Il futuro di Roma secondo Ignazio Marino e la sua mozione
La recente vittoria del senatore chirurgo del Partito Democratico, Ignazio Marino, alle elezioni primarie per la candidatura a Sindaco della città di Roma ha riportato in auge il personaggio, le sue idee ed in particolare i temi della sua famosa Terza Mozione, con cui nel 2009 aveva tentato la scalata ai vertici del Partito Democratico, sfidando Bersani e Franceschini.
[ad] È infatti proprio grazie alle idee e alla visione di Ignazio Marino che si può arrivare a comprendere meglio il personaggio e le sue caratteristiche come politico, e nell’evidenziare quale sarebbe potuta essere la storia del Partito Democratico nazionale in caso di una sua vittoria. Arrivare anche a farsi un’idea di quale potrà essere l’immediato futuro della capitale nel caso – ad oggi non troppo probabile a dire il vero – di una sua affermazione alle elezioni amministrative.
Nel 2009 il PD era ancora diviso – ben più di oggi – tra ex Ds ed ex della Margherita, e la Terza Mozione era l’unica che in qualche modo superasse questa dicotomia di fondo. Non tentava di costruire una sintesi tra le due anime del partito, né si schierava apertamente con l’una o con l’altra. Bensì tentava di offrire al Partito Democratico una struttura e una linea interamente nuove, allo scopo di costruirne un’identità e una linea politica che, pur facendo riferimento alle esperienze del passato, fosse pienamente proiettata al futuro.
Parole come flexsecurity, salario minimo garantito, peer review, no al nucleare, unioni civili, testamento biologico, televisione pubblica senza ingerenze partitiche, sono stati i cavalli di battaglia della Terza Mozione, via via marginalizzati in un PD bersaniano ancora troppo prigioniero delle logiche del ventennio berlusconiano e incapace di proporsi con convinzione e sicurezza su questi temi.
Temi accaparrati da altre formazioni politiche, in principal modo il MoVimento 5 Stelle: e osservando il successo elettorale della formazione grillina, si può oggi ben dire che la Mozione Marino fu un vero e proprio capitale politico e di consenso, tristemente dilapidato da un partito troppo preso a discutere se parlare di centrosinistra o centro-sinistra e ormai da una generazione impegnato in una vana rincorsa al centro.
Rincorsa che al di là delle mutazioni ideologiche non ha neppure prodotto l’atteso risultato in campo elettorale. Non stupisce che lo stesso Grillo attaccò ai tempi Marino solo sul piano personale, asserendo della sua compromissione con il sistema partitico, e mai sul piano politico… anzi ereditandone le battaglie dopo che il PD, optando per Bersani, preferì accantonarle.
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