L’alternativa c’è già
Ormai è evidente: la maggioranza è tale solamente quando è in discussione la sua sopravvivenza. Quando invece si tratta di fare il suo mestiere, cioè governare, si dissolve come neve al sole. In Aula il «governo del fare» viene sempre più spesso battuto dalle sue stesse assenze. Fuori va anche peggio: in politica estera, sull’assetto istituzionale, sulla gestione delle emergenze (dai migranti ai rifiuti), sulla giustizia e perfino sull’economia ha trovato nella Lega un pericoloso «controcanto» di finiana memoria (sappiamo come è andata a finire).
Al loro interno, le tre gambe su cui si regge la coalizione sono decisamente instabili: nella prima e nella seconda è in atto la guerra per la successione al leader carismatico (senza più carisma) e per ridefinirne l’assetto di potere interno; la terza è composta da un manipolo di ex tutto che ha reso il termine «responsabilità» un vocabolo della neolingua. Il loro equilibrio si fonda solamente sulla saldezza con cui i privilegi si aggrappano a se stessi. La loro legittimazione su una serie infinita di promesse da campagna elettorale che, per quanto le si rinnovi, restano per sempre tali.
Ma la realtà sta prendendo il sopravvento: dietro i cieli di azzurra libertà e il Sole delle Alpi c’erano un conflitto d’interessi e una visione della società fondata sull’egoismo, la paura e il rigetto dell’altro. Nella libertà del Popolo di Berlusconi e dei popoli della Padania una subdola sottomissione di facciata alla morale dei bigotti, sempre più lacerata da quella, profonda ed effettiva, del libertinismo arrogante, della mutanda sfoggiata dal servo libero.
L’inganno è sempre più vivido. Basta fare un giro sul forum ufficiale del Pdl per rendersene conto: Bossi vattene, Tremonti comunista, mi avete tradito, non siete i liberali che dicevate di essere. Più di qualcuno ne tra le dovute conseguenze: avete perso il mio voto. Nei luoghi dove la base leghista può esprimersi è tutto un piagnisteo. Eventuali elezioni non lascerebbero scampo. Lo ha ammesso perfino il senatùr nel suo unico attimo di sincerità a Pontida: il vento è cambiato, se si vota vince la sinistra.
E allora si tira a campare, si vive alla giornata. Dal punto di vista politico ha perfettamente senso: la poltrona, per quanto se ne taglino i costi, è comoda. Resta tuttavia una domanda per noi, che siamo costretti ad aspettare che si stufino di stare seduti e, una buona volta, se ne vadano. Ai mercati risulta più instabile un governo dimissionario o uno paralizzato? Temo, e le recenti valutazioni di Standard & Poor’s e Moody lo dimostrano, che la risposta sia la seconda. E loro, gli impoltronati, lo sanno benissimo. Ma se ne infischiano. Quindi non si parli di mancanza di alternativa: eguagliare i livelli di bassezza intellettuale, istituzionale e – diciamolo – morale raggiunti da questa maggioranza è difficile, anche a provarci davvero.