Settimana decisiva per l’ Ucraina che si interroga sull’opportunità di un referendum costituzionale. Il confronto politico nei giorni scorsi ha raggiunto su questo tema toni drammatici: la posta in gioco è infatti altissima e l’empasse politica in cui è sprofondata Kiev esige risoluzioni drastiche e risolutive affermano in sostanza i maggiori leader della coalizione di governo.
[ad]La situazione politica si è complicata a seguito dell’esito ambiguo delle elezioni del Parlamento dell’ottobre 2012, che pur vedendo vincitrice la coalizione sostenuta dal presidente Yanukovich, hanno restituito un paese profondamente diviso, arroccato su divisioni ideologiche e geopolitiche e incapace di esprimere una politica univoca e condivisa.
Così il conforto politico si è andato acuendo e quello che si profila in queste febbrili giornate è un ricorso
a un voto popolare attraverso lo strumento del referendum. Tuttavia, quella delle urne è ancora un’ipotesi sulla quale c’è battaglia fra i partiti: le forze filo-presidenziali insistono in modo sempre più pressante sulla necessità di tale consultazione volta a riformattare il sistema politico del paese entrato in uno stallo istituzionale senza precedenti.
Uno dei portavoce del Partito delle Regioni (partito di maggioranza relativa e filo-presidenziale), Mikhail Chechetov, ha recentemente dichiarato che ai cittadini possono essere posti cinque quesiti: esprimersi sulla fiducia o sfiducia all’attuale parlamento; abolire l’immunità parlamentare e i privilegi ai politici; ridurre i deputati a 300; cambiare la legge elettorale e proporre l’elezione del Presidente in parlamento e non più con voto popolare. Quest’ultima sarebbe la riforma più importante a cui gli ucraini sarebbero chiamati a pronunciarsi e che cambierebbe il volto istituzionale del Paese.
Quali possono essere le conseguenze di una tale consultazione così fortemente voluta dalla Presidenza? Il direttore dell’Istituto Internazionale per la Democrazia, Sergey Taran, è sicuro che l’attuale maggioranza non abbandonerà l’idea di tenere un tale referendum: “Al Partito delle Regioni conviene questa opzione per sfruttare le debolezze dell’opposizione e gli scandali in Parlamento. Tutto ciò però è solo una scusa: la ragione per cui le autorità hanno bisogno di un referendum sta nella volontà di garantire a tutti i costi a Yanukovich un secondo mandato alle elezioni del 2015”. Ha dichiarato alla Nezavisimaja Gazeta.
Il leader del Partito Comunista (filo-presidenziale), Petr Symonenko, sostiene che la consultazione popolare possa essere tenuta dopo il vertice UE del prossimo novembre, durante il quale saranno risolte importanti questioni di partenariato. Fino ad allora, l’Ucraina ha paura di prendere in giro l’Europa con tali quesiti referendari, che vanno nella direzione opposta a quella auspicata da Bruxelles.
La situazione instabile in parlamento e la preparazione molto probabile del referendum, secondo gli esperti, minacciano una crisi politica dalle conseguenze imprevedibili. A ciò si aggiunge il parere dell’Assemblea Costituente che insiste nel dichiarare incostituzionale un siffatto referendum in quanto tutte le questioni che si intende sottoporre a votazione sono di natura costituzionale e quindi non possono essere oggetto di consultazione popolare.
Nei prossimi giorni sarà comunque chiara la strada che l’Ucraina intenderà percorrere per uscire dalla crisi in cui il voto incerto di ottobre l’ha precipitata e a cui non si riesce a venire a capo con un iter politico ordinario.