La vittoria mutilata: Bersani e la promessa (fallita) della vita

Bersani ha visto svanire l’occasione della sua vita lo scorso 25 febbraio: la vittoria alle elezioni politiche, da capo della coalizione di centrosinistra, è letteralmente evaporata man mano che i dati di Camera e Senato giungevano dai seggi in tutta Italia.

[ad]E così Pierluigi Bersani ha dovuto fare i conti con una vittoria mutilata, non avendo la maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento e tradendo,  di fatto, la promessa di arrivare ad avere una forza in aula numericamente autosufficiente per governare.

A fallire previsione e impegno, insieme al segretario del Partito Democratico, è stato anche il suo principale alleato, Nichi Vendola, leader di Sinistra Ecologia e Libertà, che in più circostanze aveva giurato e sentenziato che il centrosinistra avrebbe vinto e governato e anche che stavolta non avrebbe fatto la fine di Romano Prodi.

A pensarci bene dovrebbe oggi essere Prodi a pensare di non aver fatto la fine di Bersani e Vendola: il professore di Bologna almeno ha governato due anni.

Oggi invece l’Italia è senza governo, naviga a vista e il caos politico regna sovrano: in questo clima le forze presenti in Parlamento si apprestano ad avviare la sessione congiunta per eleggere il nuovo Capo dello Stato. Mai momento storico, per la Repubblica Italiana, è stato, almeno a livello parlamentare, più complesso e contorto di quello attuale.

All’Italia tutto servirebbe in questa fase tranne che leader politici incapaci di assicurare anche le condizioni minime per avere un governo ed una guida stabile delle Istituzioni democratiche.

Naturalmente questo non è un problema dei soli Vendola e Bersani ma probabilmente riguarda un po’ tutte le forze politiche. Comprese quelle più “giovani”, come i “pentastellati” di Beppe Grillo che nelle prime settimane di esperienza a Palazzo Madama e Montecitorio non hanno certo brillato per iniziative legislative e capacità di rinnovamento in senso pieno.

A cura di Paolo Trapani – www.promessepubbliche.com