Non fa notizia il cane che morde l’uomo, ma l’uomo che morde il cane. Così recita una delle regole auree del giornalismo, che però sempre più viene portata alle estreme conseguenze, con risultati a volte imbarazzanti. Spesso ci ritroviamo a leggere notizie il cui posto dovrebbe essere invece in rubriche che collezionano stranezze o curiosità, come “Forse non tutti sanno che …” da Settimana Enigmistica. Bizzarro e splatter sembrano pagare, e rischiano di colonizzare il giornalismo. Una sorta di fast food delle notizie a cui si oppone, partendo dal territorio, Pubblico Bene (1).
[ad]Pubblico Bene è un progetto che si propone di sviluppare il giornalismo d’inchiesta attraverso il crowdfunding (2), termine che indica la raccolta fondi “dal basso” mirata alla realizzazione di uno specifico obiettivo condiviso, sfruttando le potenzialità dei media 2.0. Il cuore di Pubblico Bene è quindi il suo sito (nato grazie ai finanziamenti erogati dalla Regione Emilia Romagna nell’ambito del progetto GECO) che rappresenta il “luogo d’incontro” tra chi è chiamato a fare informazione, ovvero i giornalisti, e chi la fruisce, i cittadini. Pubblico Bene propone un cambio di prospettiva di 180 gradi, per cui quelli che in passato erano definiti utenti dell’informazione, in un’ottica che ne suggeriva, in un certo senso, la passività, oggi sono chiamati a partecipare al processo di costruzione del valore di notiziabilità e quindi alla divisione della responsabilità ad esso correlata.
Pubblico Bene coinvolge quindi gli utenti/lettori prima, durante e dopo: sono infatti chiamati ad intervenire nella discussione finalizzata a scegliere i progetti d’inchiesta da proporre, nella fase di raccolta fondi per quelli selezionati, e nel dibattito che segue la realizzazione e diffusione degli stessi. Tra le inchieste finanziate, “I Trepuntifici: la vita meravigliosa degli insegnanti precari” (Enrico Bandini) e “Terra in moto” (Anna Pellizzone e Cora Ranci), è invece aperta la raccolta fondi per “All’ombra delle pale. Il progetto di parco eolico di Camugnano” (SMK Videofactory) ed “H2A – Amianto a chilometro zero” (Giuliano Bugani). Per partecipare, proponendo un’inchiesta o finanziandone una già attiva, è necessario registrarsi nel sito (3)
Istituzioni o sponsor privati possono invece finanziare esclusivamente il progetto Pubblico Bene nel suo insieme: sarà poi esso a decidere come distribuire nello specifico, sulle singole inchieste, i fondi; l’intento è chiaramente quello di garantire a Pubblico Bene massima autonomia, e imparzialità del lavoro svolto.
“A differenza delle testate giornalistiche tradizionali, che privilegiano news e ultim’ora, noi proponiamo un modello di slow journalism libero dall’urgenza della cronaca e dalla logica dello scoop. Attraverso il sito saranno i lettori, i singoli e le organizzazioni a indicare i temi da sviluppare ai professionisti e free lance chiamati a realizzare i reportage. In questo modo intendiamo promuovere uno spazio pubblico in cui approfondire questioni di interesse generale al di fuori delle dinamiche dei grandi gruppi editoriali e dell’informazione usa e getta.” Con queste parole sceglie di raccontarsi la squadra di Pubblico Bene, che ha un forte radicamento sul territorio emiliano, ma al tempo stesso è consapevole che “partendo da un territorio circoscritto di cui si ha una profonda conoscenza si possono svelare dinamiche più ampie che riguardano le questioni trattate. L’attenzione sulla dimensione locale, insomma, non vuol dire localismo”.
L’auspicio è che un progetto come Pubblico Bene aiuti a interrogarsi su cosa contribuisca, effettivamente, a costruire il valore delle notizie. La quantità di news ingerite giornalmente, la relativa velocità – e voracità – o piuttosto la consapevolezza e l’attenzione con cui queste vengono raccontate e fruite? La partita è tutta da giocare.
(1) http://www.pubblicobene.it/
(2) http://www.agoravox.it/Che-cos-e-il-Crowdfunding-e-come.html