballottaggio o su una vittoria risicata del centrosinistra, e invece Piero Fassino, ultimo segretario dei DS, è diventato sindaco di Torino con un secco 56,66%, una percentuale notevolissima anche se lontana dai fasti bulgari del suo predecessore Sergio Chiamparino.
Proprio l’eredità di Chiamparino è probabilmente la chiave di volta del successo del centrosinistra nella città sabauda, nonché il principale parametro di valutazione nel confronto tra le elezioni appena svoltesi e quelle del 2006.

Confronto del voto a Torino
Comunali 2006 – Comunali 2011

Il primo dato eclatante è quello dell’affluenza. Rispetto al 2006 il calo dei voti validi è stato molto modesto, un calo limitato a meno di 12.000 unità. Da contrappunto a questo dato è il numero dei voti validi relativi alle liste, in incremento rispetto a cinque anni fa di circa 7.000 unità, come espressione di una maggiore politicizzazione del voto ed un minore appeal dei candidati.

Proprio l’effetto-candidato è un altro tema importante. Tutti e quattro i candidati principali hanno fatto peggio delle coalizioni in loro sostegno, naturalmente ciascuno in misura diversa. Coppola, ad esempio, ha ottenuto solo lo 0,14% in meno della propria coalizione, mentre Fassino si è assestato quasi due punti percentuale al di sotto delle liste in suo appoggio. Per Fassino è poi impietoso il paragone con il suo popolarissimo predecessore: l’ultimo segretario DS porta infatti un valore aggiunto di meno di 30.000 voti alla sua coalizione, contro gli oltre 60.000 racimolati da Chiamparino.
Quest’ultimo era al secondo mandato, ben conosciuto ed apprezzato dalla popolazione, e nel 2006 si votava per di più poco dopo il trionfale evento olimpico, ma è indubbio che Fassino abbia pagato il suo essere un politico di lungo corso e parte del gruppo dirigente del Partito Democratico.
Anche il proliferare dei candidati minori ha contribuito a drenare consensi dalle forze principali: se nel 2006 i candidati al di fuori dei due schieramenti principali avevano ottenuto appena il 3,96%, nel 2011 i candidati al di fuori dei quattro schieramenti principali sono riusciti ad arrivare al 6,20%.

[ad]Scendendo nel dettaglio dei risultati delle liste, si nota come sia il centrodestra che il centrosinistra siano in calo rispetto al 2006: quello che però stupisce maggiormente è che il calo sia pressoché identico per le due coalizioni. Il biennio 2005-2006 è stato probabilmente l’apice massimo toccato dal centrosinistra in tempi recenti in termini di popolarità e consenso, ed è stato seguito da anni decisamente bui culminati nell’appuntamento elettorale del 2009. A Torino vediamo invece come le due principali coalizioni mostrino un andamento del tutto analogo, restando sui medesimi rapporti di forza del 2006. Approfondendo ulteriormente il dato si nota poi come entrambe le coalizioni siano state in qualche modo rimaneggiate rispetto alle precedenti consultazioni: il centrodestra apre alla destra estrema di Storace e perde l’UdC; il centrosinistra invece viene limato in termini di composizione su entrambi gli estremi, sia verso il centro – uscita dell’UDEUR – sia verso sinistra – uscita di Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi e Radicali.

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[ad]Ancora più che i risultati degli schieramenti possono quindi essere interessanti i dati relativi ai singoli partiti: la sorpresa più grande è che il PdL in cinque anni ha perso più voti del PD: -16.466 consensi per la formazione berlusconiana rispetto alla somma di Forza Italia e Alleanza Nazionale, -14.053 per i Democratici rispetto all’Ulivo; rispetto anche alle Europee 2009 ed alle Regionali 2010 è indubbio che un tale risultato sia senza dubbio da considerarsi molto lusinghiero per il partito di Bersani.
Le forze minori appaiono tutte invece in crescita rispetto al 2006: oltre all’IdV e alla Lega Nord – che però sono in calo rispetto al 2010 – spicca il risultato dei Moderati, seconda forza del centrosinistra e indubbiamente una formazione ormai ben radicata nel panorama politico torinese.
Tra i nuovi partiti spiccano senza dubbio in positivo SEL ed il M5S, entrambi in grado di superare i 20.000 voti, mentre FLI apre il proprio debutto elettorale con una vera e propria disfatta, fermandosi sotto le 6.000 preferenze.
In sofferenza infine anche l’UdC che rispetto al 2006 dimezza i propri consensi pagando presumibilmente il distacco dal centrodestra ed il richiamo al voto utile lanciato da entrambi i candidati principali.

Confronto del voto nei quartieri di Torino
Comunali 2006 – Comunali 2011

Scendendo nel dettaglio dei singoli quartieri si vede chiaramente come il centrodestra perda molti punti nelle circoscrizioni in cui era storicamente più forte, la I (-6,86%) e la VIII (-8,67%). Indubbiamente anche a Torino, come ad esempio a Milano, l’estremizzazione della campagna elettorale condotta dalla coalizione berlusconiana ha alienato le simpatie di parte dell’elettorato moderato, che si è rivolto al Terzo Polo – che proprio in queste due circoscrizioni ottiene i migliori risultati in senso assoluto – quando non addirittura al centrosinistra – che nelle due circoscrizioni indicate raggiunge le migliori performance in termini di tenuta rispetto al 2006.

Anche il centrosinistra appare in difficoltà in alcune sue roccaforti storiche: se le circoscrizioni II e X si mostrano tutto sommato fedeli alla coalizione, i cali accusati nella III e nella VI sono importanti, nell’ordine della decina di punti percentuale.
Nel caso della circoscrizione VI la tenuta del centrodestra fa pensare, oltre che ad un astensionismo mirato contro il centrosinistra, ad un saccheggio dei voti della coalizione da parte del Terzo Polo e del Movimento 5 Stelle, oltre che dei candidati minori di sinistra.
La circoscrizione III si presenta invece piuttosto atipica, in quanto qui entrambe le coalizioni perdono terreno, lasciano in totale il 17% circa in mano alle forze minori.
Questo andamento consente di inquadrare meglio il flusso di voti tra le aree politiche per quanto riguarda lo schieramento di centrosinistra, e cozza apertamente con l’idea comune dei ceti operai passati a destra, ed in particolar modo alla Lega Nord. Almeno per quanto riguarda Torino, infatti, le maggiori insoddisfazioni per il centrosinistra non vengono dall’area di Mirafiori quanto piuttosto dai quartieri della cosiddetta borghesia di sinistra, intellettuale, ben informata e poco militante.

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[ad]Il risultato ottenuto consente al centrosinistra di sorridere e a Piero Fassino di governare con tranquillità, con 24 seggi (escluso quello del sindaco) in mano alla maggioranza in suo sostegno sui 40 totali. Di questi 24 ben 16 sono in mano al PD, 4 vanno ai Moderati, 2 a SEL e 2 all’IdV. I restanti 16 sono invece suddivisi tra le varie opposizioni: il Terzo Polo conquista due seggi, uno per Musy ed uno in quota UdC in quanto miglior forza della coalizione; due seggi vanno anche al M5S, mentre al centrodestra spettano 11 seggi, 9 al PdL (compreso Coppola) e due alla Lega. Infine, sarebbe entrato in Consiglio Comunale anche Domenico Coppola, il civico di destra che con una sapiente sfilza di liste civetta era riuscito a superare la soglia del 3%, se un ictus improvviso non lo avesse fulminato pochi giorni dopo il suo importante risultato politico. Sarà quindi il numero due della sua coalizione, Denis Martucci, a sedere in Sala Rossa.

Il compito che aspetta Fassino è senza dubbio arduo. Torino, grazie a Sergio Chiamparino, ha conosciuto momenti di buongoverno e motivi di orgoglio che le mancavano da lunghi anni, vivendo un decennio di rinnovamento e rilancio sociale ed economico costellato da grandi eventi come i Giochi Olimpici o la festa per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia. La città è tuttavia un cantiere ancora in opera: la linea 1 della metropolitana è lungi dall’essere un progetto finito, e già si parla della linea 2; l’interramento del tracciato ferroviario e la nuova stazione di Porta Susa sono in pieno svolgimento, così come l’opera di riqualificazione dei quartieri periferici a partire dalla Borgata Vittoria ed il lungo Dora. Abbastanza per permettere alla stella di Fassino di risplendere quanto quella del suo predecessore e perpetuare la tradizione della buona amministrazione di sinistra sotto la Mole. Ma abbastanza anche, se l’ultimo segretario DS non saprà dimostrarsi all’altezza, per dissipare completamente l’eredità di Sergio Chiamparino.