Fiumi di inchiostro scorrono sui giornali. E siccome molto spesso le dinamiche politiche hanno la peggio su certi colpi ad effetto di impronta gossippara uno dei temi principali dell’attualità politica risulta essere l’atteggiamento di Antonio Di Pietro. E sia ben chiaro: non tanto la strategia o le scelte politiche. Ma l’atteggiamento.
[ad]Era un boccone troppo ghiotto quel misterioso dialogo alla Camera dei Deputati tra Di Pietro e Berlusconi. Le congetture più simpatiche, che hanno messo a tacere certi luoghi comuni a tratti stucchevoli, hanno ipotizzato che nel colloquio tra i due Berlusconi abbia promesso all’ex pm il ministero dell’Interno…ma citazionismo a parte il fatto che un colloquio di questo tipo, sui cui tra l’altro non è possibile avere certezze per quanto riguarda l’oggetto della discussione, desti scalpore già di per sé testimonia la povertà del livello del dibattito politico italiano. Il Parlamento dovrebbe essere luogo di dibattito e di discussione. Lungi dall’essere moralisti o nostalgici della prima Repubblica, dovrebbe essere il luogo dove dalle diversità emerge l’arricchimento, non materiale, reciproco e lo sviluppo del paese. Di Pietro cosa avrebbe dovuto fare? Andarsene di colpo? Non è escluso, considerando il suo acume comunicativo, che Berlusconi fiutando il vento volontariamente si sia fatto ritrarre con l’avversario Di Pietro per poi far scoppiare un piccolo scandalo, una lieve bagarre.
Ma resta il fatto che, come hanno detto anche persone come De Magistris che criticano le ultime scelte di Di Pietro, la storia del colloquio con Berlusconi è sostanzialmente un falso problema. E’ interessante invece occuparsi d’altro. Cioè delle scelte politiche di Di Pietro considerante più moderate se non addirittura centriste. Il partito che storicamente aveva più avversato nelle aule parlamentari e fuori il quarto esecutivo Berlusconi ora si trova in una posizione maggiormente pacata. E addirittura, nell’ultimo dibattito parlamentare sulla verifica di maggioranza, il capogruppo dei deputati PdL Fabrizio Cicchitto ha invitato Bersani a prendere lezione da Di Pietro “che oggi in quest’aula le ha dato una lezione di strategia”.
Senz’altro la sparata dipietresca alla Camera sempre nel corso del dibattito sulla verifica appare fuori luogo. Soprattutto per l’opportunità politica visto che sono state esposte tesi, e le dichiarazioni di Cicchitto lo testimoniano, facilmente strumentalizzabili dal centrodestra per quanto riguarda il programma dell’opposizione e i perimetri non ancora del tutto delineati dell’alleanza. Cosa c’è dunque dietro questa piccola svolta? Probabilmente la giusta soluzione a questo enigma si trova nelle ultime elezioni amministrative e nella nuova configurazione del sistema politico italiano che vede una sinistra, capeggiata da Vendola, questa volta in grado senza alcun problema di accedere alla soglia di sbarramento del 4% per riottenere una rappresentanza parlamentare persa nelle politiche del 2008.
Considerando un calo di voti considerevole dell’Idv e una forza politica a sinistra del Pd come Sel che prende quota, non è scontato che a questo punto Di Pietro persegua l’obiettivo di porsi come soggetto maggiormente centrista dell’alleanza di sinistra. Una mossa sia per cercare di recuperare voti sia per sbarrare la strada ad una coalizione con Casini, non tanto ben visto da Di Pietro come futuro partner di coalizione. Lo spostamento culturalmente non è sbagliato: non sono poche le voci provocatorie, ma nemmeno tanto, tese ad identificare Di Pietro come “uomo politico di destra” e del resto la collocazione del gruppi dell’Idv in Parlamento ben rappresentano la loro reale collocazione politica.
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[ad]Il problema è che se Di Pietro ritorna nella sua collocazione naturale, cioè quella rivestita per esempio nel periodo dell’Unione, se ritorna a porsi come piccolo soggetto liberal-democratico interno al centrosinistra, e se ritorna a percorrere la strada dell’Asinello 2, la dottrina ne esce vittoriosa ma probabilmente le sue sorti fortemente ridimensionate. Il famoso exploit di Di Pietro, considerato come conseguenza scellerata di un’alleanza scellerata col Pd, era funzionale al disegno di un’opposizione oltranzista capace di bilanciare una forma di eccessivo equilibrismo, o deficit comunicativo, del Pd. Insomma, erano voti di sinistra anche se su certe cose Di Pietro dimostrava di non poter essere il suo naturale interlocutore. Ora però che si riaffaccia Vendola a sinistra le cose potrebbero cambiare. E Di Pietro potrà tornare ad essere un importante partner di coalizione, ma non come prima.
E presumibilmente tornerà a quelle percentuali elettorali che hanno caratterizzato da sempre la parabola del suo partito. Se escludiamo gli ultimi tre anni.