Referendum: proposte di riforma

Pubblicato il 24 Giugno 2011 alle 14:34 Autore: Vito Contardo

 

Seconda puntata dell’approfondimento dedicato alla riforma del referendum abrogativo

 

COME RIFORMARE L’ISTITUTO?

E’ necessario agire sia sulla quantità che sulla qualità delle consultazioni referendarie. E lo si fa rispettivamente alzando le firme e rivedendo il quorum.

  • Visto l’effetto perverso e distorcente che ha provocato, ridurre il quorum è dunque auspicabile, ma in quale modo?

[ad]Se ci limitiamo al Senato, esistono alcune proposte di legge in tal senso (tutte del Pd): ce n’è una a firma Adamo e altri che propone di fissarlo – come previsto dal programma elettorale del Pd – a più della metà degli elettori cosiddetti “attivi” (quelli che hanno votato alle ultime politiche); un’altra a firma Poretti che propone semplicemente di abolirlo; una terza a firma Franco che lo fissa a “più di un terzo degli aventi diritto”, ma i “sì” o i “no” devono essere pari ad almeno il 25% degli aventi diritto. Personalmente sono contrario all’abolizione del quorum tout court perché può consegnare nelle mani di una esigua minoranza il potere di abrogare una legge; invece riferirsi all’elettorato attivo non è detto che renderebbe la campagna per il “no” più conveniente di quella per l’astensione. Pertanto a mio avviso sarebbe preferibile l’ultima proposta, che avrebbe il merito di evitare che poche centinaia di migliaia di persone possano determinare l’abrogazione di una legge e, al contempo, l’incentivo a recarsi alle urne chi è contrario all’abrogazione. Costoro non avrebbero nessuna convenienza a chiedere ai contrari di astenersi non andando alle urne. Dovrebbero invece indurli ad andare a votare e avranno tutto l’interesse a palesare le proprie argomentazioni per convincere gli indecisi e magari anche far cambiare opinione ai favorevoli alla abrogazione.

L’adozione di tale correttivo avrebbe l’effetto di dissuadere partiti e gruppi di pressione dall’adozione di pratiche che alla lunga diseducano i cittadini. Ne risulterebbero, conseguentemente, dei confronti referendari ricchi di informazione, molto competitivi e agguerriti.

Paradossalmente, l’abbassamento del quorum approvativo – esattamente come accade in Germania – determinerebbe anche un aumento della partecipazione, ossia l’obiettivo dichiarato, ma strategicamente disatteso, delle regole vigenti.

  • Sarebbe poi opportuno alzare il numero di firme che servono per chiedere un referendum

Non tanto e non solo per “compensare” la contestuale proposta di abbassare il quorum, ma anche e soprattutto per garantire che l’istanza referendaria non provenga da sparute minoranze, rendendo difficile la realizzazione di referendum su temi verso i quali c’è poco interesse da parte della collettività. Giusto per fare un esempio: c’è stato un referendum sulla “servitù coattiva di elettrodotto”!

Inoltre in questo modo ci adegueremo ai cambiamenti che ci sono stati da quando è stato scritto l’art. 75 della Costituzione: quando si stabilì la soglia di 500.000 firme, infatti, gli aventi diritto al voto erano un po’ più della metà di oggi, una soglia accettabile potrebbe quindi essere quella pari al 2% degli elettori (oggi servirebbero circa un milione di firme, nel 1948 una cifra assai simile a quella stabilita in 500mila dal costituente, ossia circa 560.000). Dunque bisogna portare il numero di firme ad almeno un milione.

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