Rappresenta davvero un gesto di responsabilità una manovra finanziaria che rimanda tra due anni i dettagli delle decisioni economiche più difficili da prendere? Certo, il manovrone arrivato ieri finalmente al Quirinale prevede misure che entreranno in vigore fin da subito: per esempio il superbollo sui SUV oppure i tagli alle rinnovabili. Altri provvedimenti dolorosi quali i tagli di natura progressiva delle pensioni oppure la reintroduzione del ticket sanitario entreranno invece in vigore a partire dall’anno prossimo.
Queste sono tutte decisioni politicamente difficili. I tagli all’INPS sono stati bocciati da Bossi prima ancora di essere formalmente annunciati. La CGIL minaccia già scioperi per il 15 Luglio. I tagli agli incentivi per le rinnovabili, prima smentiti dal Ministro Romani, compaiono ora nel testo ufficiale e stanno creando tensioni anche con il Ministro Prestigiacomo. Ma ciò che è chiaro è che gli effetti più dolorosi della manovra, i tagli veramente grossi, saranno da effettuare dopo lo scadere dell’attuale legislatura.
Dei 47 miliardi di tagli complessivi annunciati infatti, solo due si collocano nel 2011, cinque nel 2012 e gli altri 40 in due tranche per 2013 e 2014.
I sopracitati provvedimenti per il 2011 e 2012 sono destinati a creare scontenti. Non parliamo nemmeno degli aspetti più controversi del testo finale quali la reintroduzione del “Lodo Mondadori”. Ma vi è una grossa distinzione da fare tra tagli politicamente difficili e tagli di una misura così grande da essere intrinsecamente destabilizzanti per un Governo.
La logica economica della riduzione dei deficit chiedeva numeri più coraggiosi fin da subito. Ma perlomeno è un comportamento coerente con un naturale cinismo politico che tende a posticipare le scelte difficili, seppur sotto la copertura di una presunta austerity tremontiana.
[ad]Più che il procrastinare in sé colpisce la decisione di lasciare il difficile a dopo la presunta data delle prossime legislative. In questo non si può non scorgere almeno in parte una consapevolezza da parte del Centrodestra che vincere nel 2013, sempre che ci si arrivi, sarà molto difficile. Il governo si trova infatti nelle strette. Il 24 Giugno lo spread tra gli interessi dei bond italiani a maturazione di 10 anni e quelli tedeschi aveva toccato un picco di sempre di 214 punti base. Il Centrodestra con un occhio guarda ai sondaggi elettorali che lo vedono in netto calo rispetto al Centrosinistra. Tagli immediati sarebbero fatali, oltre che per equilibri all’interno della maggioranza, per le speranze elettorali del PDL. Ma con l’altro occhio guarda allo spread, di cui un possibile aumentare ha può essere potenzialmente catastrofico per il paese.
Sembrerebbe essere stata dunque la situazione politica interna, opposta alle esigenze esterne di rigore finanziario poste dalla UE e dai mercati a imporre questa ennesima procrastinazione. Viviamo un momento in cui i mercati si sono finalmente svegliati alla possibilità di un naufragio economico dell’Italia. Per Noise From Amerika questa scelta è estremamente irresponsabile. Ma se questo è vero, teoreticamente dovrebbe crollare la fiducia nei nostri confronti.
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Eppure lo spread non è schizzato. È diminuito (vedesi il grafico sottostante tratto da Bloomberg; la line rossa rappresenta il 10 Luglio quando Tremonti spiega pubblicamente i dettagli e la tempistica della manovra). Il Presidente dell’Euro-gruppo Jean-Claude Juncker ha parlato pubblicamente di un‘Italia che non è a rischio di contagio. ItaliaFutura l’ha definita una manovra non ottima ma che adempiva al “minimo sindacale”. Mario Monti si è detto soddisfatto. Il Presidente della Repubblica ha parlato di una Manovra che rispetta le linee guida dettate dall’Europa.
Lasciare in eredità i dolori della vera austerity al prossimo governo, seppur un atto cinico, è politicamente astuto. Ma se sembra a prima vista l’esatto contrario di astuzia economica, la reazione istituzionale, nonché quella dei mercati, sembrerebbe voler indicare che questa procrastinazione abbia anche un senso economico.
[ad]A riguardo bisogna rivedere bene le parole di Napolitano. Il Presidente della Repubblica si riferisce a un Documento UE fatto circolare a Aprile che chiedeva molto chiaramente che i tagli in Italia fossero spalmati su diversi anni. In effetti proprio questo ha fatto Tremonti, anche se in maniera palesemente sproporzionata verso la prossima legislatura.
Eppure, come nota lo stesso Monti in un editoriale sul Corriere, il momento richiedeva un atto di coraggio per dare fiducia ai mercati finanziari. Ma forse troppa intraprendenza può essere pericolosa. Tralasciando le considerazioni politiche, è giusto che si aspetti che riprenda la crescita del paese prima di tagliare la spesa pubblica. Sempre più economisti sostengono infatti che paesi quali l’Irlanda e il Regno Unito siano stati troppo veloci a diminuire la spesa, compromettendo una vera ripresa economica. Dopo tutto, ricorda lo stesso Monti, il debito pubblico viene calcolato come proporzione del PIL. Se il PIL cresce, il debito diminuisce.
Apparirebbe infatti che le istituzioni, le agenzie di rating (cosi minacciose nei nostri confronti di recente e ora di nuovo silenziose) abbiano preso sul serio la promessa di mettere in regola la situazione fiscale del paese dopo il 2013. Ma più che un’attestato di fiducia nel governo attuale sembra un’espressione di speranza nel prossimo esecutivo.