Mancano poco più di sei mesi al 4 Novembre, giorno in cui Donald Trump e Joe Biden si contenderanno la Casa Bianca. Ad Agosto si terranno le rispettive convention per formalizzare le candidature, ma cosa dicono i sondaggi a sei mesi dall’Election Day?
In un recente articolo pubblicato da FiveThirtyEight, Geoffrey Skelley si interroga su quanto siano affidabili i sondaggi sulle elezioni svolti a sei mesi di distanza dall’Election Day. Il Blog ha preso in esame i sondaggi delle elezioni svoltesi tra il 1980 e il 2016, dalla vittoria di Reagan a quella di Trump: dati alla mano, i sondaggi hanno ridotto i loro errori sempre più spesso, e dal 2004 si avvicinano molto ai risultati reali.
Purtroppo, però, in questi sondaggi il margine di errore ha sempre rappresentato un arco abbastanza grande da rendere probabile anche il risultato opposto: così nei sondaggi del 2008 e 2012 i repubblicani erano favoriti nel voto popolare, e nel 2016 i democratici avevano un margine di vittoria leggermente più alto nel voto popolare rispetto a quello realmente ottenuto.
Abbiamo provato a interrogare gli ultimi sondaggi per fotografare la corsa alla Casa Bianca a sei mesi dal voto. Se infatti qualche mese fa i sondaggi (ancora molto immaturi) segnalavano un percorso difficile per i democratici, oggi è possibile che la situazione sia cambiata, e che stia cambiando ancora con il passare delle settimane. In ogni caso, a partire dalle nomination di Agosto la situazione cambierà rapidamente e imprevedibilmente.
Gli Stati in gioco
La corsa alla Casa Bianca di quest’anno non si può certo definire normale: il coronavirus ha avuto un impatto burrascoso sul quadro interno al Paese e rischia seriamente di attirare su di sé gran parte delle campagne presidenziali di Trump e Biden.
Nel caso del Presidente, questo è un grande rischio per diversi motivi. Trump si era apprestato alla campagna elettorale forte di un’economia che procedeva bene, di una produzione ottima e di politiche fiscali che avevano giocato un importante ruolo nel 2016. La working class aveva preferito lui a Hillary Clinton, e il tema dell’immigrazione illegale aveva fatto il resto. Ora, invece, il coronavirus si è schiantato come un’asteroide nel Paese, e ha impattato proprio contro i cavalli di battaglia di Trump.
Joe Biden al contrario continua a vivere una situazione surreale: partito come il candidato da evitare, nel corso delle primarie ha visto il Partito Democratico ricompattarsi attorno alla sua figura dopo l’appuntamento elettorale del Sud Carolina, e da quel momento la sua popolarità è schizzata alle stelle. Una trasformazione decisamente fortunata che stentava a diventare competitiva, fino all’impatto con l’asteroide. Ora Biden, forte anche dell’agenda radicale di Sanders, è diventato l’uomo del Medicare for All (almeno a parole), del sostegno alla working class debellata dal virus e del Green New Deal. Un uomo nuovo, in un’emergenza nuova.
Ma cosa dicono i sondaggi? Il sito RealClearPolitics individua diversi scontri aperti, tutti negli swing States: in Wisconsin, Pennsylvania, North Carolina e Florida la partita è tutt’ora aperta, con il Presidente in vantaggio solamente nel North Carolina con un margine dello 0.3%. Negli altri tre Stati, Joe Biden guida la corsa con margini davvero corti, tra il 3% e il 6%. Nel 2016, Trump vinse in questi Stati con margini molto bassi, simili a quelli dei sondaggi odierni: quattro anni dopo lo scenario non è cambiato, e la partita rimane aperta. In Ohio, invece, la situazione vede un sostanziale pareggio e il Presidente leggermente favorito, ma è una situazione destinata a cambiare rapidamente.
L’effetto “rally around the flag” – la convergenza verso la figura a guida del Paese – sta esaurendo il suo effetto: la media dei sondaggi nazionali elaborata da RealClearPolitics vede Biden condurre la gara con il 48,4% dei consensi, mentre Trump scende fino al 42.1%. Da qualche settimana infatti Biden ha recuperato il terreno perso in seguito allo scoppio dell’epidemia, quando Trump minimizzava i rischi. Ora la situazione non sorride al Presidente, e dal canto suo Joe Biden sta conducendo una simil-campagna (in quarantena, a casa sua) molto efficace.
La situazione, insomma, sembra favorire Biden. Ma il risultati di questi sondaggi sono ancora insicuri e con il tempo potranno dirci qualcosa di più, e di più preciso: se si confronta infatti il risultato di Biden a sei mesi dal voto con quello di Hillary Clinton negli Stati ad oggi swing, si nota come la Clinton fosse avanti al Presidente anche nel 2016, sei mesi prima di vienire sconfitta. Trump potrebbe insomma diventare il primo Presidente a vincere due mandati perdendo il voto popolare.
La situazione generale: la campagna importerà
Ad oggi sono ancora molti gli Stati dove i sondaggi non hanno sicurezza. La West Coast e parte della East Coast sorridono – come da copione – a Biden (California, New York, Maryland e Washington DC), mentre Trump continua a impugnare gli Stati centrali, con parte del Midwest e del South–East (Dakota, Nebraska, Kansas, Utah, Alabama e Tennessee). Secondo RealClearPolitics, ad oggi Biden potrebbe contare su 180 grandi elettori, Trump ne conterebbe invece 125.
E’ certo che in questi mesi il tema che influenzerà le campagne elettorali sarà inevitabilmente la lotta al virus, ma subito dopo occorrerà virare rapidamente verso il più spinoso terreno dell’economia. Trump ci arriverà con un Paese che avrà accusato l’effetto delle misure di lockdown, e potrebbe essere un rischio, dal momento che l’economia è uno dei punti di forza della sua campagna. In effetti un primo – timido – tentativo di cambiare le carte in tavola è già stato fatto, riprendendo con vigore il tema dell’immigrazione illegale nel Paese, ma ovviamente la strada è ancora lunga.