Licenziato per critiche al Movimento5Stelle via Facebook
Licenziato dopo una settimana di lavoro, dove “lavoravo dalle 9 alle 20”. A dirlo è l’avvocato Massimiliano Cardullo, assunto come consulente dal gruppo parlamentare 5 Stelle e immediatamente liquidato. L’avvocato, offeso dal licenziamento e soprattutto per le accuse a lui mosse, scrive una lettera ai vertici della Camera dei Deputati. Denuncia un atteggiamento “ignobile per chi si professa come alto moralizzatore e fautore di una nuova politica, trasparente e sincera”.
[ad]La vicenda inizia il 27 marzo quando l’avvocato Cardullo viene convocato a Roma per sostenere un colloquio di lavoro per diventare un collaboratore del gruppo parlamentare del Movimento alla Camera dei Deputati. Dopo aver sostenuto un colloquio dove si analizzava il curriculum vitae e si discuteva delle precedenti esperienze lavorative, si è passati ad un test scritto sul diritto parlamentare. Nel pomeriggio dello stesso giorno, viene comunicato all’avvocato la sua assunzione come collaboratore parlamentare del gruppo alla Camera dei deputati del MoVimento 5 Stelle.
L’8 Aprile, racconta l’avvocato, gli giungono voci informali che lo accusano di essere “massone, colluso con i mafiosi, vicino a gruppi di destra e precedentemente anche candidato con una lista civica”. Il pomeriggio dello stesso giorno, l’avvocato viene avvisato che le sue prestazioni di lavoro saranno oggetto di un’assemblea dei parlamentari, dove viene poi deciso il suo allontanamento. Le motivazioni, spiegategli dagli On. Manlio Di Stefano e Filippo Gallinella, sono riconducibili a dei post su Facebook dove l’avvocato “attaccava il MoVimento per la sua condotta politica”.
Appresa la decisione del gruppo, l’avvocato, sdegnato per le motivazioni e per le accuse mossegli, decide di scrivere una missiva al Presidente della Camera, Laura Boldrini, ai Questori ed a chi deve vigilare sulle attività dell’aula e dei gruppi parlamentari. Si legge nella missiva tutta l’amarezza dell’avvocato che sente di “dover scrivere questa lettera soprattutto quando, da chi si erge oggi a moralizzatore e si riempie la bocca di parole come ‘meritocrazia’, ‘trasparenza’, ‘onestà’, provengono comportamenti che non possono essere accettati ma denunciati pubblicamente”.
L’avvocato denuncia come sia inaccettabile il licenziamento per cause sui generis basate sulle opinioni personali del dipendente, sottolineando la contraddizione tra questa motivazione e le idee di chi fa “della trasparenza e della meritocrazia la propria bandiera”. Non mancano le repliche del gruppo dei 5 Stelle.
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