Malgrado Fukushima, in Giappone, abbia mostrato in pieno quanto vi sia ancora da fare nel campo della sicurezza delle centrali nucleari, il principale problema che tiene banco quando si affronta l’argomento della produzione di energia dall’atomo è naturalmente quello delle scorie.
[ad]Per scoria, nel campo dell’energia atomica, si intende qualsiasi prodotto contaminato in ambito nucleare, e vanno dalle tute antiradiazioni usate alla struttura fisica della centrale una volta dismessa al combustibile esausto. Esiste una classificazione in tre livelli, operata sulla base della radiotossicità e della persistenza nell’ambiente, per catalogare le scorie; più il numero è elevato più il pericolo è maggiore. Il combustibile esausto si pone naturalmente al livello massimo di pericolosità, e costituisce la frazione più delicata e più rilevante dal punto di vista quantitativo dell’insieme delle scorie.
Entrando quindi nel dettaglio dei residui della fissione diventa poi necessario scorporare questa tipologia di scorie in due macrocategorie: i prodotti di fissione e gli elementi transuranici.
Schema del processo di fissione nucleare |
La fissione nucleare può, in maniera molto schematica, essere riassunta nella seguente formula, valida nel caso in cui il fissile sia 235U:
235U + n → 236U → 144Ba + 89Kr + 2/3 n + 211,5 MeV
Un atomo di 235U, se arricchito di un neutrone, si trasmuta in 236U; tale isotopo è però altamente instabile e si suddivide in elementi più leggeri con fuoriuscita di neutroni eccedenti e, poiché la massa degli elementi finali è inferiore a quella dell’235U, la liberazione di energia il cui valore può essere calcolato secondo la formula
E = mc2
Gli atomi immediatamente derivanti dalla fissione nucleare sono a loro volta elementi generalmente instabili, di solito a causa di un eccesso di neutroni, ed emettono quindi forme di decadimento di tipo β– fino al raggiungimento di una configurazione stabile. I neutroni in eccesso si propagano nel materiale, causando eventualmente ulteriori episodi di fissione nel caso vadano a collidere con altri atomi di sostanza fissile.
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[ad]In realtà la reazione descritta dalla formula non costituisce il risultato certo della fissione nucleare, ma solo quello più probabile: la distruzione degli atomi di 235U mostra infatti elevata dipendenza dalle modalità di impatto del neutrone alimentante con l’atomo stesso, e a seconda della collisione possono prodursi coppie di prodotti di fissione che spaziano per un’ottantina di tipologie di nuclei differenti, con masse da 73 a 159 UA.
Tra i principali e più pericolosi prodotti di fissione si evidenziano 126Sn, 90Sr e 137Cs tra quelli a media/lunga durata, e 131I tra quelli con vita breve.
- 126Sn viene prodotto nello 0,02% delle fissioni nucleari, ha un tempo di dimezzamento pari a 230.000 anni ed emissioni di tipo β e γ. L’energia di decadimento è dell’ordine di circa 4 MeV, rendendo questo isotopo dello Stagno uno dei più pericolosi, al netto della scarsa quantità prodotta, a causa della semplice potenza delle radiazioni emesse;
- 90Sr ha uno yield del 4,51%, fattore che lo rende uno dei prodotti secondari di fissione più comuni, ha un tempo di dimezzamento di poco meno di trent’anni, un tipo di decadimento β ed energia di decadimento di poco meno di 3 MeV. Lo Stronzio è un noto bone seeker, ovvero un elemento con elevatissima capacità di fissarsi alle ossa, al punto che il corpo umano riesce a fissarlo meglio ancora del calcio. Se da un lato questo permette di utilizzare gli isotopi stabili di questo materiale per le cure contro l’osteoporosi, dall’altro la capacità di dello 90Sr di legarsi alle ossa e da lì emettere radiazioni lo rende una fonte pericolosissima da un lato di tumori alle ossa, e dall’altro, contaminando il midollo, di leucemia;
- 137Cs è il risultato di circa il 6,01% delle fissioni, ha un tempo di dimezzamento stimabile in circa 30 anni, con decadimento di tipo β ed energia di circa 1,1 MeV. Il risultato del decadimento del 137Cs è il 137mBa, un materiale a sua volta instabile che emette raggi gamma. Il Cesio si fissa facilmente ai tessuti muscolari del corpo, ed esperimenti condotti sugli animali hanno mostrato come una concentrazione di 137Cs superiore a circa 45 μg/kg sia da ritenersi mortale;
- 131I si forma nello 2,88% delle fissioni nucleari, ha tempo di dimezzamento di 8 giorni, decadimento β ed energia fotonica a circa 190 keV. Lo Iodio, a causa delle caratteristiche del suo decadimento, ha alto impatto sulle cellule, provocandone mutazioni o, in caso di esposizione a dosi elevate, l’apoptosi. Questo fenomeno, unito alla sua capacità di interazione con la tiroide, rende l’131I una delle principali cause di tumore alla tiroide, specialmente nel caso di cellule esposte a piccole dosi di radiazione, sufficienti a scatenare la mutazione ma non a provocarne la morte. Dato il decadimento molto breve,131I diventa un elemento di pericolosità più nel caso di incidenti o fughe di materiale radioattivo che nel consueto processo di gestione delle scorie.
I neutroni liberati dal processo di fissione nucleare possono andare incontro a tre destini differenti: perdersi senza ulteriori collisioni; collidere con un nuovo atomo di materiale fissile, propagando la fissione; collidere con un elemento inerte.
Il secondo ed il terzo caso meritano tuttavia approfondimenti ulteriori.
Tra i vari modi in cui può risolversi la reazione tra 235U ed ul neutrone, è possibile, qualora l’impatto avvenga a bassa energia, che non si verifichi una vera e propria fissione, quanto un assorbimento:
235U + n → 236U + γ
236U + n → 237U → 237Np + β–
Il 237Np è forse il più pericoloso transuranico che si possa formare a seguito di una reazione di fissione nucleare: ha un tempo di dimezzamento superiore ai due milioni di anni, un decadimento di tipo α ad alta energia (circa 5 MeV) verso altre forme altamente instabili, che necessitano di circa altri 200.000 anni per arrivare all’isotopo stabile 209Bi. In realtà il tempo di smaltimento del 237Np è molto più lungo di quanto possa far pensare il suo tempo di dimezzamento, perché quanto decade viene rimpiazzato da altre reazioni: 237Np è infatti il risultato del decadimento di 241Am, anch’esso un prodotto transuranico di fissione, venendo quindi rimpiazzato nel tempo e mantenendo inalterata la sua pericolosità.
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[ad]Il Nettunio è molto solubile in acqua, ed è altamente cancerogeno: il suo decadimento di tipo α lo rende circa venti volte più pericoloso di un decadimento alla stessa energia di tipo β. Gli organi maggiormente attaccati dal Nettunio sono fegato e reni.
Tra le possibilità di vita del Nettunio c’è inoltre l’assorbimento di neutroni, che dà origine a 238Np. Questo, con un’emivita di pochi giorni, diventa 238Pu, uno dei materiali più tossici che esistano. Ha un decadimento α ad altissimi livelli energetici – viene usato per le batterie RTS nelle missioni spaziali – e conseguentemente ad altissime temperature.
L’assorbimento dei neutroni da parte dell’235U non è però la principale fonte di creazione degli elementi transuranici in fase di fissione nucleare. La maggior parte dell’uranio presente in una centrale è 238U, e quanto visto per 235U può ripetersi anche per questo isotopo.
238U + n → 239U → 239Np + β–
239Np → 239Pu + β–
Come si vede, il risultato della reazione fisica è il plutonio, un’isotopo di plutonio fissile utilizzabile a sua volta nelle centrali nucleari. Il plutonio è però un elemento fissile di bassa qualità, dal momento che in un terzo dei casi – nel caso dell’235U la quota scende al 18% – la reazione non avviene a favore dell’assorbimento, creando 240Pu. Questo elemento ha la capacità di assorbire neutroni restando stabile, ed è quindi considerato un vero e proprio veleno per le centrali nucleari, dal momento che contribuisce ad abbassare il fattore K della fissione impedendone la sostenibilità nel tempo. Quando la percentuale di 240Pu nel combustibile nucleare diventa troppo alta, tale combustibile si considera esausto, indipendentemente dalla presenza di altri materiali fissili. Tuttavia la vita del 240Pu non è infinita; ha un’emivita di circa 6.500 anni, con tipo di decadimento α, al termine del quale si trasforma in 236U: questo significa che tutto il combustibile esausto a causa dell’elevata concentrazione di 240Pu tornerà ad essere utilizzabile tra poche migliaia di anni, in una conformazione particolarmente adatta all’utilizzo militare a causa della notevole presenza del 239Pu di partenza.
Il plutonio è un materiale estremamente tossico: i suoi effetti chimici sono paragonabili a quelli dei metalli pesanti, mentre il tipo di decadimento α lo rende molto pericoloso per i tessuti dell’organismo, in particolar modo per le ossa, il fegato ed i polmoni.
Tutti gli elementi transuranici hanno inoltre un altro, pericolosissimo – circa dieci volte il decadimento α in termini di danno biologico e cinque volte dal punto di vista energetico – effetto: la fissione spontanea. Questo tipo di reazione nucleare viene ingenerato per effetto tunnel senza che vi sia un vero urto tra un neutrone e l’atomo fissile; i suoi effetti sono però analoghi a quelli dei normali processo di fissione, compresa la liberazione di neutroni potenzialmente in grado di innescare una reazione a catena.
Infine, sono da tenere in debita considerazione gli usi militari e terroristici che si possono fare del combustibile esausto delle centrali. Se la realizzazione di un ordigno nucleare è oggettivamente un processo difficile e costoso a partire dalle scorie di una centrale, altrettanto non si può dire delle armi radiologiche, tristemente note con il nome di “bombe sporche“.
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[ad]Una bomba sporca è formata da materiale radioattivo non fissile, esattamente la definizione di scoria nucleare; la diffusione nella biosfera di poche tonnellate di materiale di questo genere, con una comune bomba al tritolo, provocherebbe fallout radioattivi peggiori dell’esplosione di Chernobyl. La forte contaminazione provocata dalle armi radiologiche le rende strumenti militari di fatto inutilizzabili quando si desidera conquistare un determinato territorio, ma in caso di guerra asimmetrica – terrorismo – la minaccia è evidente.
Ma quante sono esattamente le scorie? Nel mondo vi sono attualmente, secondo il report della World Nuclear Association aggiornato ad aprile 2011, 439 centrali nucleari operative, per una potenza elettrica complessiva di circa 375 GW ed un’energia complessiva di 2.560 TWh. Il burnup delle centrali nucleari è passato dai 30 GWd/t degli stabilimenti di I generazione, ai circa 45 GWd/t di quelli di II per arrivare ai 65 GWd/t dei reattori di III generazione. Questo significa, ad esempio, che da una tonnellata di uranio è possibile produrre fino a 65 GWd di energia elettrica, utilizzando un reattore di III generazione. Valori più alti di burnup implicano un uso più efficiente del combustibile nucleare, ma al tempo stesso una radiotossicità ed una pericolosità maggiore delle scorie.
Grazie al valore del burnup è possibile capire la quantità di combustibile nucleare utilizzata, ovvero la quantità di scorie radioattive poi prodotte: supponendo un bruciamento medio di 45 GWd/t per le centrali nel mondo, un rendimento del 35% ed un valore costante per il 2011, si ricava facilmente per l’anno in corso:
2.560 TWhe / 35% = 7.314 TWht
7.314 TWht / 45 GWd/t = 304.761 GWdt / 45 GWd/t = 6.772 t
In un anno, quindi, verranno prodotte oltre 6.700 tonnellate di combustibile esausto in forma di scorie, che si accumulano a tutta la produzione elettrica degli anni precedenti. Stime non ufficiali, basate tanto sui report del WNA quanto su estrapolazioni matematiche, parlano di cifre poco inferiori alle 200.000 tonnellate di materiale esausto da stoccare.
Il problema delle scorie nucleari è quindi da considerare nel seguente modo: come smaltire oltre 6.500 tonnellate annue di materiale tossico (131I, 90Sr e gli isotopi di uranio e plutonio sono considerati elementi di massima cancerogenicità secondo l’IARC) altamente radioattivo, per di più con un un pregresso di 200.000 tonnellate, la cui pericolosità resta invariata per tempi geologici, evitando che tali scorie contaminino l’ambiente e non cadano in mano a malintenzionati disposti a farne un uso militare o terroristico? Quali depositi ingegneristici o geologici possono offrire le necessarie garanzie?
Nella seconda parte dell’articolo verranno presi in esame i principali tentativi di stoccaggio intrapresi nel mondo, con un occhio di riguardo alla loro implementabilità sul suolo italiano nel caso in cui il nostro Paese tornasse a diventare un produttore di energia atomica.