Referendum 2.0
Il risultato del referendum del 12 e 13 giugno non è solamente un segnale di un cambiamento del vento politico. È sintomo di una silenziosa rivoluzione civica online.
[ad]Sono state spese tante parole sulla rivoluzione copernicana che ha fatto la rete questi ultimi anni, passando da strumento passivo e teatro di blog e giornali online a piattaforma attiva e democratica attraverso strumenti come i social network. Si è parlato tanto di Facebook e di YouTube come motori dell’elezione di Obama; di Twitter come propagatore della primavera araba. Che l’Italia stia finalmente scoprendo una forma di civismo online?
Forse dove si è registrata la più forte spinta a favore della partecipazione al referendum è stato proprio su Facebook, dove sono state decine i gruppi a favore dei “Sì” o perlomeno del voto, spesso contando svariate centinaia di migliaia di iscritti ciascuno. I social network consentono non solo di scegliere e seguire notizie ma soprattutto di propagarle. Si ha dunque un effetto moltiplicatore in cui una persona intenzionata a votare informa e spesso persuade altri a fare lo stesso. L’effetto moltiplicatore si estende anche al di là dei social network nel momento in cui chi è informato attraverso internet ricorda ad altri, magari non attivi su internet, di andare a votare.
La campagna pro-referendum ha anche un impatto sul come si vota. Uno dei movimenti più interessanti visto su Facebook e su Twitter negli ultimi giorni chiedeva agli elettori di recarsi il più presto possibile alle urne la mattina del voto, affinché sui media generalisti ci fossero proiezioni ottimiste dell’affluenza finale che convincessero altri ancora a votare.
È reale questo cambiamento? Di certo i social network sono uno strumento efficace per mobilitare ma esistevano già da prima e dipendono dal raggiungimento di masse critiche.
Poco prima del referendum del 2009 infatti gli iscritti a Facebook erano per il Censis poco più di un milione. Una rivelazione del 6 giugno 2011 invece, ovvero pochi giorni prima del voto appena passato, trovava ben 19,2 milioni di utenti italiani attivi. La differenza dunque, in questo voto, la può aver fatta proprio questo aumento esponenziale di penetrazione dei social network e della forma di «civismo 2.0» che ne consegue.