Immaginate una nazione nella quale il referendum non ha il quorum. Immaginate una nazione nella quale tutte le leggi – tranne quelle di natura tributaria – possono essere sottoposte al vaglio del popolo non solo per essere abrogate, ma anche prima ancora di entrare in vigore. Immaginate una nazione nella quale le leggi di iniziativa popolare, se ignorate dal Parlamento, possano essere sottoposte autonomamente a referendum, e se approvate entrare automaticamente in vigore. Se l’avete fatto, ora avete un’idea di quello che sarebbe potuto essere il referendum in Italia, se, in Assemblea Costituente, la prima bozza presentata per la regolamentazione dell’istituto fosse stata approvata così com’era. Perché invece i Padri Costituenti scelsero di limitare la possibilità d’intervento da parte del popolo nel procedimento legislativo? Perché scelsero di “potare” il progetto originario man mano che si proseguiva nella discussione dopo questo primo slancio d’entusiasmo, che puntava già nel 1946 a creare un sistema che superasse la partitocrazia grazie al coinvolgimento attivo di tutti i cittadini alla produzione legislativa, e che quindi permettesse la costruzione di una coscienza politica diffusa?
[ad]L’opposizione più forte – fatte le dovute eccezioni – venne (per quanto per motivazioni differenti) dai liberali e dalla sinistra. Un po’ a causa di motivazioni politico-ideologiche, un po’ a causa di motivazioni contingenti come le pressioni della Chiesa Cattolica (grande sponsor dell’istituto referendario), o il timore di strumentalizzazioni dell’istituto (sul banco degli imputati, ovviamente, per primi c’erano i fascisti che andavano ricostituendosi nell’MSI) giudicato, se non manovrato con saggezza, un elemento di pericolo per la tenuta dell’intero sistema democratico, dunque, la prima, grande impostazione venne progressivamente ridotta, limitata, e ne venne reso più difficile l’utilizzo. Tra queste limitazioni, ovviamente, ci fu l’introduzione del quorum. Quale fu la ratio del suo inserimento? Perché, per esempio, introdurre il quorum per il referendum quando questo, per le elezioni (che pure determinavano chi avrebbe avuto diritto di parola su tutte le leggi per la durata di un’intera legislatura, non su qualcuna), non era previsto? Le motivazioni, principalmente, erano due. La prima, era che bisognava garantire che solo le leggi di reale interesse collettivo fossero sottoposte a referendum. La seconda, invece, era quella di costringere innanzitutto comitati promotori a informare più persone possibile dell’esistenza del referendum, e, contemporaneamente, imporre, sia a questi, sia a coloro che ai vari quesiti referendari erano contrari, di informare i cittadini per permettere loro di crearsi un’opinione e dunque decidere, di volta in volta, con la maggior consapevolezza possibile.
Curiosamente, nonostante gli scontri anche durissimi che si ebbero durante i vari dibattimenti, nessuno di questi riguardò la questione del quorum: l’ipotesi che questo limite venisse sfruttato per delle campagne di boicottaggio venne presa in considerazione solo marginalmente, tendenzialmente ignorata; l’importanza dell’esercizio del diritto di voto appena riconquistato, la volontà, comune a tutti gli schieramenti politici, di portare avanti un processo di educazione e responsabilizzazione politica delle masse affinché certe esperienze come l’appena conclusa dittatura fascista non si potessero più replicare, resero quella del boicottaggio, agli occhi dei Costituenti, un’ipotesi remota.
Altri tempi, si dirà. Verissimo, ma c’è anche da considerare un altro elemento: se si vanno a vedere i risultati dei referendum prima del ’95, oltre a raggiungersi sempre il quorum (fatta salva la tornata del 1990), i soli voti dell’opinione vincente (SI o NO che fosse) corrisposero alla maggioranza assoluta del corpo elettorale, eccetto che in tre casi (riguardanti singoli quesiti all’interno di una consultazione più ampia). In altre parole: fossero andati a votare solo loro, il quorum sarebbe stato raggiunto comunque. Solo nel 1995 l’affluenza fu sì sopra il 50%, ma nessun quesito raggiunse la maggioranza assoluta tra i SI ed i NO.
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[ad]Vero dunque che, per quanto lo sia diventata nel tempo, per i Costituenti l’astensionismo non era considerata un’opzione, per così dire, “politicamente prevedibile”, ma – al di là delle valutazioni etico-politiche sulla “correttezza istituzionale” dell’invito all’astensione – si può affermare con certezza che, se anche i referendum successivi a partire dalla tornata del 1997 fossero giunti a quorum, la vittoria sarebbe stata del SI? A ben vedere, l’unica volta in tutta la storia delle consultazioni referendarie in Italia che i SI superarono il 45% dell’intero corpo elettorale senza che questo portasse al 50% dei votanti fu nel 1999; ma quanto può avere realmente inciso, in tutti gli altri casi, la campagna di boicottaggio sull’esito della consultazione? Forse è stata effettivamente determinante anche in quelli, ma il dubbio che i comitati promotori abbiano avuto la tendenza a scaricare sul meccanismo del quorum di partecipazione colpe che tale meccanismo nella realtà dei fatti non ha, e che dunque i quesiti in questione non riguardassero questioni ritenute d’interesse dalla maggioranza della popolazione indipendentemente dai vari inviti ad “andare al mare”, è quantomeno lecito.
La costrizione al voto mediante l’abrogazione del quorum di partecipazione che periodicamente si sente riproporre, difatti, potrebbe portare a scenari imprevedibili: si potrebbero avere minoranze che, per così dire, “dettano legge” rispetto al Parlamento per via di referendum a bassissima partecipazione perché riguardanti questioni, per quanto importanti, estremamente tecniche e di scarso interesse generale, oppure, di converso, referendum a grandissima partecipazione che finirebbero col trasformarsi sistematicamente in delle specie di elezioni mascherate (cosa che già oggi tende ad accadere, ma in tono decisamente minore), in cui la logica di appartenenza politica verrebbe a prevalere sulla sostanza dei quesiti in sé. Potrebbe accadere una di queste due cose, oppure potrebbe invece accadere che l’abolizione del quorum costringa i partiti a conseguire proprio quegli obiettivi che la sua introduzione si riprometteva, potrebbe non accadere niente di tutto questo: in ogni caso, sono tutti elementi da considerare, quando si parla di eliminare un limite che, è sempre bene ricordarlo, venne introdotto per tutelare la democrazia italiana, non per danneggiarla.