Lo sfogo di Bersani: “Mi dimetto, colpa dei franchi tiratori”
Bersani, durante la direzione del Pd che ha approvato la mozione di sostegno a Napolitano con soli 7 contrari e 14 astenuti, conferma le sue dimissioni da segretario del partito. “Come sapete da tempo era mia intenzione passare la mano al prossimo congresso e incoraggiare un ricambio per motivi politici in nome delle prospettive per il nostro partito – esordito Bersani – Ho dovuto annunciare le mie dimissioni dopo la bocciatura, per opera di franchi tiratori, delle candidature di Marini e Prodi. Molti dei nostri grandi elettori – attacca l’ex segretario – sono venuti meno a decisioni democratiche, formali e collettive in un momento cruciale per la Repubblica fino a portarci sull’orlo di una crisi gravissima, senza precedenti nella storia della nostra democrazia”.
[ad]Bersani spiega quale sia il pericolo che il Pd corre se si va avanti per questa strada. “Insieme ad anarchismo e feudalizzazione c’è stato un livello di permeabilità pericoloso. Quel che è successo non è episodico ma strutturale. Non sto esagerando e si deve ripartire guardando fino in fondo l’esperienza che abbiamo fatto fin qui: vogliamo costruire un soggetto politico o allestire uno spazio politico?”. “Chi entra in un partito, anche padronale – spiega Bersani – fa una libera scelta di devolvere una parte della sua libertà: dobbiamo darci un principio d’ordine, altrimenti invece di un soggetto politico c’è uno spazio di gioco un autobus, un ascensore, un nido per un cuculo. O uno spazio di gioco che il segretario, sia Veltroni, o Franceschini, o Bersani deve solo tenere in ordine con tanta pazienza”.
Il segretario dimissionario crede però ancora nel Pd. “Io ci credo, io ho fiducia nel futuro del partito e dopo 4 anni qualche idea per uscire dai rischi mortali che sta vivendo il Pd un’idea me la sono fatta. E aspetto di poterne discutere con voi liberamente e fraternamente”.
Infine conferma: “La direzione è operativa e potrà guidare il percorso politico, il vicesegretario e il tesoriere sono nella pienezza delle loro funzioni. So di non lasciare il partito all’abbandono. Una cosa è indiscutibile: toccava a noi, tocca a noi e toccherà a noi nelle prossime settimane dire cosa si fa e doverlo dire per prima davanti al Paese”.
“Bersani paga colpe non sue a cominciare dai franchi tiratori. Guardiamoci dentro. La cosa che manca di più dentro al Pd non è la solidarietà ma la generosità, specie nelle difficoltà”. Così Dario Franceschini alla direzione Pd. “Dobbiamo dire chiaramente che non stiamo facendo alcun governissimo, e che Berlusconi resterà un nostro avversario – aggiunge Franceschini – Però siamo a un bivio: o diciamo sì a Napolitano e proviamo a dare un governo al Paese con obiettivi limitati o ci spaventiamo ed andiamo dritti alle elezioni”.
Matteo Orfini ha invece invitato il Pd a ritrovare l’unità perduta. “Innanzitutto bisogna tenere a cuore il tema dell’unità del Pd. A molti di noi è scappata la mano, c’è chi ha parlato di espulsioni e ha detto una sciocchezza. Per reggere, abbiamo bisogno che ci sia una soluzione di governo che raccolga almeno tre punti: la domanda di innovazione che viene dalla società, la capacità di interloquire con la società e la possibilità di sfidare al rialzo il Parlamento”.
Finocchiaro, che chiede “tutela dei dirigenti vittima di aggressione”, dichiara: “Il Pd deve metterci la faccia nel governo che proporrà il presidente Napolitano, mettendo a disposizione proprie personalità, evitando un governo tecnico”. Dello stesso avviso Franco Marini, silurato dai suoi nella prima votazione. Marini, rivolgendosi a Orfini, ha poi dichiarato: “Ma non l’hai consumato il tempo per far accettare un dialogo minimo a Grillo? Trascurando che noi abbiamo oggi l’urgenza non di guardare il nostro ombelico, ma al dramma del Paese”.
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