Angelino Alfano è ufficialmente il segretario politico del Popolo della Libertà. Con il Consiglio Nazionale del partito celebratosi, Venerdì 1 Luglio, presso l’Auditorium della Conciliazione si è aperta l’era Alfano alla guida del primo partito italiano.
Alfano appartiene alla generazione di quarantenni nati e cresciuti in Forza Italia. Custodisce un rapporto di fiducia con il leader Berlusconi che per la prima volta nella sua ormai lunga carriera politica affida, almeno sulla carta, la guida della formazione politica da lui creata ad un’altra persona.
[ad]La prima sfida che toccherà al neo-segretario Alfano sarà dimostrare il reale grado di autonomia da Silvio Berlusconi. Compito difficile anche in considerazione delle sue responsabilità di Governo in qualità di ministro della Giustizia. Alfano, nel discorso di esordio, ha battuto molto sulla necessità di costruire una classe dirigente rinnovata; ha fatto riferimento a “regole e sanzioni” come linea direttrice per il nuovo Pdl; ha financo parlato di volere un “partito degli onesti” perché non tutti, come Berlusconi, possono essere considerati – secondo Alfano – perseguitati dalla magistratura. Ha elogiato le primarie, precisando che queste devono rappresentare il metodo migliore per conquistare la vittoria.
Alfano vuole rafforzare il partito, senza trasformarlo nel partito delle tessere e delle correnti. Molti giudicano persa in partenza la sfida del neo-segretario perché convinti che il Pdl possa esistere solo come promanazione della leadership del Presidente del Consiglio. E in effetti, sino ad ora, è sempre stato così. Ma oggi, contrariamente a quanto avvenuto in passato, non mancano forze e soggetti che, anche solo sottotraccia, remano in direzione opposta a quella indicata da Berlusconi. A seconda dei periodi, si parla anche di personaggi di primo piano come ad esempio Tremonti, Formigoni o Alemanno.
Da sinistra la nomina di Alfano è stata commentata con sufficienza e ironia. Bersani in maniera sarcastica si è chiesto se Alfano è “segretario di partito o segretario di Berlusconi”. Di Pietro, in linea con la sua ultima strategia moderata, ha invocato rispetto per il neo-segretario, ma in generale la tendenza è quella di circoscrivere la nomina di Alfano come ad un fatto che riguarda solo Berlusconi e le sue momentanee necessità politiche.
Anche se Alfano guida da oggi un partito che raccoglie ancora e comunque il consenso di tre italiani su dieci. Ha dalla sua due anni di lavoro prima delle prossime elezioni politiche (se la legislatura andrà a scadenza naturale, cosa non scontata) e non si può certamente parlare di lui come di uno sprovveduto. Rotondi lo ha definito un “Fanfani tecnologico”. Come tutte le definizioni suona semplicistica, ma intanto colloca Alfano nel solco di una tradizione politica di tutto rispetto. L’aggettivo “tecnologico” si riferisce alla misura da colmare (almeno nelle intenzioni) in un partito guidato da un ultra settantenne e sinora quantomeno “distratto” rispetto alla importanza anche politica delle nuove forme di socializzazione.
Alfano conosce l’importanza dei territori, ha alle spalle una scuola di partito (è sottaciuta la sua militanza nell’organizzazione giovanile della DC) ed è un appassionato di nuove tecnologie. Senza alcun trauma, e magari passando da una specie di transizione dolce, potrebbe ri-motivare un elettorato stantìo. Rispetto al futuro magari tenterà di sfruttare a suo favore l’asse privilegiato col ministro degli Interni Roberto Maroni, che in casa Lega sembra protagonista di una operazione simile a quella in atto nel partito considerato sino ad ora il Partito di Berlusconi.
Giuseppe Spadaro