A L’Aquila mancano politiche coerenti
Michele, aquilano adottivo, poco dopo il terremoto scherzava con me che almeno quando avrebbe dato l’esame di maturità a giugno la commissione sarebbe stata più buona con lui. Non che avesse preso alla leggera il sisma e i suoi effetti: Michele ora studia a Roma ma torna regolarmente a L’Aquila, ha fatto volontariato, crede nella ricostruzione e vuole fortemente che la città rinasca.
Anche suo fratello maggiore Bernardo all’epoca se ne era andato a Roma. Da nerd convinto, mi disse che non sarebbe mai più tornato a L’Aquila finchè non vi fosse stata la fibra ottica. Scherzava anche lui ma nemmeno tanto. L’Aquila era in declino economico ben prima del terremoto. Ragazzi in gamba come Michele e Bernardo la lasciavano appena potevano.
Se per Michele il sisma aveva acceso una fiamma patriottica, per Bernardo aveva solo riproposto con maggiore urgenza la già esistente logica dell’emigrazione.
E’ naturale che ci siano persone che rispondono ad una catastrofe in maniera istintivamente solidale e altri che scelgono una via individualista. Dipende da fattori affettivi e umani. E’ invece contraddittorio e potenzialmente disastroso che le autorità competenti siano divise tra questi diversi atteggiamenti quando si tratta di stabilire politiche concrete.
Governo, Regione, Protezione Civile e Comune si comportano in maniera solidale e dunque statalista quando si adoperano per ricostruire la città in nome di un bene comune. Parallelamente, la mancanza, fino ad ora, di praticamente qualsiasi iniziativa concreta che favorisca una ricrescita economica della città sembra essere un invito agli Aquilani a seguire migliori opportunità lavorative altrove.
La politica solidale in aiuto della città a si è scontrata con tanti ostacoli pratici e politici. L’Aquila rimane un città ancora tutta da ricostruire. Tuttavia quasi la metà degli sfollati ha una dimora stabile e la costruzione di nuove case, e C.A.S.E, procede. Il Comune continua a stanziare terreni a ONG, come il Progetto EVA, che creano spontaneamente nuove abitazioni.
I successi della ricostruzione, seppur limitati, sono in aperto contrasto con una scelta, conscia o no, da parte del Governo e delle autorità locali, di fare poco o nulla per revitalizzare l’economia locale.
In Parlamento si sta lavorando a proposito. Martedi è stato calendarizzato per settembre un voto su un provvedimento di iniziativa del PD che darebbe incentivi ad aziende che investono a L’Aquila e nel territorio limitrofo. Si sta cercando di aggiungere emendamenti a proposito anche all’attuale legge di sviluppo. Esponenti del PD stanno lavorando duramente perché vengano estese le esenzioni dalle tasse e ne venga annullata l’eventuale restituzione.
[ad]Ma questi provvedimenti sembrano destinati a essere sacrificati agli equilibri parlamentari. Inoltre, la scarsa attenzione al rilancio economico è anche responsabilità del Comune e della Giunta di Centro Sinistra, i quali hanno mostrato scarso interesse ad incentivare una ripresa se non per la questione delle imposte.
Ma sia la ricostruzione che il rilancio economico sono burocraticamente faticosi. Tra gli ostacoli procedurali vi è quello, tempistico, dei fondi FAS, i quali devono essere spesi interamente entro l’anno per essere validi. I fondi della Regione non arrivano senza garanzie di progetti pronti per partire. Ma il Comune stesso non è in grado di presentare un numero sufficiente di progetti anche a causa di una mancanza di personale specializzato. Questo, a sua volta, è dovuto ad una mancanza di fondi e dunque alla drastica riduzione del gettito fiscale a seguito del terremoto.
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