L’Iran e il Venezuela non vogliono stare a guardare mentre continua la discesa del prezzo del petrolio. Questo è il senso dei messaggi che i due fra i maggiori produttori di oro nero hanno lanciato ai vertici dell’OPEC, insistendo sulla necessità di convocare una riunione d’emergenza del cartello petrolifero internazionale nel caso si verificasse un ulteriore calo dei prezzi mondiali del greggio.
[ad]Quello che, infatti, sta avvenendo nelle ultime settimane alle quotazioni del petrolio dei paesi OPEC è particolarmente significativo: una lenta ma progressiva discesa del prezzo. Tale decremento, venerdì scorso si è assestato ai 100,63 dollari al barile, un calo di quasi 2 dollari rispetto al giorno precedente, come si può leggere sul sito dell’organismo internazionale. Ciò significa che il valore del greggio è sceso al livello più basso dal luglio 2012. In quel periodo il valore medio delle quotazioni si aggirava sotto la soglia psicologica dei 100 dollari il barile, esattamente a 99,55 $. Nell’aprile di quest’anno invece, pur recuperando terreno il prezzo rimane piuttosto basso, ovvero a 104,6 $ (il massimo raggiunto quest’anno è stato di 112,75 $, toccati a febbraio).
Per rispondere a questa situazione sfavorevole per i paesi produttori, giovedì scorso, il ministro iraniano del petrolio ha affermato che Teheran è decisa ad avviare alcune consultazioni all’interno dell’OPEC riguardo l’opportunità di convocare una sessione di emergenza dell’organizzazione, non appena il prezzo del Brent dovesse scendere sotto i 100 dollari. Anche il Venezuela ha sostenuto la posizione dell’Iran. In seno all’OPEC corrono voci sempre più accreditate concernenti le eventuali iniziative dei paesi aderenti al cartello petrolifero volte a frenare la discesa dei prezzi: prima fra tutte la riduzione dell’attività estrattiva e quindi la diminuzione delle forniture di petrolio per il mercato mondiale.
Ad oggi tuttavia, secondo alcune indiscrezioni riportate dall’agenzia giornalistica russa ITAR-TASS, l’orientamento attuale dell’OPEC sarebbe di tipo attendista dal momento che gli analisti ritengono che non vi siano ancora le condizioni necessarie per convocare una riunione di emergenza e il conseguente avvio di misure restrittive, che in questo periodo di contrazione dei consumi porterebbero ad un ulteriore aumento dei prezzi al dettaglio dei beni essenziali, oltre a quello ovvio dei carburanti. Tuttavia, gli esperti ritengono che la situazione potrebbe a breve cambiare, se si dovesse confermare il trend discendente, e spingere l’OPEC a chiudere i rubinetti: ciò potrebbe avere conseguenze piuttosto spiacevoli per le già fragili economie, europee e non, indebolite da una persistente recessione.