Neanche queste elezioni sono state esenti. Neanche in questa occasione l’impalpabile spirito inevitabilmente illiberale ha rinunciato ad aleggiare nelle menti di chi si recava al voto e più era impegnato in propaganda, commenti, e attività politica varia.
Parlo dell’immarcescibile tendenza a mettere paletti, criticare, scandalizzarsi, accusare di “strumentalizzazione” (poche parole sono così abusate) per le varie modalità in cui le forze politche svolgono propaganda elettorale. O i luoghi o i tempi.
In pochi Paesi come il nostro ci sono così tanti divieti e paletti all’attività politica e di propaganda, dalla strettissima par condicio al divieto di divulgazione dei sondaggi ad altri limiti non scritti, e questo proprio in un Paese in cui tutto è politica e la politica è così pervasiva. viene naturale il paragone ai divieti sull’alcol nei Paesi con problemi di alcolismo, divieti che risolvono poco.
Un inglese o un americano, ma non solo, riderebbe a sentire che per 20 giorni i sondaggi non si possono divulgare o non ci possono essere spot TV sulla TV pubblica. Questo nasce dalla tradizione non liberale dell’Italia, quella in cui si pensa sempre che l’altra parte voglia “limitare la libertà” una volta vinto, e che possa avere più mezzi anche finanziari nella propaganda, ma soprattutto, e questo è un punto fondamentale, che le persone non siano individui più o meno razionali e libere, libere magari anche di avere torto, ma gregge, stupide e influenzabili, credenza che nasce dalla convinzione, anch’essa illiberale, che la propria idea non solo sia vera ma anche l’unica realmente democratica e quasi l’unica reale e possibile, fino a ritenere chi avesse altre idee insinceri, non capaci di pensarla veramente in quel modo, si ritiene che anche gli altri sappiano che l’unica verità è A e se affermano B non è perchè hanno torto, ma è solo per biechi interessi o deformazioni indotte dall’esterno. In un Paese plasmato da un positivismo post-illuminista in molte classi dirigenti, e da una vecchia concezione cattolica dogmatica o marxista nelle classi popolari, è chiaro che una concezione liberale non avrebbe trovato molto piede.
In questo clima appare chiaro è difficile esercitare il diritto all’impegno della società civile altrettanto libero, all’endorsement libero da parte di qualsivoglia associazione e persone impegnata che poi voglia continuare la propria attività senza essere in qualche modo penalizzati.
L’endorsement dei giornali sembra ormai accettato, ma non viene accettato, chissà perchè, quello di personaggi della TV, sportivi, cantanti, o meglio, è triste vedere una certa asimmetria per cui non si batte ciglio all’endorsement verso al sinistra di un Jovanotti e un Ligabue, che naturalmente continueranno a essere seguiti dai giovani e meno giovani di centrodestra e si ridicolizza la partecipazione di D’alessio (mosca bianca tra gli artisti) al concerto della Moratti.
Si inventano paletti non scritti che sarebbero ridicoli negli USA dove ogni associazione è libera di mandare email o posta sulle elezioni o anche finanziamenti sonanti e fare lobby e raccomandare un candidato, per esempio quando ci si scandalizza per la lettera del milan club, oppure se viene volantinato davanti alle chiese, come se ci fosse un sacro recinto inviolabile.
L’intervento della Chiesa ( e dei suoi vari movimenti) che a fasi alterne per alcuni sarebbe meglio tacesse per alcuni perchè per qualche motivo non titolata a esprimersi su alcuni temi (a differenza di altre associazioni o componenti della società civile) è un altro esempio, e si cita la situazione estera dove la Chiesa è “meno ascoltata”, dimenticando che appunto è meno ascoltata e non certo muta, semplicemente i media danno meno risalto alle parole di un cardinale o del Papa.
Non stupisce che in questo clima si creino psicosi e leggende metropolitane false o con un fondo flebile di verità, come quella dei fantomatici finti zingari per Pisapia oppure dei maestri di sinistra che deviano le menti libere dei bambini. Perchè?
Perchè si ritengono gli elettori dei minori, da proteggere, è una spiegazione un po’ colta magari, se non si vuole pensare a semplici scuse per mettersi bastoni tra le ruote tra fazioni politiche.
La tradizione un po’ assolutista da ancien regime e da alleanza trono-altare che vuole vi sia sempre una sintesi finale a tutto, una verità che deve mettere d’accordo tutti, un principio superiore cui attenersi e su cui non si può transigere, anche in ambiti non così alti, produce ipocrisie come la pretesa vi sia una autorità assolutamente super partes come il presidente della Repubblica, anche quando proviene da culture politiche ben connotate, o che la Corte Costituzionale, al contrario della corte Suprema americana, non sia influenzata, come per destino divino, da opinioni politiche o culturali-ideologiche dei suoi componenti.
E così se una opinione viene espressa da un alto prelato o da un presidente della repubblica o da un presidente di Confindustria deve essere smozziacato, intuito, accennato, da interpretare, alla mercè della fantasia o della malizia del cronista politico, tipico del bizantinismo italiano.
Potrà arrivare una alba liberale in cui una showgirl o un attore, dichiareranno il voto a destra potendo poi continuare a lavorare con registi di sinistra e senza essere accusati di qualche secondo fine, o un professore universitario esternare la propria critica al governo Berlusconi senza nessuna conseguenza ma neanche scandalo? O una associazione, ma anche una azienda potrà appoggiare un candidato senza essere accusata di qualche losco affare sottostante? Potrà forse accadere quando il comune cittadino potrà affermare la propria preferenza politica sul posto di lavoro, all’università, nella società, e dovunque sia di minoranza, senza essere ridicolizzato o accusato di qualche insufficienza morale o intellettiva.
Si tratta in tutti questi casi di onorare semplicemente la libertà di espressione.