“L’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole. Onestà tedesca ovunque cercherai invano, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello stato, pure loro, pensano solo per sé”.
[ad]Non è un commento lasciato in qualche pagina Facebook nelle ultime settimane, bensì parole scritte 223 anni fa da Johann Wolfgang von Goethe dopo uno dei suoi viaggi nel nostro Bel Paese.
Chi si sta attualmente affliggendo per la stagnante situazione italiana considerandola un improvviso peggioramento e una sgradita novità, forse non ricorda, oltre alle summenzionate parole del letterato tedesco, il ventennio fascista, i morti di Reggio Emilia, l’andreottismo dilagante, la P2, le stragi impunite, Tangentopoli e gli ultimi vent’anni di berlusconismo che non potevano e non possono non lasciare gravi e strascichi nella nostra società e nei nostri comportamenti chissà per quanti altri anni ancora.
Chi inoltre, tra gli elettori PD, si è indignato per i 101 “traditori” che hanno voltato le spalle a Prodi, forse dimentica che le stesse persone (i dalemiani in primis) furono coloro che determinarono la sfiducia del governo del professore bolognese nel 1998 (15 anni fa!), guarda caso sostituito a Palazzo Chigi proprio da D’Alema. Non si è trattato perciò né di una sorpresa, né tratta perciò di “traditori”, bensì di una delle anime fondanti del PD a cui, nella migliore delle ipotesi, il resto del partito non è in grado di opporsi.
Nihil sub sole novum, niente di nuovo sotto il sole, quindi. L’Italia è da secoli un Paese individualista, dove si bada a conquistare e mantenere privilegi, spesso in barba alle regole, e dove il senso di comunità è scarsissimo o se esiste, si ferma alle mura cittadine. La situazione che stiamo vivendo ora non è altro che un peggioramento e una conseguenza di condizioni e comportamenti cronici nella nostra società. Come già scritto qui, l’Italia è un Paese depresso, spento, con problemi di “disfunzione erettile” che aggravano la suddetta depressione. E proprio come una persona impotente, l’Italia è incapace di generare, di concepire e realizzare rinnovamento, ha timore di affrontare ogni situazione, di prendere decisioni, se non lasciarsi andare a violenti sbotti di rabbia quando la frustrazione diventa insopportabile. Se prima la “linea guida” dell’italianità era “cambiare tutto per non cambiare niente” oggi è diventato “non cambiare niente” e basta. La rielezione di Napolitano è lì a testimoniarlo.
Anche questa accelerazione della decadenza non è casuale. L’Italia è il Paese con l’età media più alta dopo il Giappone, ma soprattutto l’Italia è il Paese in cui, in quasi ogni settore della società italiana, il potere è detenuto da persone anziane che – anche se valide – non posseggono, per definizione, l’inclinazione a cambiare, a rinnovare, a intraprendere scelte coraggiose, quanto piuttosto a mantenere lo status quo.
L’Italia è inoltre quel Paese in cui, negli ultimi anni, i giovani sono stati e continuano a essere educati non per essere “giovani”, quanto per rimanere bambini: iperprotetti, ipertutelati e ipergarantiti e quindi assai poco inclini a prendere iniziative o “uccidere i padri”, condizione necessaria per il rinnovarsi di qualsiasi gruppo di persone.
Dove sono e cosa fanno, a proposito, i “giovani” del PD? Nulla, perché sanno che piuttosto che tirar fuori gli attributi è conveniente rimanere buoni perché prima o poi arriverà anche il loro momento. Basta aspettare.
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Ora qualcuno mi dirà che non si può generalizzare, che il passato e il presente dell’Italia sono costellati anche di esempi positivi, che la storia non si ripete, ecc. ecc..
[ad]Tutto giusto e spero tanto che il futuro mi smentirà, ma faccio fatica a non credere che, in un contesto europeo, l’attuale depressione italiana ci condurrà a diventare sempre più il “Meridione d’Europa”, una terra depressa sotto ogni punto di vista, da cui le regioni ricche del Nord Europa in primis, succhiano e succhieranno risorse e che usano da pattumiera o per andarci in vacanza mentre noi li serviamo a tavola. Cento anni fa gli italiani emigravano come manovali per costruire i ponti, le ferrovie e i grattacieli di altre nazioni, oggi emigrano come ricercatori e “cervelli” per far progredire la ricerca e le imprese degli stessi Paesi o altri in via di sviluppo, ma il concetto è il medesimo.
All’Europa (intesa come chi comanda in Europa) va quindi a pennello che l’Italia rimanga in decadenza, senza mai affondare davvero, ma senza mai alzare la testa.
Anche in questo caso, poche novità e poche sorprese: dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (e non è un modo di dire), il Bel Paese è stato continuamente invaso dagli eserciti stranieri: spagnoli, francesi, tedeschi, austriaci hanno saccheggiato e signoreggiato in Italia per secoli, approfittando delle divisioni interne e dell’individualismo degli italiani di cui si è scritto sopra e che Goethe rilevava. Oggi non si tratta di eserciti armati di alabarde e cannoni, bensì di grandi compagnie straniere che si stanno comprando l’Italia pezzo dopo pezzo, un esempio facile, facile: Ryanair e Lufthansa sono divenute, di fatto, le compagnie aeree italiane.
In questo “nuovo Sud europeo”, ricattato dalle mafie o da chi con le mafie viene a patti, dove non si vuole e non si riesce ad escludere dal governo un personaggio come Berlusconi, in cui le “anomalie” della democrazia sono evidentemente la norma, i cambiamenti saranno sempre più rari, starà relativamente bene chi ha e avrà garantiti alcuni privilegi e le persone di valore, con voglia di fare e cambiare saranno sempre più spinte ad andarsene o a doversi confrontare con condizioni inadeguate. Mentre il mondo “accadrà altrove”, potremo però sempre farci un aperitivo (lungo “of course”!) davanti al mare e goderci un bel cappuccino la mattina al bar; per me con poca schiuma e bello caldo, grazie!
Gian Pietro “Jumpi” Miscione per L’undici