Nucleare: il problema dell’ecosostenibilità

Pubblicato il 9 Giugno 2011 alle 07:40 Autore: Matteo Patané
nucleare

[ad]Decommissioning della centrale
Con il termine decommissioning si intende l’operazione di restituzione all’ambiente naturale del sito della centrale, come se non fosse mai stata costruita.
Questa fase è valida naturalmente per tutte le fonti energetiche, ma al momento assume particolare rilevanza solo per l’eolico ed il nucleare. Una centrale a gas o a carbone, infatti, può essere agevolmente rimodernata per iniziare un nuovo ciclo vitale – spalmando quindi l’impatto deldecommissioning su più fasi di vita – oppure riconvertita ad altro uso. Una centrale nucleare viene costruita su misura per la tecnologia su cui si basa la fissione, quindi non può essere oggetto di ammodernamenti; al tempo stesso i lunghissimi tempi di decontaminazione rendono impossibile una riconversione ad uso civile.
Non esistono nel mondo esempi di decommissioning portati a termine per le centrali in funzione, e al tempo stesso è impossibile fare previsioni oggi per le centrali che diventeranno operative nel prossimo decennio e verranno smantellate alla fine del XXI secolo. Sicuramente il corpo edile della centrale e tutti i macchinari dovranno essere sottoposti a smantellamento e decontaminazione, ma con quali tecnologie è impossibile saperlo.

Decommissioning della miniera
Le opere per la chiusura delle miniere esaurite hanno un impatto analogo a quello delle miniere di altro genere.
La fase è comunque non trascurabile: la francese Areva è in contenzioso per i disastri ambientali dei siti minerari in Niger e Gabon, dove la mancanza di adeguati trattamenti in fase di chiusura delle miniere ha provocato aumenti dei casi di leucemia e l’inquinamento delle falde acquifere. Nel corso del 2009 Greenpeace ha pubblicato un rapporto dove evidenzia lo scarso operato di Areva nelle bonifiche delle miniere nigerine condotto con la collaborazione dell’ONG Rotab e dal laboratorio franco-nigerino CRIIRAD. Qui le misurazioni (1 – 2 – 3).

Trattamento del combustibile esausto
Il combustibile esausto è un prodotto pericolosissimo a causa della sua elevata attività radiologica. I reattori di quarta generazione saranno in grado di riutilizzare tale combustibile, eliminandone la pericolosità. Per tutte le centrali in funzione, così come per quelle costruite presumibilmente fino a metà del XXI secolo occorre invece prevedere delle piscine di contenimento dove lasciar decantare il materiale fino a che non potrà essere maneggiato con maggiore sicurezza come fosse una scoria.
L’impatto ambientale di questa fase è ben descritto dal caso di Saluggia, località piemontese sede delle piscine di decantazione della centrale di Trino Vercellese. Malgrado la centrale sia chiusa dal 1990, solo negli ultimissimi anni il materiale ivi contenuto è stato inviato, almeno in parte, in Francia per il riprocessamento. Durante l’alluvione del 16 ottobre 2000 l’esondazione del fiume Dora Baltea, che non ha fortunatamente provocato danni significativi (rapporto parti III), ha rischiato di scatenare il più grande disastro ambientale italiano, come ampiamente documentato da due puntate di Report (19/11/200001/03/2001).

Trattamento scorie
Le scorie possono essere solide o liquide. Esse devono quindi prima essere portate tutte allo stato solido, attraverso un processo definito vetrificazione, e stoccate in funzione della loro attività radiologica a breve termine in attesa di sistemazioni definitive in funzione della loro attività a lungo termine. Ad oggi non esiste nel mondo un solo posto ambientalmente sicuro per lo stoccaggio definitivo delle scorie. L’inquinamento del nucleare in questa fase è costituito, oltre che dalla costruzione delle pareti in cemento del deposito, dai potenziali rischi in caso di incidenti, che spaziano dall’emissione di radiazioni nell’aria alla contaminazione delle acque e degli esseri viventi.

La breve descrizione delle fasi elencate non pretende di essere, a causa dei pochi numeri riportati, uno studio di valore scientifico sul costo ambientale del nucleare. Tuttavia, considerare il nucleare una fonte pulita solo perché la fissione non produce anidride carbonica è una menzogna.
Le attività a monte e a valle della pura e semplice produzione di energia sono estremamente inquinanti, ed il fatto che tali attività siano in genere endemiche del mondo nucleare aggrava il bilancio ambientale di questa fonte energetica. Secondo lo studio di Storm van Leeuwen e Smith solo nel caso delle miniere più ricche, e quindi di intenso sfruttamento e prossimo esaurimento, il bilancio ambientale è migliore rispetto alle centrali a combustibili fossili: il lunghissimo ciclo di vita delle centrali di prossima costruzione dovrebbe quindi far riflettere sulla sostenibilità di questa fonte energetica; in Italia, poi, dove siti come Caorso o Trino ricordano le esperienze passate, la riflessione dovrebbe essere ancora più profonda.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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