Il posto delle cose
[ad]Siparietto interessante la votazione sulla modifica dello statuto con Berlusconi intenzionato a fare meno di vecchie formalità e Verdini che gli ricorda che “in sala c’è il notaio”. Modifica statutaria che passa col voto contrario di un eroico consigliere regionale friulano, Verdini che invita Berlusconi a far eleggere Alfano, dopo la modifica dello statuto, per acclamazione e il Cavaliere che esclama “Ah, ma bisogna ancora votare?” e il povero Alfano che gli spiega la differenza tra un voto sullo statuto e uno, plebiscitario, sul segretario. E infine un berlusconiano, e molto televisivo, “Evviva!” seguito da “Sono abbastanza commosso”.
Il messaggio politico che esce è che Alfano, almeno a parole, intende portare avanti un gioco di squadra. Nel suo discorso, citando determinati esponenti politici, è come se avesse formalizzato, se non riconosciuto, l’esistenza di correnti e componenti (o di sensibilità, come si direbbe nelle federazioni locali del Pd). Una mossa tesa a non addossarsi responsabilità eccessive come del resto ben testimonia la dichiarazione sulla premiership berlusconiana del 2013. Bisogna ora vedere se questa mossa aperta alle componenti può portare ad una “democratizzazione” del partito. E soprattutto se questo invito alla costruzione di una costituente popolare può dare prospettive al PdL anche nel dopo Berlusconi.
Come spesso accade, la definizione più arguta giunge da Gianfranco Rotondi che ha definito Alfano come un “Forlani tecnologico”, dando adito alla sua figura considerata competente ma non carismatica. Una definizione che ci fa molto ben capire la collocazione di Alfano e del suo soggetto politico. Come ha giustamente osservato Ilvo Diamanti, altro discorso si sarebbe fatto in caso d’elezione di personalità come Tremonti o Formigoni.
Anche nel Pd però una vicenda sta mettendo ordine allo stato e al posto delle cose. Ed è la legge elettorale. Il referendum abrogativo proposto dall’ex Pri ed ex Ds Stefano Passigli ha portato alla nascita di quella che Joseph de Maistre avrebbe definito come “La Forza della Reazione”. Una reazione tesa a preservare una cultura maggioritaria e bipolare. E qui tra Veltroni e Ceccanti notiamo Parisi in prima fila così come i prodiani. Categoria considerata quasi mescolata coi “bersaniani duri e puri” (favorevoli al referendum) dalle primarie dell’ottobre 2009. Dimenticando non solo la caduta del primo governo del Professore nel 1998 ma anche alcune dichiarazioni di D’Alema di tre anni fa contro “una visione della politica tesa ad affidarne la guida ad una classe di tecnocrati e non ai politici”. Insomma, a destra qualche risata e a sinistra la legge elettorale ben ci mostrano le dinamiche dei due schieramenti in campo e il naturale posto delle cose.